L’invio di armi italiane in Ucraina continua a far agitare i partiti. Dopo le polemiche dell’opposizione è stato ritirato dalle commissioni Esteri e Difesa e Sanità del Senato l’emendamento che proroga fino a fine 2023 la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all’Ucraina.

I relatori Roberto Menia (FdI) e Clotilde Minasi (Lega) avevano introdotto l’emendamento nel decreto legge sulla partecipazione di personale militare al potenziamento di iniziative della Nato e sulle misure per il servizio sanitario della Calabria. Un provvedimento che non ha nulla a che vedere con l’invio di armi in un paese non facente parte dell’Alleanza atlantica.

Secondo Enrico Borghi del Partito democratico e membro della commissione Difesa, il testo presentava diverse criticità. Prima fra tutte è la mancata discussione all’interno dei lavori della commissione da parte dei relatori stessi, oltre al fatto che sarebbe dovuto essere un emendamento firmato dal governo dopo che il parlamento avrebbe dovuto sentire il capo della Farnesina e il ministro della Difesa. 

«Per noi ci sono principi che vanno al di là del posizionamento politico. Di fronte a una inammissibile aggressione sappiamo immediatamente da che parte stare. Di fronte ai cannoni, ai mortai e alle stragi non ci si può solo armare di belle parole. Dobbiamo aiutare concretamente», ha detto Emanuele Loperfido, deputato di Fratelli d’Italia.

I prossimi passi

Una volta accantonato l’emendamento si lavorerà quindi a un provvedimento ad hoc nelle prossime settimane. Linea confermata anche da Simona Malpezzi, la capogruppo del Pd del Senato: «Avevamo chiesto un provvedimento ad hoc, seguendo la linea portata avanti da marzo. Ci sembra che il governo abbia compreso». Mentre Pd, M5s, Alleanza Verdi-Sinistra chiedono un confronto con la maggioranza all’interno del parlamento, il Terzo polo sottolinea la necessità di «proseguire senza riserve l'attività di sostegno, economico e militare, a Kiev, in continuità con il governo Draghi».

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