La fase finale del sinodo voluto dal papa per discutere del futuro della chiesa ufficialmente inizia mercoledì, nella realtà è già cominciato nel corso dell’estate. E a far partire il dibattito, forse sperando di giocare d’anticipo, sono stati cinque cardinali conservatori che hanno posto al papa 5 quesiti, «dubia», sui quali chiedevano chiarimenti.

La formula dei dubia ricalca quella già sperimentata da un gruppo di cardinali che si opponevano a Francesco alcuni anni fa. I firmatari dei nuovi dubia sono i cardinali Walter Brandmuller, Leo Burke (questi due già facevano parte dei firmatari dei dubia del 2016), Juan Sandoval Iniguez, Robert Sarah, Joseph Zen.

Le domande al Papa riguardavano le benedizioni delle unioni omosessuali, il ministero sacerdotale per le donne, l'immutabilità della dottrina, il perdono, la sinodalità quale forma costitutiva della Chiesa. Francesco aveva risposto lo scorso 11 luglio, ma i cardinali, ritenendo insufficienti le argomentazioni del pontefice, riproponevano gli stessi interrogativi; questa volta, non ricevendo risposta, decidevano di rendere pubblici i loro quesiti.

A questo punto il Dicastero per la dottrina della fede ha deciso a sua volta di pubblicare le risposte del papa che, con ogni probabilità, sono state scritte con l’importante collaborazione del nuovo prefetto del Dicastero, il cardinale, appena nominato, Victor Manuel Fernandez, teologo argentino di fiducia di Bergoglio, chiamato a dirigere l’ex Sant’Uffizio non a caso all’inizio di luglio.

E va detto, che un primo colpo viene assestato ai 5 proprio sul tema della sinodalità quale forma costitutiva della Chiesa o meno. «Con queste domande stesse – si legge infatti nella risposta del pontefice - manifestate il vostro bisogno di partecipare, di esprimere liberamente il vostro parere e di collaborare, chiedendo così una forma di “sinodalità” nell’esercizio del mio ministero».

Unioni omosessuali

Rilevante è però la risposta sulla benedizione delle coppie omosessuali che, secondo quanto afferma il pontefice, può essere consentita in determinati casi, previo discernimento del singolo pastore, purché non si faccia alcuna confusione con il matrimonio fra uomo e donna e non si pretenda di farne una regola, nemmeno a livello diocesano o di chiesa nazionale poiché «Il Diritto canonico non deve né può coprire tutto, e nemmeno le Conferenze episcopali con i loro documenti e protocolli variati dovrebbero pretenderlo, poiché la vita della Chiesa scorre attraverso molti canali oltre a quelli normativi».

Sul sacerdozio femminile si conferma il divieto stabilito da Giovanni Paolo II e però si afferma che pur non trattandosi di «una definizione dogmatica» questa «deve essere accettata da tutti. Nessuno può contraddirla pubblicamente e tuttavia può essere oggetto di studio, come nel caso della validità delle ordinazioni nella Comunione anglicana».

Insomma il tema può essere approfondito; anche perché se è vero che «la funzione sacerdotale è gerarchica, non deve essere intesa come una forma di dominio», infatti «Se questo non viene compreso e non si traggono le conseguenze pratiche di queste distinzioni, sarà difficile accettare che il sacerdozio sia riservato solo agli uomini e non potremo riconoscere i diritti delle donne o la necessità che esse partecipino, in vari modi, alla guida della chiesa».

Divorziati risposati

Pubblicando le risposte ai dubia subito prima dell’inizio del sinodo, papa Francesco sembra aver voluto disinnescare le tensioni che accompagnavano alcuni temi caldi e, in particolare sulle unioni omosessuali, ha cercato di sminare il terreno dalle contestazioni provenienti dalla chiesa tedesca e in realtà ormai da molte altre chiese locali. D’altro canto, il dicastero guidato dal card.

Fernandez non è stato con le mani in mano nelle settimane passate, così è stata pubblicata una seconda serie di risposte riguardo a un altro tema classico, ovvero «l'amministrazione dell’eucaristia ai divorziati che vivono in una nuova unione».

I quesiti erano stati posti al Dicastero, il 13 luglio scorso, dal cardinale Dominik Duka, arcivescovo emerito di Praga, a nome della Conferenza episcopale ceca. In questo caso, riassume l’Osservatore romano, l’esortazione apostolica Amoris laetitia di Papa Francesco apre la possibilità di accedere ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia quando, in un caso particolare, «esistono limitazioni che attenuano la responsabilità e la colpevolezza».

