Ventiquattro minuti spesi a parlare di sfratti, occupazione, e cibo da portare in tavola per annunciare un piano di spesa da 1900 miliardi di dollari, più del doppio di quelli messi in campo undici anni fa dall’amministrazione di Barack Obama dopo la crisi finanziaria del 2008 che allora consideravamo Grande recessione. Ancora prima di entrare alla Casa Bianca, ieri, il 46 esimo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha presentato il programma di interventi destinato a segnare la sua presidenza e il giudizio sulla sua amministrazione negli anni a venire. Un pacchetto di stimolo all’economia che include 400 miliardi di dollari per sanità e vaccinazioni - per rimediare a quello che finora è stato «un fallimento» - e 1500 miliardi tra sussidi diretti a cittadini in stato di bisogno, sovvenzioni a stati e comunità locali – per circa 350 miliardi – e investimenti per allievare «il dolore che sta travolgendo l’economia reale».
 

La rivincita

A questo momento Biden si è preparato per molto tempo. Quest’estate il New York Times ricordava come fosse stato lui nel febbraio del 2009 a offrirsi per gestire il piano anti crisi dell’amministrazione Obama. «Per gran parte del pubblico, tuttavia, si tratta di un episodio semidimenticato, incuneato tra il salvataggio bancario dell'amministrazione Bush, profondamente impopolare, e la guerra polarizzante per Obamacare».

Le misure

Allora era stata una battaglia con il Congresso. Oggi il leader democratico ha deciso di aumentare gli aiuti stanziati dai parlamentari a dicembre, portando i trasferimenti diretti ai cittadini progressivi entro una certa soglia di reddito da 600 dollari a 2mila, includendo anche chi finora ne era stato escluso come le famiglie di immigrati in cui un componente è privo di documenti. «Seicento dollari sono insufficienti, significa decidere se pagare l’affitto o mettere il cibo in tavola», ha detto il presidente, dando un buon termometro della comunicazione politica della sua amministrazione.

Al Senato la proposta di un aumento era stata sostenuta da democratici radicali come Bernie Sanders fino al trumpiano Josh Hawley, e ora la nuova maggioranza democratica può rilanciarla. In più Biden ha annunciato anche l’introduzione del salario minimo a 15 dollari l’ora, estendendo a tutta la nazione, la misura simbolo approvata nella Florida pro Trump nell’ultima tornata elettorale. «Nessuno che lavora 40 ore alla settimana» ha detto Biden, «dovrebbe vivere sotto la soglia di povertà e se guadagni meno di 15 dollari l’ora vivi in povertà».

Quindici miliardi vanno alle imprese in difficoltà, ma la maggioranza degli aiuti annunciati ieri sono destinati agli americani «che hanno bisogno». Viene aumentato il credito di imposta sui redditi più bassi e per chi ha figli (Child tax credit), raddoppiano i sussidi per far fronte all’emergenza affitto che interessa 14 milioni di cittadini statunitensi, mentre 3 miliardi vanno per arginare la crisi alimentare. I buoni alimentari vengono infatti aumentati e estesi a settembre, così come viene aumentato di un quarto il sussidio di disoccupazione che aumenta da 300 a 400 dollari. Gli obiettivi di riduzione della povertà si concentrano soprattutto tra le minoranze: il target è al 40 per cento, per esempio, per la comunità ispanica.

Questa però è solo la prima parte del piano di rilancio. Biden dettaglierà la seconda che si concentra sugli investimenti di fronte al Congresso. Per ora ha solo fatto solo un elenco di parole chiave che stavano nel suo programma, dalle infrastrutture all’energia pulita. ll suo è un piano per gli Stati Uniti che si confrontano con la Cina, anche se lui lo ha definito un piano per una economia globale «progressivamente più competitiva», ed è un piano post Trump. «Immaginatevi un futuro made in America», prodotti «fatti in America da americani», ha detto il presidente confermando di aver imboccato la via se non del protezionismo del reshoring, il rimpatrio delle catene produttive, e quell’attenzione all’economia reale che secondo Goldman Sachs vale almeno un punto di Pil in più del programma dei repubblicani.

Il consenso degli economisti

La spesa annunciata ieri, anche al netto dell’investimento per i vaccini, è più del doppio del piano su cui da vicepresidente Biden fece fatica a ottenere sostegno. Ma oggi per tutto il suo discorso il nuovo presidente non ha fatto altro che ribadire il consenso degli economisti, affiancando quello che ha chiamato un «imperativo morale» alla efficacia economica dello stimolo fiscale. «Il consenso tra i principali economisti è che non possiamo permetterci di non farlo», ha detto ricordando il contesto di tassi di interesse così bassi, ma anche con una sottile rivendicazione.

«La nostra situazione debitoria», ha detto Biden, «sarà più stabile e non meno stabile se cogliamo questo momento con visione». Il piano dovrebbe avere l'efficacia tale da raggiungere tre traguardi insieme: «Rafforziano la nostra economia, riduciamo le nostre disuguaglianze e mettiamo le nostre finanze su un percorso di sostenibilità». Undici anni fa il piano di rilancio considerato un successo anche dal Congressional budget office, l’ufficio indipendente di bilancio, che nella sua relazione gli attribuisce tra gli 1,4 e i 3,3 milioni di occupati già nel 2010 e sprechi allo zero virgola, era stato bersagliato di critiche perché il ritorno alla piena occupazione era stato più lento delle attese al contrario degli effetti sulle finanze pubbliche. Biden lo aveva gestito centralizzandone la gestione e allo stesso tempo con trasparenza sul monitoraggio dei progetti. Ora che diventa presidente in un diverso clima politico può prendersi la sua rivincita, avendo alle spalle una prova generale.

© Riproduzione riservata