Nel viaggio in un aereo della Repubblica francese che lo ha condotto da Kiev a Gedda, in Arabia saudita, dove ha partecipato al summit della Lega Araba per poi passare in Giappone e partecipare al vertice del G7, aperto ai paese del “Sud del mondo”, Volodymyr Zelensky ha raccolto molto consenso e dato prova di sapersi muovere su più fronti per aumentare la simpatia e gli appoggi per la sua causa nazionale.

Zelensky ha ottenuto da Washington il via libera alla concessione degli F16, gli aerei militari più moderni e sofisticati in possesso degli alleati americani. Un obiettivo molto significativo, visto che ad esempio la Turchia, storico paese membro della Nato, non ha ancora ricevuto un solo esemplare di questo caccia per ritorsione dopo l’acquisto di missili russi S-400.

Ma oltre al rafforzamento militare e a un altro pacchetto di aiuti da 375 milioni di dollari, Zelensky cercava il consenso di quei partecipanti al “G7 allargato” in rappresentanza del cosiddetto “Sud del mondo”, in particolare India e Brasile.

L’elenco degli invitati comprendeva Indonesia, Australia, Corea del Sud, Vietnam, le Comore (in rappresentanza uno dell’Unione Africana) e le Isole Cook (in rappresentanza del Forum delle isole del Pacifico).

Secondo alcune ricostruzioni il presidente ucraino avrebbe fatto breccia in questa enclave che finora si è mantenuta neutrale se non addirittura più incline alla narrazione russa e cinese degli eventi ucraini come risposta all’imperialismo americano.

Ma alcuni segnali e una disanima più accurata dell’evento giapponese portano a considerazioni più caute se non addirittura di segno opposto.

Il presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, invitato al G7 ha affermato che Zelensky «non si è presentato» all’incontro bilaterale fissato con lui al G7 di Hiroshima. «Avevamo in programma un colloquio bilaterale con l’Ucraina alle 15. Abbiamo ricevuto informazioni che erano in ritardo e, nel frattempo, ho incontrato il presidente del Vietnam. Quando il presidente vietnamita se ne è andato, quello ucraino non si è presentato. Sicuramente aveva un altro appuntamento e non poteva venire», ha detto Lula in una conferenza stampa dopo la fine del vertice.

Una ricostruzione che denota una freddezza al limite della rottura diplomatica, altro che avvicinamento alle posizioni ucraine. Lula ha preso le distanze dalle posizioni americane sull’Ucraina rivendicando una sua personale politica estera di avvicinamento alla Cina di Xi Jinping, grande acquirente di derrate alimentari brasiliane.

La cautela dell’Indonesia

Certo, c’è stato l’incontro al G7 tra Zelensky, e il presidente dell’Indonesia Joko Widodo. Il leader della resistenza di Kiev ha ringraziato Widodo per averlo invitato al vertice del G20 dello scorso novembre e per il sostegno «agli sforzi di ricostruzione, in particolare nel settore sanitario».

Ma da parte indonesiana non c’è stata nessuna presa di posizione contro Mosca o la Cina in favore delle democrazie liberali del G7.

L’incontro con il primo ministro indiano, Narandera Modi, era quello su cui Zelensky puntava di più per “spaccare” il fronte del Sud, ma al di là di formule di circostanza («comprendo pienamente la sua sofferenza e quella del popolo ucraino», ha detto il premier indiano) il gigante asiatico che oggi è il paese più popoloso al mondo, non ha preso posizioni diverse da quelle che lo vedono acquistare gas e petrolio russo, visto che Nuova Delhi non partecipa, come la Turchia, alle sanzioni occidentali alla Russia. Non solo.

L’India è uno dei principali acquirenti di armi dalla Russia e storicamente vanta buoni rapporti con Mosca dai tempi dell’Unione sovietica. Certo questi rapporti non hanno impedito a Modi di partecipare al summit del Quad, l’alleanza di sicurezza dell’Asia-pacifico.

I leader dei quattro paesi che fanno parte del Quad (Usa, Giappone, Australia, India) si sono incontrati a margine del summit G7 per tenere il vertice programmato inizialmente a Sidney il 24 maggio ma annullato dopo che Joe Biden aveva tagliato le ultime due tappe del tour per il negoziato sul debito.

Al summit hanno partecipato il presidente americano, il premier giapponese Fumio Kishida, il primo ministro australiano Anthony Albanese e il primo ministro indiano Modi. Il focus era su come contenere il crescente espansionismo della Cina nell'Indo-Pacifico. Il vero obiettivo strategico che interessa Modi più dell’Ucraina.
 

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