In tal senso, anzi, «è auspicabile che l’Ordinario di una diocesi stabilisca alcuni criteri che, in linea con l’insegnamento della Chiesa, possano aiutare i sacerdoti nell’accompagnamento e nel discernimento delle persone divorziate che vivono in una nuova unione».

L’apertura alla comunione per i divorziati risposati, dati certi criteri, è dunque anch’essa confermata e precisata, e può essere concessa anche nel caso in cui «non si riesca ad essere fedeli alla continenza proposta dalla Chiesa».

Votano donne e laici

Il sinodo, dunque, ha avuto un suo inizio scoppiettante, si comprende ora anche meglio il perché della nomina del nuovo prefetto per la dottrina della fede a poche settimane dall’inizio dell’assise.

La fase finale del sinodo del resto, non di esaurisce con la fine del mese di ottobre, ma avrà una seconda sessione fra un anno, nell’ottobre 2024; fra la prima e la seconda fase le chiese locali avranno modo di discutere le deliberazioni della prima assemblea, proponendo, se lo ritengono, cambiamenti e approfondimenti.

La Santa Sede, sembra quindi puntare più che a sciogliere tutti i nodi e i quesiti finora irrisolti e oggetto di dibattiti anche serrati nel mondo ecclesiale, cosa obiettivamente complessa, a mutare la struttura della chiesa, la sua capacità di discutere e di decidere. Per questo acquista un peso specifico notevole il fatto che per la prima volta abbiano diritto di voto anche laici e donne, si tratta di una prima ridefinizione del potere e dei ruoli. Poi vedere se tutto questo funzionerà è altra cosa.

Clericalismo e donne

Di questi aspetti ha parlato a lungo il teologo domenicano di origine inglese, Timothy Radcliffe, nominato assistente spirituale del sinodo, nelle meditazioni offerte ai padri e alle madri sinodali nei giorni che hanno preceduto l’inizio dei lavori.

«Spesso i sacerdoti - ha osservato - trovano il cammino sinodale più difficile da abbracciare. Noi sacerdoti curiamo questi luoghi di culto e ne celebriamo le liturgie. I sacerdoti hanno bisogno di un forte senso di identità, di un “esprit de corps”. Ma chi saremo in questa Chiesa liberata dal clericalismo? Come può il clero abbracciare un’identità che non sia clericale? Questa è una grande sfida per una Chiesa rinnovata. Accogliamo senza paura una nuova comprensione fraterna del sacerdozio ministeriale! Forse possiamo scoprire come questa perdita di identità sia in realtà una parte intrinseca della nostra identità sacerdotale”. A questo, secondo Radcliffe, si lega il discorso su tradizione e riforma.

«La nostra vita – ha detto il religioso domenicano - si nutre di tradizioni e devozioni amate. Se si perdono, ci addoloriamo. Ma dobbiamo anche ricordare tutti coloro che non si sentono ancora a casa nella Chiesa: le donne che si sentono non riconosciute in un patriarcato di vecchi uomini bianchi come me! Persone che sentono che la Chiesa è troppo occidentale, troppo latina, troppo coloniale. Dobbiamo camminare verso una Chiesa in cui non siano più ai margini ma al centro».

Violenza e preghiera

In una simile prospettiva, il sinodo sarà occasione per ascoltare la voce delle chiese del sud del mondo, quelle non europee, che per altro si misurano dal punto di vista ecclesiale con gli stessi problemi sollevati dai sinodi occidentali, ma sono anche, al medesimo tempo, portatrici di una domanda di senso che è parte costitutiva del cristianesimo del nostro tempo.

«Spero che in questo sinodo – ha detto ancora Radcliffe - non ci sarà violenza! Però probabilmente ci domanderemo spesso qual è il senso di tutto questo; tuttavia se ascolteremo Lui e ci ascolteremo gli uni gli altri, finiremo col comprendere la via per andare avanti. È questa la nostra testimonianza cristiana in un mondo che spesso ha perso fiducia nel fatto che la vita umana ha un significato.

Il Macbeth di Shakespeare afferma che la vita non è altro che un “racconto fatto da un idiota, pieno di grida e furia, che non significa niente”. Ma pregando e riflettendo insieme sulle grandi questioni che la Chiesa e il mondo devono affrontare, offriamo testimonianza della nostra speranza nel Signore che dà senso a ogni vita umana».
 

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