Il colloquio con Massimo D’Alema, a cui Domani ha rivolto alcune domande sulla transazione tra l’Eni e Blue Power e sui suoi presunti rapporti con Piero Amara, si svolge in due tempi. La prima telefonata è nei limiti della cordialità, la seconda meno.

PRIMA TELEFONATA

Presidente D’Alema, lei si è mai occupato, anche informalmente, del contenzioso tra Eni e Blue Power di Francesco Nettis?

Mah...So che loro avevano un contenzioso, non so se l’hanno chiuso...lo sapevo perché sono amico di famiglia, ma non me ne sono occupato da un punto di vista professionale. Il padre era uno che distribuiva le bombole del gas.

Il figlio ha fatto carriera però...

Sì, poi il figlio ha avuto un affare con Eni, ma so che gli ha tirato una fregatura micidiale, poveretto. Lui gli ha fatto una causa per un miliardo, alla fine credo che l’Eni l’abbia liquidato con una manciata di soldi.

Ho visto che Nettis è pure socio della sua società che produce vino, la Madeleine.

Nettis? No, mi pare di no. Forse non è vero.

Non è stato socio dei suoi figli con il 30 per cento?

No. Non mi risulta.

Le carte della società dicono altro. Qualcuno dice che lei ha provato a intermediare la transazione di Blue Power con Alessandro Casali. Quest’ultimo che lei e Amara avete avuto un incontro alla fondazione Italianieuropei.

Lo conosco Casali, ma con Nettis non c’entra nulla. Amara poi presso la fondazione non ha mai messo piede. Non ho mai avuto incontri con lui, mai discusso di questa questione, sarebbe stata la persona meno indicata per fare una cosa così. Sono curioso di vedere il suo articolo, che darò al mio avvocato.

Non conosce nemmeno Giuseppe Calafiore?

No, non lo conosco assolutamente, mai andato a pranzo o cena, che mi ricordi. Non ho alcun rapporto particolare.

Che rapporti ha con Casali? Lui dice che vi vedete spesso nel suo studio e in fondazione.

Ho rapporti con Casali, qualche volta mi invita a cena. Parliamo di due o tre volte l’anno. Nel mio studio? Mi pare una versione molto esagerata, lei dice delle cose strane.

Le riferisco solo quello che mi ha detto Casali. Senta, a noi risulta che Nettis abbia finanziato l’azienda vinicola Madeleine con circa 500mila euro, comprando pure il 30 per cento delle quote dai suoi due figli. Poi Nettis esce dal capitale nel 2018: negli atti della camera di commercio si legge che ha ceduto le quote per soli 30mila euro. Mi manca qualcosa per spiegare questa discrasia?

Sì, sicuramente le manca qualcosa. Una cosa sono le azioni, un altro è un credito che poi si può recuperare. Devo controllare comunque, ora sono all’estero e nel week-end è difficile.

Non si preoccupi, posso aspettare.

Va bene.

SECONDA TELEFONATA

D’Alema richiama dopo appena un’ora e mezza. «Buonasera. Ho fatto il suo lavoro, quello che dovrebbe fare lei. Ho parlato con tutti i protagonisti, anche con il mio avvocato: mi sono un po’ rotto i coglioni. Un concetto generale. Siccome abbiamo da fare con i vari Belpietro, la metto nella lista. Allora, Nettis quando uscì dalla Madeleine fu liquidato e ha avuto un po’ più di quanto aveva messo, perché la società fu rivalutata. Abbiamo tutta la documentazione, i riscontri, potrei persino mandarle le fotocopie, ma non le mando un cazzo».

Prendo atto. E sulla vicenda Nettis-Eni?

Il contenzioso si è chiuso in modo disastroso per Blue Power: ancorché il giudice inglese avesse ammesso il contenzioso per 700 milioni di euro, Eni lo ha chiuso al 4 per cento del valore. Operazione che la compliance dell’Eni ha considerato molto positiva. Ho parlato con l’avvocato Speroni (probabilmente intende Stefano, direttore affari legali dell’Eni, ndr), ho fatto il suo lavoro diciamo. Con Eni le facciamo causa insieme, così ci divertiamo.

Scusi ma perché...

Quindi la tesi che lei ha sostenuto prima al telefono, che Nettis mi avrebbe dato mezzo milione in cambio della mia mediazione con Eni è una cazzata priva di qualsiasi fondamento!

Veramente non l’ho mai...

Io ho fatto il giornalista (urla), mentre lei raccatta merda di mestiere. Noi siamo pronti, Nettis, Eni e io, a farle causa, il suo padrone i soldi li ha, lui sì veramente, e so bene come li ha fatti e quindi è in grado di ripagarci. Arrivederci.

Ma perché si incazza in questo modo? Io le ho fatto solo delle domande.

No caro Fittipaldi, queste non sono domande. Se lei fosse un giornalista avrebbe fatto il lavoro che ho fatto io, ho messo insieme informazioni esatte, precise. Io ho fatto il direttore di un grande giornale, dove uno come lei non l’avrei assunto. Noi cercavamo di non raccattare merda.

È un inchiesta che...

Ascolti! Lei lavora sulla base di una registrazione con questo Calafiore, che avrò visto una volta alla cena dei Cavalieri della Roma, che ha fatto in modo illecito una registrazione a questo Casali, e Casali gli ha detto una montagna di cazzate. Millanterie pure. Compreso il fatto che io avrei preso i soldi per Leu, che è un’organizzazione che non esiste: era un cartello elettorale. Cazzari che si dicono cazzate, senza alcun riscontro.

Casali ha ribadito che l’incontro tra lei e Amara c’è stato. Lei prima mi ha persino negato che Nettis fosse socio della sua società, nonostante vi abbia dato mezzo milione. Come mai?

Ma io non me lo ricordo! Comunque, ho molti dubbi che Casali possa aver detto quello che lei mi dice. Forse al bar, ma non a lei o a un magistrato. Sarebbe un pazzo, sarebbe una falsità e lo denuncerei. Comunque scriva quello che vuole, l’idea di citare l’ingegner De Benedetti mi diverte.

 

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