Il tango di Milei e Trump. Grazie al tycoon “el loco” ha stravinto le elezioni

Il partito di Javier Milei, La Libertad Avanza (Lla), supera il 40 per cento e vince a sorpresa le elezioni di medio termine in Argentina, che rinnovano mezza Camera dei deputati e un terzo del Senato. Compatti dietro “il leone”, i libertari staccano di oltre 1,3 milioni di voti i vari lemmi (il principale è Fuerza Patria) sotto i quali si presenta l’opposizione peronista-progressista del kirchnerismo, ferma al 35 per cento. Pallido è il 7 per cento del lemma centrista Province Unite, forte soprattutto nel ricco litorale agro-esportatore, e modesto è il 4 per cento della sinistra tradizionale, che sfiora il 10 per cento solo nella capitale. Eppure gli ultimi mesi sono stati da incubo per Javier Milei, più volte alle corde, ma senza mai dismettere il proprio abito più aggressivo. Per citare solo i casi più importanti, c’è stata la truffa della criptomoneta $libra, che lui aveva sponsorizzato (e capitalizzato) in prima persona. Poi lo scandalo delle tangenti del 3 per cento alla sorella Karina su tutti gli ausili per le persone con disabilità. Ad ammetterlo in una chat è l’amico personale e avvocato di Milei, Diego Spagnuolo. Paracadute o cappio, il ricatto miliardario degli Usa pende sull’Argentina di Milei Lo smacco dimenticato Quindi, ai primi di settembre, arriva la grave sconfitta nella Provincia di Buenos Aires, quando Fuerza Patria ottiene il 47 e La Libertad Avanza solo il 34 per cento. La smacco è anche politico, perché porta con sé la quasi incoronazione del governatore della provincia, Axel Kicillof, a leader dell’opposizione e sfidante credibile per il 2027. Infine, già nella campagna elettorale per le legislative, Lla è costretta a ritirare – a schede già stampate – il proprio capolista a Buenos Aires, José Luís Espert. Economista ultra, tanto aggressivo come Milei, viene scaricato perché finanziato dal narco Fred Machado per evitare l’estradizione negli Usa. Insomma, Javier Milei, fino a pochi giorni prima del voto, sembrava Custer a Little Bighorn. Ma, al contrario del soldato blu, per Milei sono arrivati “i nostri” direttamente dalla Casa Bianca. Donald Trump gli ha concesso la “photo opportunity” che gli aveva negato per un anno, costringendolo a umilianti anticamere. Poi, in un crescendo lirico durato giorni, ha condizionato aiuti per 40 miliardi di dollari non solo all’applicazione delle politiche neoliberali, ma alla permanenza al potere di Milei. Milei vince le legislative con oltre il 40 per cento dei voti. «Giornata storica» Quindi, sembrando confondere le legislative con le presidenziali, e descrivendo Kicillof (non nominato) come un pericoloso sovversivo, Trump ha affermato che, se non avesse vinto Milei, l’Argentina si sarebbe potuta dimenticare la generosità statunitense. Infine ha parlato di Argentina alla fame: «Stanno lottando per sopravvivere. Capite cosa significa? Non hanno soldi, non hanno niente. Posso aiutarli a sopravvivere in un mondo libero... Mi piace il presidente dell’Argentina. Fa del suo meglio, ma stanno morendo». Così il messaggio Maga, che può anche essere letto “Make Argentina great again”, con Milei che continua a sostenere che in 40 anni l’Argentina avrà il reddito pro-capite più alto al mondo, è arrivato forte e chiaro. Ma non sarebbe giusto limitare l’analisi all’aiuto esterno. Ci sono più argentini sensibili al messaggio libertario, non necessariamente di estrema destra. Come negli Usa, anche in Argentina e in America Latina c’è uno spirito pioneristico, irriducibile nell’odio per lo Stato, soprattutto se sociale. Inoltre c’è un’Argentina agro-esportatrice del Litorale, di province ricche e popolose, Santa Fe, Entre Ríos, la stessa Córdoba, che dello sviluppo industriale, della ricerca e del progresso scientifico credono di non avere che farsene, vivendo benissimo dell’esportazione della soia o della carne. Il papa contro le falsità di Milei: lotta al revisionismo argentino A ciò si aggiunga la polarizzazione sempre più marcata del messaggio di Milei, nel quale è caduta anche l’opposizione, rappresentandosi entrambe le parti come il bene contro il male. In particolare lo slogan di Lla è stato “Nunca más kirchnerismo”, che ricorda, trivializzandolo, il “Nunca más” (“Mai più”), il rapporto sui desaparecidos del 1984. Ha fatto rivoltare il sangue al mondo dei diritti umani, comparando i governi di Néstor e Cristina a chi in dittatura lanciava gli oppositori dagli aerei, ma la banalizzazione del male ha raggiunto il suo scopo. Del resto, l’opposizione si è presentata divisa, nel peronismo e non solo: il bastione del Gran Buenos Aires aveva risposto compatto a settembre, ma non oggi. Il progressismo kirchnerista non è – e forse non sarà mai – il peronismo in sé. Per molti, inclusi i governatori del Litorale, la tentazione di un paludoso “grande centro”, in grado di fare accordi con Milei o sommarsi all’opposizione secondo convenienza, resta il gioco più vantaggioso. Axel Kicillof è ancora il favorito per il 2027, ma le legislative confermano che troppa acqua deve scorrere nel Río de la Plata. Piovono pietre su Milei, Argentina stretta tra scandali e rabbia sociale