Quello di ieri dell’Assemblea generale delle Nazioni unito è stato un voto storico. Con 143 voti a favore, 9 contrari e 25 astensioni, è stata votata una risoluzione sull’adesione della Palestina e una raccomandazione al Consiglio di sicurezza per «riconsiderare favorevolmente la questione». Il via libera del Cds (dove gli Usa il mese scorso hanno posto il veto) è condizione necessaria per un'eventuale approvazione piena. I nove paesi che hanno votato contro sono (oltre a Israele) Argentina, Repubblica Ceca, Ungheria, Stati Uniti, Micronesia, Palau, Nauru, Papua Nuova Guinea. Fra gli astenuti molti stati europei, tra cui Germania, Svezia, Regno Unito, Olanda e Romania, mentre Francia e Spagna, tra gli altri, hanno votato a favore.

Immediata la reazione dell’ambasciatore israeliano che ha strappato la Carta dell’Onu ha detto: «Avete aperto le Nazioni unite ai nazisti moderni». Condanne anche da parte di Washington, che probabilmente metterà il veto nel Consiglio di sicurezza. Per il presidente dell'Anp, Mahmoud Abbas, è stata «ristabilita la fiducia» nel diritto internazionale.

Netanyahu contro Biden

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha risposto alle minacce di Joe Biden di bloccare l’invio di armi se ci sarà l’invasione di Rafah. «Faremo quello che dobbiamo per proteggere il nostro paese», ha spiegato il premier a capo di un governo sostenuto dalla estrema destra messianica in un’intervista al talk show americano Dr. Phil. Lo stesso usato dal presidente Biden per lanciare l’ultimo avvertimento al governo Israeliano sul mancato invio degli aiuti bellici.

Parlando da Gerusalemme con il conduttore televisivo americano Phil McGraw, il premier israeliano ha sostenuto che lo Stato ebraico «non ha altra scelta» se non quella di distruggere i restanti battaglioni di Hamas a Rafah. «Se non li distruggiamo, se li lasciamo in pace, torneranno. Emergeranno dai tunnel, riprenderanno il controllo di Gaza e faranno ciò che hanno promesso di fare: rifaranno il 7 ottobre - questo enorme massacro - ancora, ancora e ancora», ha detto Netanyahu ribadendo la sua tesi, ormai logora e contestata anche dal portavoce del suo esercito, che si scontra con la linea rossa, ferma e risoluta, seppur tardiva, di Biden che non ritiene quella la via per colpire ed estirpare Hamas da Gaza.

Netanyahu parla di invasione “limitata” per far saltare il veto all’attacco di Rafah ma ci sono notizie di piani per la occupazione totale. Bibi va avanti anche da solo, sebbene così facendo rischia di approfondire il fossato con l’alleato americano.

Dopo il primo ministro israeliano ha detto che spera che lui e il presidente americano possano superare le loro divergenze. Ma questa volta è diverso visto che l’ondata di proteste contro la politica di Netanyahu nella Striscia si estende sempre di più nei campus americani, negli stati in bilico come il Michigan e Pennsylvania e ha colpito anche la St Andrews University, quella di Kate e William per intenderci, dove 800 membri dello staff hanno firmato una petizione che chiede all’Università di non investire in società coinvolte nel conflitto nella Striscia.

Israele vota per intensificare l'azione a Rafah

Intanto il gabinetto di guerra israeliano ha deciso all'unanimità di «approfondire l’operazione a Rafah». Truppe tanks israeliani hanno circondato Rafah est da dove sono fuggiti i profughi palestinesi per timore di un attacco totale e non solo limitato come annunciato dal Governo israeliano a Rafah. L’attacco di terra israeliano a Rafah porterebbe a una "colossale catastrofe umanitaria", ha detto il segretario dell'Onu Antonio Guterres. "Siamo impegnati perché riprenda l'ingresso di forniture salvavita attraverso i valichi di Rafah e Kerem Shalom", ha detto Guterres, aggiungendo che la carestia è incombente.

Mentre i bombardamenti si intensificano a Rafah, gli sfollamenti forzati continuano. L’Unrwa, l’agenzia Onu per i palestinesi, stima che 110.000 persone siano fuggite da Rafah in cerca di sicurezza. Ma nessun posto è sicuro nella Striscia e le condizioni di vita sono atroci, riferisce su X l’agenzia Onu sottolineando che «l’unica speranza è un cessate il fuoco immediato».

Negoziati in stallo

«La palla è interamente nelle mani» di Israele in vista di un accordo di tregua nella Striscia di Gaza, ha detto il movimento islamico palestinese Hamas dopo la partenza della sua delegazione dall’Egitto dove si stanno svolgendo i colloqui. «La delegazione negoziatrice ha lasciato il Cairo in direzione di Doha. L'occupante ha respinto la proposta avanzata dai mediatori e da noi accettata. Di conseguenza la palla è ora tutta nel campo» di Israele, ha affermato Hamas in una lettera inviata ad altre fazioni palestinesi. I rappresentanti di entrambi gli schieramenti hanno lasciato il Cairo dopo due giorni di negoziati volti a ottenere una tregua nella guerra in corso nella Striscia di Gaza da sette mesi, ha riferito sera il media arabo Al-Qahera News.

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