«I sistemi di difesa aerea delle forze aerospaziali russe hanno impedito un attacco di droni ucraini sull’aeroporto militare di Engels, nella regione di Saratov. Tre persone sono state uccise per la caduta di detriti, gli aerei non sono stati danneggiati».

Il lancio dell’agenzia russa Tass è di lunedì 26 dicembre 2022. Velivoli ucraini pilotati da remoto erano penetrati in territorio russo superando di oltre 700 chilometri il confine senza essere intercettati e attaccando obiettivi militari.

«Se i russi pensavano che la guerra non li avrebbe colpiti nelle retrovie, si sbagliavano», riferì al quotidiano Kyiv Independent Yuri Ignat, portavoce dell’aeronautica militare.

Evento non minore nella grande guerra seguita all’invasione dell’Ucraina, perché collegabile alla svolta geopolitica impressa da Vladimir Putin qualche settimana dopo.

Nel suo discorso all’Assemblea federale a fine febbraio il leader del Cremlino ha annunciato a sorpresa che Mosca «sospendeva la sua partecipazione» al New Start, il trattato bilaterale Usa-Russia sul controllo delle armi nucleari.

A corto di proclami sul conflitto, lo zar punta su un colpo a effetto a uso e consumo dei russi e della comunità internazionale, molti hanno pensato.

In verità, le forze di Zelensky avevano già effettuato tre blitz aerei sul territorio della Russia. Il 5 e il 6 dicembre la base di Engels e quella di Dyagilevo erano state colpite da missili sparati da veicoli auto pilotati.

A Mosca la Difesa valutò che si trattava di Tu-141, vecchi droni sovietici da ricognizione modificati e armati. Da alcune fonti dell’ambiente Osint (Open Source Intelligence) risulta che i Tu-141 hanno provocato gravi danni ad aerei russi sulle piste tra cui una “fortezza volante” Tu-22M3 Backfire-C e un Tu-95MS Bear-H.

Alla base di Engels alloggia la 22a Divisione Aviazione Bombardieri Pesanti delle Forze aerospaziali (VKS) con uno squadrone di Bear-H e uno di Tu-160 “Blackjack”.

Entrambi utilizzati negli ultimi mesi con l’intensificarsi delle offensive alle infrastrutture energetiche dell'Ucraina, i due bombardieri possono trasportare bombe a gravità (nucleare o convenzionale) missili da crociera o missili balistici intercontinentali a lungo raggio.

In sostanza, i russi si sono spaventati. La Vks ha trasferito sei Tu-95 Bear-H in luoghi sicuri nell’estremo oriente del paese alla base di Ukrainka-Seryshevo. Mentre Engels si trova a 600 chilometri a est del territorio di Kiev, Ukrainka-Seryshevo è a oltre 6mila chilometri dal confine.

L’alibi per Putin

I droni portati all’attacco dei cacciabombardieri nucleari della Russia sono l’alibi di Putin per giustificare la rottura sul New Start in quanto Mosca è convinta che i tre blitz siano avvenuti con l’aiuto degli americani, come ha confermato alla Conferenza Onu sul disarmo a Ginevra il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov: «La Russia è stata costretta a sospendere la partecipazione al New Start perché Washington lo stava usando per aiutare l'Ucraina “sondando” la sicurezza delle nostre strutture strategiche».

In seguito fonti militari Nato e russe dell’ambiente Osint hanno escluso, concordemente, l’ipotesi di false flag respingendo anche l’affermazione del segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken, secondo il quale Washington è estranea all’operazione droni.

«Non abbiamo né incoraggiato né consentito agli ucraini di colpire all'interno della Russia», ha detto Blinken in un incontro con il segretario alla Difesa Lloyd Austin. Tesi contraddetta tuttavia da diversi analisti militari, Kiev da sola non ha capacità di teleguidare e azionare i droni per cui i velivoli hanno dovuto effettuare il download dei dati Gps da satelliti statunitensi (della rete Starlink di Elon Musk).

Se il Pentagono ha fornito supporto tecnologico, è l’interpretazione, il danno che l’Ucraina ha causato ai cacciabombardieri nucleari di Engels e Dyagilevo è insignificante rispetto al rischio strategico introdotto da Washington nel conflitto.

New Start

Stati Uniti e Russia possiedono la stragrande maggioranza delle armi atomiche nel mondo: oltre il 91 per cento su circa 13.000. E se il New Start venisse disatteso, non ci sarebbero più freni al proliferare dei missili.

Firmato a Praga nel 2010 (presidente Barack Obama) entrato in vigore l’anno successivo e prorogato fino a febbraio 2026, il trattato limita a 1.550 il numero di testate nucleari “attive” e di bombardieri, missili balistici intercontinentali e sottomarini che ciascuno dei due paesi può schierare.

“Attive” significa lanciabili in pochi minuti. La maggiore implicazione geopolitica è che senza il controllo reciproco lo stock di missili atomici schierati da americani e russi potrebbe notevolmente aumentare, perfino raddoppiare.

Da un recente studio della Federation of American Scientists (Fas) si ricava che «se caricassero i loro sistemi di lancio già disponibili (oggi non attivi) per ospitare il numero massimo di testate, entrambi i set di arsenali raddoppierebbero». 

Il rischio calcolato di Putin, con l’alibi dell’attacco ucraino dei droni, punta forse a costringere Casa Bianca, Pentagono e dipartimento di Stato a rivedere la loro politica al fine di cercare un dialogo con la Federazione Russa.

«In realtà – commenta Alexander Gabuev del Carnegie Endowment for International Peace – potrebbe indebolire ulteriormente la posizione strategica di Mosca. La sospensione del New Start è però a dir poco un regalo per coloro che all'interno del governo americano considerano il trattato un documento obsoleto che impedisce un'adeguata reazione alla crescente minaccia della Cina».

Secondo il ministero della Difesa Usa entro il 2035 Pechino moltiplicherà il numero di armi nucleari da 300 a 1.500, praticamente al tetto del New Start.

Scenario che potrebbe innescare una corsa al riarmo anche nelle altre nazioni del “club dei nove”, oltre alle due superpotenze Cina, Francia, Gran Bretagna, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. 

«Una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta», dissero congiuntamente nel 1985 il leader sovietico Mikhail Gorbaciov e il presidente Usa Ronald Reagan. 

Ora quel clima è molto lontano e completamente contagiato dalle ostilità e differenze geopolitiche tra Stati Uniti e Russia, mai così forti negli ultimi 70 anni. Gli enormi rischi aperti dalla guerra in Ucraina e l’avversione incattivita tra i due blocchi nemici, fanno sì che l’aumento dei missili, anche nella versione leggera di armi nucleari “tattiche”, sia la meno razionale delle strategie possibili. Eppure accade.

Senza dimenticare che una sola – soltanto una – di queste testate è di una potenza da otto a 30 volte superiore a “Little Boy”, la prima atomica sganciata dagli Stati Uniti su Hiroshima il 6 agosto 1945, che provocò 140mila morti.  

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