Dopo la pressione diplomatica degli Stati Uniti e le denunce dell’Onu, Israele ha concesso ieri l’autorizzazione per l’ingresso di due camion al giorno di carburante nel sud della Striscia. L’Agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e l’occupazione (Unrwa) aveva lanciato l’allarme sui rifornimenti insufficienti.

«Non ci sarà un’operazione di aiuto transfrontaliero al valico di Rafah», aveva detto il portavoce dell’agenzia, prima della decisione di Israele di sbloccare parzialmente i rifornimenti. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha avuto un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, per chiedere un aumento degli aiuti. L’Egitto ha confermato di aver destinato quasi 150mila litri di carburante per la Striscia e di aver garantito l’apertura del valico anche per accogliere un certo numero di feriti.

Le forze israeliane hanno precisato che le autocisterne dovranno essere consegnate direttamente all’Onu, evitando in questo modo che possano finire ad Hamas. Il carburante serve per la manutenzione «minima necessaria» per i sistemi idrici, fognari e sanitari, prevenendo il rischio di diffusione di malattie nell’area ma «potenzialmente anche in Israele».

La concessione rappresenta un’apertura inedita dall’inizio del conflitto, ma la scelta ha scatenato uno scontro nel governo israeliano. Il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, e il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, rappresentanti della destra ultraortodossa, hanno protestato.

«Consentire l’ingresso di carburante a Gaza è un grave errore e va contro la decisione del governo. Riflette debolezza, dà ossigeno al nemico», hanno scritto in una nota. Il primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha convocato nuovamente il gabinetto di guerra per prendere una decisione unanime.

Pericolo sanitario

Il carburante nella Striscia è fondamentale per salvaguardare le condizioni sanitarie di base. L’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato nei giorni scorsi l’allarme: più di 70mila infezioni respiratorie acute e almeno 44mila casi di diarrea sono stati registrati nella Striscia.

Il rappresentante dell’Oms nei territori palestinesi ha confermato una preoccupante diffusione di malattie causata soprattutto dal sovraffollamento negli edifici. Il problema rischia di aggravarsi con l’arrivo dell’inverno, che porterebbe i civili a «affrontare la possibilità di morire di fame», secondo il Programma alimentare mondiale dell’Onu.

Scontri

Continuano intanto i bombardamenti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. «Siamo vicini allo smantellamento del sistema militare nel nord della Striscia di Gaza. Per quanto ci riguarda, continueremo in altre aree», ha detto il Capo di stato maggiore israeliano, Herzi Halevi.

Le sirene si sono sentite sia nel sud di Israele, sia nel nord per nuovi attacchi dal Libano meridionale informando i civili di trovare un rifugio per proteggersi.

Dopo la notizia dell’attacco verso la casa di uno dei leader di Hamas, ieri è stato ucciso Ahmed Bahar, membro di rilievo dell’ala politica di Hamas ed ex presidente del Parlamento.

La rete televisiva al Jazeera ha riportato un attacco avvenuto in una scuola al Fatah, a Gaza City, in cui sarebbero rimaste ferite almeno cento persone. L’edificio, infatti, era stato adibito a struttura di accoglienza per gli sfollati. Nel pomeriggio, i razzi hanno colpito anche Tel Aviv e altre città nel centro di Israele, per la prima volta da martedì scorso.

L’assedio all’ospedale al Shifa non è ancora terminato. Il portavoce del ministro della Sanità palestinese, Ashraf al Qudra, ha dichiarato che almeno ventiquattro persone sono morte perché la mancanza di elettricità ha dismesso le apparecchiature mediche necessarie.

Vittime civili e ostaggi

Il numero delle vittime coinvolte nel conflitto continua ad aumentare. Il presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, Dennis Francis, ha detto che «il bilancio umano dell’assedio di Gaza è indescrivibile. Si teme che non sapremo mai il numero esatto delle vittime, ma è indiscutibile che migliaia di persone sono morte inutilmente».

Il dato preoccupante riguarda l’impatto che le tensioni stanno avendo sulla parte civile. Netanyahu ha detto: «Questo è ciò che stiamo cercando di fare: ridurre al minimo le vittime civili. Ma purtroppo non ci siamo riusciti».

Ieri un portavoce dell’Idf ha detto che non c’è al momento nessun accordo con Hamas sul rilascio degli ostaggi, e il gruppo terroristico ha mostrato il video di un uomo di 86 anni rapito il 7 ottobre. Nel frattempo, le famiglie degli ostaggi continuano la loro marcia verso Gerusalemme chiedendo il rilascio.

Il giornale israeliano Haaretz ha riportato una nuova protesta di nove nonni che si sono recati al confine con la Striscia di Gaza in moto per richiedere di essere scambiati con i loro nipoti. «Vogliamo dire alla nostra leadership - ha sottolineato - che dobbiamo fare di tutto per riportarli a casa. Come anziani, siamo pronti a pagare un prezzo», hanno detto in un’intervista ad Haaretz.

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