All’indomani del passo indietro del premier Benjamin Netanyahu rispetto alla legislazione che indebolirebbe la Corte suprema, politicizzerebbe il sistema giudiziario e darebbe poteri pressoché illimitati al braccio esecutivo, il timore predominante nelle fila del campo contrario alla riforma è che si tratti solo di una tregua tattica. E che il nuovo arrembaggio non sia poi troppo di là da venire.

D’altronde lo ha dichiarato lo stesso Netanyahu, nel passaggio chiave del discorso di lunedì sera: «Ho deciso di sospendere la seconda e la terza lettura della legge nell'attuale sessione della Knesset», ha detto, precisando però «in un modo o nell'altro, attueremo una riforma che ripristinerà l'equilibrio tra le autorità che è andato perduto».

«Non c’è dubbio che la riforma sia molto popolare nei ranghi della destra, Bibi proverà a passarla entro luglio, durante la sessione estiva della Knesset», dice l’autore israeliano Nadav Eyal. «Ma ora è indebolito: si è spinto troppo in là nella sua battaglia contro le élite, invadendo i terreni più sacri del progetto israeliano. Gli ultimi sondaggi vedono il Likud in calo di consensi, e soprattutto per la prima volta Bibi non sarebbe più il candidato primo ministro preferito: era simbolo di stabilità, ora invece ha portato il caos».

Ma Netanyahu andrà di nuovo al muro contro muro? «Per passare le nuove norme», spiega ancora Eyal, «ora che è indebolito ha bisogno del compromesso con le opposizioni. A meno che la questione iraniana, o una nuova intifada, non rivoluzionino le priorità dell’agenda pubblica».

La milizia di Ben Gvir

AP

Anche Itamar Ben Gvir, alfiere della cancellazione della Corte suprema e zoccolo duro della corrente contraria al compromesso all’interno della coalizione, non ha certo accantonato i piani. «La riforma passerà, nessuno ci spaventa», ha scritto su Twitter. A indurlo infine a dare il via libero al rinvio, secondo un retroscena di canale 12, sarebbero state anche le parole dell’alleato Bezalel Smotrich: «Non li lasceremo vincere. Fermeremo la legislazione solo per qualche mese».

Nel frattempo Ben Gvir martedì ha incontrato il capo della polizia Kobi Shabtai per mettere le fondamenta al piano di formare una nuova “Guardia nazionale” ai suoi ordini – una concessione di Netanyahu per fargli digerire l’alt all’iter della riforma. Durante i quasi tre mesi di proteste Ben Gvir, che da ministro della Pubblica sicurezza avrebbe già sotto la sua egida polizia e polizia di frontiera, si è scontrato con la riluttanza dei capi delle forze dell’ordine ad usare metodi troppo violenti coi manifestanti.

Il rischio è che questa nuova milizia, se mai davvero prendesse forma, recluti i suoi uomini dalle fila dei fedelissimi. Dai massimalisti del gruppo Lehava ai razzisti dichiarati della curva del Beitar di Gerusalemme, responsabili dei (pochi) episodi di violenza durante i fatti concitati di lunedì, quando durante la manifestazione pro-Bibi hanno preso di mira giornalisti e arabi.

Fino alle frange violente di coloni che, approfittando del caos attorno alla riforma, sono tornati negli ultimi giorni ad aggredire la cittadina palestinese di Hawara. Per descriverli basti una citazione di Chanamel Dorfman, numero uno fra gli assistenti di Ben Gvir: «L'unico problema dei nazisti è che io ero dalla parte dei perdenti», dichiarò un decennio fa durante una manifestazione contro gli immigrati.

Calo della tensione

AP

Il day after del passo indietro di Netanyahu è caratterizzato comunque da un senso di sollievo. Le manifestazioni ci sono ma sono sporadiche, e non c’è più la sensazione che da un momento all’altro tutto possa sfuggire di mano. Il Presidente Isaac “Bougie” Herzog ha convocato le parti per avviare il dialogo. «Fermare la legislazione è stata la cosa giusta», ha detto. «È il momento di iniziare un dialogo sincero, serio e responsabile. Calmerà gli animi e abbasserà le fiamme, come è urgente fare».

Gli Stati Uniti hanno aperto a una possibile visita futura di Netanyahu alla Casa Bianca, seppur non estendendo un invito ufficiale. Washington ha fatto pressione sul nuovo esecutivo di estrema destra israeliano rifiutandosi di offrire al premier la passerella della più ambita visita sul piano internazionale, all’indomani del suo insediamento. Come anche Abu Dhabi: martedì sera il leader degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed, ha ricevuto l’ex primo ministro Naftali Bennett, un altro segnale di freddezza verso Netanyahu.

Qualcuno si è chiesto come Bennett sia riuscito a partire, visto che lunedì i decolli dallo scalo di Ben Gurion erano stati bloccati. Ora anche lo sciopero della Histadrut, la storica federazione dei sindacati israeliani, è stato revocato. E gli aerei sono tornati a volare.

© Riproduzione riservata