È passato solo qualche mese dalla conquista della maggioranza alla Camera e il presidente Joe Biden sembra aver imboccato con decisione una svolta a destra su varie tematiche come la gestione del crimine, dell’immigrazione e la politica economica.

Marcando una sostanziale distanza con i progressisti, in questa fase ridotti all’irrilevanza politica. 

Uno dei segni di questa svolta è la riforma del Codice penale locale varata dal consiglio cittadino di Washington, DC, su cui la stessa sindaca, Muriel Bowser, aveva espresso perplessità. I suoi sostenitori hanno affermato che hanno «sbrogliato dei cavilli» in un sistema di leggi «datato».

Bowser, dal canto suo, aveva criticato la riduzione delle pene per reati come i furti d’auto e le rapine, dicendo «che non era il momento» di varare un simile provvedimento, data l’ascesa nella capitale federale dei reati commessi con l’uso di armi da fuoco.

I repubblicani alla Camera, da sempre critici dell’autonomia, hanno votato un disegno di legge per annullare i cambiamenti, mossa consentita perché, secondo la Costituzione statunitense, sarebbe proprio il Congresso ad avere l’ultima parola sul governo cittadino.

A sorpresa il presidente Biden ha espresso il suo sostegno alla cancellazione delle modifiche, seguito in questo dall’ala moderata dei dem al Senato, che include il centrista Joe Manchin e il leader del gruppo Chuck Schumer. In totale trentatré senatori dem hanno votato il provvedimento insieme ai repubblicani.

I progressisti non hanno nascosto il loro stupore, dato che la riforma del sistema criminale a livello federale sarebbe uno dei punti della piattaforma elettorale del 2020. Il problema è appunto il momento politico: gli strateghi repubblicani, secondo uno scoop della testata online Axios, starebbero preparando degli spot elettorali con cui definire i democratici «morbidi nei confronti del crimine», da usare alle elezioni del 2024.

Immigrazione

Anche per quanto riguarda le politiche migratorie il presidente Biden sembra propenso a smentire quanto promesso nel 2020.

Secondo quanto trapelato dalla Casa Bianca, l’amministrazione starebbe pensando di tornare alla detenzione familiare per i migranti illegali che oltrepassano il confine con il Messico, una pratica abbandonata all’inizio del 2021 in favore di una norma più lasca, che di fatto consentiva ai migranti di affrontare il processo sul suolo americano.

L’impatto di questa decisione era mitigato dal fatto che, all’inizio della pandemia, l’amministrazione Trump aveva messo in pratica il cosiddetto Titolo 42, una vecchia legge dell’epoca della Seconda guerra mondiale che consentiva l’espulsione rapida dei migranti clandestini per ragioni sanitarie.

Dopo che la sospensione del Titolo 42 è stata prorogata lo scorso dicembre da un’ordinanza della Corte suprema, il prossimo 11 maggio dovrebbe essere definitivamente abbandonata insieme a tutte le restrizioni legate al Covid-19.

Un bel problema, dato che ancora nel mese di gennaio sono state rimpatriate 156mila persone e la retorica del Partito repubblicano che continua a battere sulla “crisi al confine”.

I progressisti hanno immediatamente condannato queste pratiche «inumane», incredibilmente simili ai «respingimenti trumpiani», come affermato dal senatore della California Alex Padilla.

I conservatori difficilmente qui daranno una mano, stando alle dichiarazioni del senatore texano John Cornyn, che di fatto ha lasciato intendere che l’amministrazione Biden se la deve «sbrigare da sola».

Legge di bilancio

Infine, c’è la questione del deficit federale, con il presidente ancora impegnato nello scontro con i repubblicani, che chiedono in cambio dell’approvazione del budget un taglio consistente ad alcuni programmi di welfare, come ad esempio il Medicaid, la struttura federale che eroga servizi sanitari agli americani sotto una certa soglia di reddito.

A sorpresa, il presidente ha rilanciato con una riduzione di tremila miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, molto superiore ai duemila di cui aveva parlato nel suo discorso sullo stato dell’Unione a febbraio.

La mossa ha spiazzato l’opposizione, che in passato ha sostenuto forti aumenti del debito durante l’amministrazione Trump, tanto che nel corso del 2019 il deficit annuale aveva superato il 10 per cento.

Il piano prevede, tra le altre cose, lotta ai furti d’identità e alle frodi fiscali e un taglio di 31 miliardi di sussidi per le compagnie petrolifere e la fine di crediti fiscali da 19 miliardi di cui avevano beneficiato gli immobiliaristi.

Quest’annuncio mira non solo a convincere i repubblicani, ma anche a porre un freno alla corsa dell’inflazione con conseguente aumento dei prezzi dei beni di consumo e ai previsti rialzi dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, che potrebbero innescare una recessione in un anno elettorale.

È chiaro però che questo piano «non vedrà la luce del sole», come ha detto il leader repubblicano alla Camera, Mitch McConnell, in altre circostanze propenso ad aiutare il presidente, come nel caso del piano di rinnovo infrastrutturale varato nel 2021 oppure nell’invio di aiuti militari nei confronti dell’Ucraina, visti sempre con maggior fastidio da parte dei seguaci dell’ex presidente Donald Trump.

Questa svolta quindi probabilmente non ha l’intento di ottenere risultati immediati, ma probabilmente vuol recuperare quegli elettori centristi delusi da due anni di politiche progressiste. Una parte di elettorato che è decisiva guardando alle elezioni presidenziali del 2024.

© Riproduzione riservata