Un anno dopo la morte di Mahsa Amini e le dure proteste di migliaia di giovani represse con la forza e nel sangue, il regime iraniano si è asserragliato. Le proteste dei giovani nelle piazze non hanno scalfito l’unità del blocco sociale che sostiene dal 1979 il regime, con i Guardiani della rivoluzione e le loro potenti fondazioni economiche nella parte dell’asse portante del sistema che fa del “Grande satana americano”, secondo la famosa definizione di Khomeini, il vessillo dell’anti americanismo.

Gran parte delle riserve economiche iraniane all’estero sono bloccate dagli Stati Uniti, ma ora Teheran ha l'appoggio della Cina a cui vende petrolio, formalmente sotto sanzioni occidentali, e sostiene la Russia a cui vende droni per la guerra in Ucraina.

La postura anti occidentale del regime non è affatto venuta meno nonostante gli Stati Uniti stiano facendo pressioni sull'Iran affinché smetta di vendere droni da guerra a Mosca. L'iniziativa americana si snoda sotto traccia nell'ambito dei colloqui su una più ampia "intesa non scritta" tra Washington e Teheran per allentare le tensioni e fermare l’incubo di Israele, la costruzione di un’atomica iraniana.

L'amministrazione Biden sta dialogando con Teheran nel corso di colloqui in corso in Qatar e Oman. I colloqui si sono svolti parallelamente ai negoziati su un accordo di scambio di prigionieri che ha portato recentemente l'Iran a trasferire quattro cittadini iraniano-statunitensi dal carcere agli arresti domiciliari in cambio dello scongelamento di fondi iraniani detenuti all’estero di cui una quota rilevante di 6 miliardi di dollari in Corea del Sud.

Negoziati ancora infruttuosi

I negoziati in corso, secondo il Financial Times, hanno lo scopo di portare Teheran ad accettare di non arricchire l'uranio oltre la soglia del 60 per cento, migliorare la cooperazione con l'Agenzia delle Nazioni Unite per l'energia atomica e impegnarsi a non attaccare gli americani.

In cambio, Washington si asterrebbe dall'imporre nuove sanzioni in certi settori, ad eccezione di quelle riguardanti i diritti umani, e non controllerebbe rigorosamente le sanzioni già in vigore sulle vendite di greggio. Ma finora non ci sono segnali di passi concreti verso un accordo più ampio mentre la repressione interna diventa sempre più dura.

L’ingresso nei Brics e l'apertura diplomatica con l'Arabia Saudita, grazie alla mediazione cinese, hanno dato respiro al regime iraniano, da anni considerato un paria internazionale. Ma l’Iran oggi è sicuramente meno influente in medio oriente rispetto al passato perché il nuovo corso di apertura con l’Arabia Saudita ha imposto al regime di porre un freno ai movimenti più radicali presenti in Libano e Iraq.

Sul piano interno invece Teheran continua a controllare con il pugno di ferro le proteste innescate dalla morte Mahsa Amini, la 22enne di origine curda che ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto.

Le accuse di Amnesty

Che la situazione sia molto difficile a un anno dall'inizio della rivolta “Donna, Vita, Liberta'' in Iran, lo ha rivelato Amnesty International che ha altresì sollecitato la comunità internazionale a contrastare l’impunità di cui beneficiano le autorità iraniane, responsabili di centinaia di uccisioni illegali di manifestanti e di diffuse torture.

Nell'ultimo anno, ha scritto Amnesty in un comunicato, le autorità iraniane hanno commesso una lunga serie di crimini di diritto internazionale per stroncare ogni protesta: centinaia di uccisioni illegali, l'impiccagione di sette manifestanti, decine di migliaia di arresti arbitrari, torture massicce, intimidazioni nei confronti delle famiglie che chiedono verità e rappresaglie contro le donne e le ragazze che sfidano le leggi discriminatorie sull'obbligo d'indossare il velo.

Il problema è che, a differenza di quanto avvenne nel 2009 con le proteste riformiste dell’Onda verde contro il presidente Mohamed Ahmadinejad, oggi in Iran manca una leadership comune dell’opposizione, mentre quella in esilio è divisa e debole. Ciò ha permesso al regime di asserragliarsi al suo interno e di puntare sul sostengo esterno di Russia e Cina. All’opposizione manca un progetto e una leadership unanimamente riconosciute.

Contro il parlamento Ue

Teheran inoltre fa la voce grossa con l’occidente. L’Iran ha protestato dopo che la presidente del Parlamento europeo e gli eurodeputati hanno espresso sostegno per «le donne e gli uomini iraniani che lottano per l'eguaglianza e la libertà» durante una sessione di martedì in cui è stata criticata la politica estera di Bruxelles nei confronti di Teheran a un anno dalle proteste anti governative scoppiate in seguito alla morte di Mahsa Amini.

Durante la sessione, i deputati europei hanno criticato l'arresto di iraniani con doppia cittadinanza e chiesto che le Guardie della Rivoluzione vengano inserite nella lista delle organizzazioni terroriste. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanani, ha descritto le dichiarazioni del parlamento europeo come «pressioni inutili e un'interferenza negli affari interni dell'Iran» e ha affermato che «le accuse riguardo all'arresto di cittadini stranieri che hanno commesso crimini in Iran come anche le dichiarazioni contro le Guardie della rivoluzione provano che l'Ue insiste ancora con le sue politica di conflitto contro l'Iran».

«Ci aspettiamo che l'Ue non permetta ad alcuni elementi nell'Unione di fare dichiarazioni prive di fondamento contro l'Iran che sono in contraddizione con le affermazioni dell'Ue secondo cui starebbe tentando di tenere aperti canali per il dialogo con l'Iran», ha concluso Kanani. Manifestando così uno strano senso della libertà di espressione in una democrazia liberale. Ma questa della libertà rispetto alla tirannia è una questione aperta dai tempi dell’esercito persiano di Serse e delle resistenza alle Termopili di Leonida.  

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