«Per colpa sua abbiamo una gran confusione economica e instabilità politica!», afferma con fervore un anziano signore seduto a un tavolo nel centro di Mosca. «Grazie a lui abbiamo opportunità e libertà», ribatte un ragazzo. «Grazie a lui abbiamo molte cose... come Pizza Hut», afferma sorridente una signora, mettendo tutti d’accordo. 

Questo video della pubblicità del brand americano a cui l’ultimo segretario del Pcus, Mikhail Gorbaciov, aveva partecipato per finanziare la sua fondazione di studi, riassume efficacemente come il processo riformatore della perestrojika e della glasnost’ sia stato valutato dal popolo russo.

Generazioni

Da un lato, una generazione di giovani che desideravano la libertà d’opinione e sognavano un futuro migliore. Dall’altro lato, una gerontocrazia al potere, contraria alla ridefinizione del socialismo reale e al rinnovamento nel e del partito di stato, e una popolazione mediamente anziana che ha subito uno shock per il tracollo economico e sociale che le riforme gorbacioviane avevano determinato nel paese.

La frattura generazionale di allora è, forse, l’eredità politica e culturale più forte e tuttora presente nella Russia di Vladimir Putin. Giovani che da tempo desiderano un profondo cambiamento politico e sociale, stanchi delle politiche del “nonno Bunker”, così come è stato definito l’attuale presidente russo dal dissidente Aleksej Navalny durante la pandemia.

Gli over 50 che, pur di evitare il ritorno a quel drammatico periodo della storia sovietica e personale, sostengono il presidente Putin perché in questi decenni ha garantito una stabilità politica ed economica e per la nostalgia di un glorioso passato di superpotenza e di una Russia imperiale che il Cremlino sta cercando di attuare, come ben sappiamo, in questi mesi con l’invasione dell’Ucraina.

Un sogno infranto

Sulle scelte e gli errori politici di Gorbaciov sono state scritte numerose pagine: un sogno riformatore per “salvare” il socialismo e distruggere il totalitarismo staliniano, interrotto bruscamente da una lotta interna all’élite al potere. Un uomo tradito anche dalle componenti più riformiste del Pcus, un uomo lasciato solo dall’occidente, in particolare dall’amministrazione presidenziale americana, che gli ha preferito il futuro presidente della Federazione russa, Boris Eltsin.

Una controversa valutazione storica e politica del personaggio che dimostra l’inconciliabilità valoriale, politica e culturale dell’occidente rispetto al giudizio severo e negativo dell’opinione pubblica russa che non gli ha mai perdonato il crollo dell’Urss.

Il tentativo di un “Nobel per la pace” di ridefinire l’ordine internazionale dopo la fine della Guerra fredda, auspicando la nascita di una “Casa comune europea” da Lisbona a Vladivostok; un’opzione che non è stata accettata dagli Stati Uniti per timore di una “contaminazione culturale” di una Russia postcomunista, politicamente ed economicamente troppo fragile, in Europa.

Una morte simbolica

Il leader sovietico Mikhail Gorbachev, al centro a sinistra, bacia il leader della Germania Est Erich Honecker durante il loro incontro a Berlino, Germania Est, venerdì 6 ottobre 1989 (Ap)

In un’intervista di qualche anno fa Gorbaciov diceva a tal riguardo: «Il presidente George Bush ha detto che gli Stati uniti hanno vinto la Guerra fredda. Vorrei rispondere così: rimanendo immersi nel clima di Guerra fredda, tutti hanno perduto. E oggi, quando il mondo ha saputo liberarsi di quel clima, (…) tutti hanno vinto. Penso che questa polemica non abbia più grande rilevanza. Se non per una campagna elettorale».

La sua morte assume una significativa valenza simbolica perché è avvenuta durante il periodo più drammatico della storia del XXI secolo: un punto di svolta epocale che sembra aver riportato indietro le lancette dell’orologio proprio a quel clima politico della Guerra fredda che Gorbaciov, indubbiamente, aveva contribuito ad eliminare.

L’erede di Gorbaciov

Boris Nemcov (AP Photo/Alexander Zemlianichenko, File)

Esiste un “erede politico e culturale” di Gorbaciov attualmente in Russia? Si può rispondere con le parole di un politico che avrebbe potuto proseguire il progetto riformatore di Gorbaciov, ma che è stato ucciso nel 2015: Boris Nemcov.

Scriveva Nemcov: «Che cosa vuole il popolo? Che il presidente della Russia sia forte, autonomo, patriota e onesto. Putin rappresenta la generazione dell’homo sovieticus, il sovok, nella sua manifestazione più deteriore, con i traumi psicologici dovuti alla perestrojka e alla disgregazione del paese. Le sue mosse e i suoi modi sono la quintessenza del sovietismo: odio per l’occidente, paura dell’occidente, attacchi all’occidente (…)!».

E la morte di Gorbaciov potrà, quindi, essere strumentalizzata dal Cremlino per ribadire che chi si è fidato dell’occidente, è stato prontamente tradito.

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