Un dibattito che sembrava riportarci al passato prossimo, al 2016, a quando Trump non era mai stato eletto presidente. Una macchina da bugie incontenibile e difficile da controargomentare.

E quando gli argomenti contro le sue bugie cominciano a mordere, è partito con gli attacchi personali alla preparatissima e a tratti eroica moderatrice Kaitlan Collins, definita una «persona sgradevole».

C’è soltanto una novità, che rispecchia il nuovo management della Cnn, guidata dall’amministratore delegato Chris Licht, che ne ha voluto moderare l’immagine di network vicinissimo ai democratici. Forse però dare a Trump un dibattito con la formula del “townhall”, ovvero intervistare un candidato e accettare le domande di un pubblico tendenzialmente favorevole non è stata una buona idea.

Andiamo con ordine: il dibattito si è tenuto in una sala del St. Anselm College di Goffstown, in New Hampshire, uno degli Stati chiave delle prossime primarie repubblicane. Uno dei pochi dove il principale rivale di Donald Trump, il governatore della Florida Ron DeSantis, avrebbe qualche possibilità di battere il favorito.

Status che gli è stato riconosciuto anche dalla moderatrice Collins, 31 anni, una scelta inusuale per un network che spesso si rivolge a giornalisti più esperti per compiti così delicati. Fin qui tutto bene.

La cosa diversa dal solito è stata la scelta del pubblico, composto integralmente da repubblicani o da indipendenti di orientamento conservatore che intendono comunque votare a destra. Insomma, la Cnn ha fornito a Trump un habitat favorevole in cui muoversi.

E Trump lo ha fatto, travolgendo Collins con una mitragliata di bugie. Cominciando dal completamento del muro al confine col Messico (non avvenuto), passando per le pressioni su Zelensky nel 2019 affinché indagasse su Hunter Biden, episodio da cui sarebbe stato “scagionato” (non lo è stato), sui poteri del vicepresidente Mike Pence riguardante il rovesciamento del risultato elettorale il 6 gennaio (il ruolo di Pence era esclusivamente notarile).

Sempre sui fatti del 6 gennaio 2021, Trump ha ribaltato la realtà, dicendo che è stata una splendida giornata, che il poliziotto che ha sparato alla manifestante Ashli Babbitt è un “ceffo”.

L’accusatrice

Incredibilmente è tornato persino sul suo vecchio video della trasmissione Access Hollywood dove esplicitava il suo modo aggressivo di seduzione delle donne: «Grab them by the pussy». Un espressione volgare che non ha bisogno di traduzione e che lui ha difeso strenuamente.

Anche sulla giornalista Elizabeth Jean Carroll, la sua accusatrice nel processo civile newyorchese nel quale è stato recentemente condannato a pagare 5 milioni di dollari di risarcimento per molestie, è stata definita «una pazza».

 In tutto questo, da parte del pubblico, un consenso costante e continuo. I rivali delle primarie sono rimasti sullo sfondo compreso DeSantis, citato en passant parlando del suo futuro che «non è brillante».

Infine, il suo parere sull’invasione russa in Ucraina, dove Trump ha affermato che potrebbe far finire la guerra «in 24 ore», senza affermare come e dicendo solo che lui vorrebbe che non morissero più né russi né ucraini.

A suggello di quest’ora che il magazine Politico ha definito «un massacro da parte di Trump», il suo ambiguo parere sul riconoscimento del risultato elettorale delle presidenziali 2024: «Le accetterò, a meno che non venga a sapere di frodi elettorali».

Frodi che ha continuato ad affermare, contro la moderatrice che cercava di fargli presente che nessun tribunale ha accettato i ricorsi bizzarri del suo team legale. Collins ha avuto un compito alquanto ingrato, con un ex presidente incontenibile e un pubblico ostile ed è riuscita tutto sommato a uscirne bene, sfruttando il suo background di corrispondente junior dalla Casa Bianca nel biennio 2017-18 e il suo attuale ruolo di capo del team del network dedicato a seguire la presidenza di Joe Biden.

Il format

Il format però è stato fortemente criticato anche da alcuni giornalisti come Jon Ralston, direttore del Nevada Independent, che inizialmente ha difeso la scelta, per poi pentirsene in diretta su Twitter, definendo l’evento «una farsa».

Altri, come Dan Rather, storico volto della Cbs, hanno definito la serata «una donazione in natura» alla campagna elettorale di Donald Trump. Nonostante la sua apparente moderazione su alcune posizioni, come ad esempio il rifiuto di sostenere un divieto nazionale di aborto, questione che lui ha definito «di competenza degli Stati», rimane la sua sostanziale debolezza nei confronti dell’elettorato generale, che nel dibattito di ieri difficilmente ha visto una visione di paese alternativa a quella di Joe Biden che non fosse un patchwork di lamentele e voglie di rivalsa personali.

Paradossalmente Trump, amatissimo dalla sua base elettorale e mal digerito dall’establishment repubblicano, potrebbe diventare membro di una categoria specialissima della politica americana, quella del “beneamato perdente” della quale hanno fatto parte due icone: il conservatore Barry Goldwater e il liberal George McGovern.

Entrambi adorati dai loro sostenitori, sono stati battuti con un largo margine alle presidenziali rispettivamente del 1964 e del 1972. Il Trump del 2023 sembra avviato sullo stesso binario.

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