Kiev, la finta pace di Trump. Zelensky prende tempo. L’Ue: «No a patti imposti»

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è costretto ancora una volta a fare buon viso a cattivo gioco e così giovedì ha ricevuto il piano di pace in 28 punti elaborato dalla Casa Bianca senza respingerlo immediatamente. Anzi, ha annunciato che ne parlerà direttamente con Donald Trump nei prossimi giorni. Ma di certo il presidente ucraino non è entusiasta dell’ultima trovata del tycoon e dei suoi collaboratori, che secondo moltissimi ucraini e loro sostenitori equivale a un’autentica capitolazione. «Il Donbass sarà russo»: il piano Usa per la pace è una mazzata per l’Ucraina Pressioni americane Zelensky sa che non può rischiare l’ostilità di Trump e, secondo l’agenzia Bloomberg, la Casa Bianca lo starebbe già sottoponendo a forti pressioni. Il comunicato con cui ha annunciato la ricezione del piano ha comunque toni gelidi. «Gli Stati Uniti e l'Ucraina lavoreranno congiuntamente e in maniera costruttiva», è scritto diplomaticamente nel testo. Secondo i retroscena della stampa ucraina, Zelensky sarebbe furioso e deciso ad andare al contrattacco, non solo contro la proposta di pace, giudicata inaccettabile, ma anche sullo scandalo corruzione che ha travolto i suoi più stretti alleati. Sono ore di grandissima tensione e di altrettanta incertezza a Kiev, dove giovedì, a causa degli ultimi bombardamenti russi, la luce è mancata per oltre 12 ore in quasi tutta la città e in alcune zone l’elettricità è stata erogata per meno di sei. Il piano di pace che americani e russi avrebbero elaborato alle spalle dell’Ucraina alla fine dello scorso ottobre è stato presentato a Zelensky da una delegazione di militari americani, capeggiata dal segretario alle Forze armate, Dan Driscoll. Secondo le indiscrezioni, il piano prevede il ritiro degli ucraini dal Donbass, che dovrebbe essere parzialmente trasformato in una zona smilitarizzata per cui la Russia pagherà una sorta di “affitto” a Kiev; a questo si aggiungono il dimezzamento delle forze armate ucraine, il divieto di possedere armi in grado di colpire Mosca e una serie di altri punti: uno stop ai tentativi di aderire alla Nato e il divieto di schierare truppe straniere nel paese. Sono condizioni non troppo dissimili dalle richieste massimaliste russe e che hanno incontrato un muro di opposizione nel paese, con funzionari e altre figure di governo e opposizione che le hanno definite «provocatorie», «irrealistiche» e «inaccettabili». Giovedì sera anche Zelensky avrebbe aggiunto il suo “no” al piano trumpiano, anche se non lo avrebbe ancora fatto pubblicamente per ragioni diplomatiche. L’Unione europea e gli altri alleati dell’Ucraina appoggiano più o meno silenziosamente Zelensky nel suo rifiuto. Tra i diplomatici del Vecchio Continente circola l’idea che quest’ultima proposta sia solo un modo per Trump di ammorbidire Zelensky, così da renderlo più malleabile nel prossimo futuro, quando arriverà la “vera” proposta di pace. In ogni caso, anche i leader europei appaiono nella stessa situazione di Zelensky: timorosi di peggiorare la loro posizione se si opporranno esplicitamente al piano. Nel frattempo, alle offerte trumpiane ha risposto l’Alta rappresentante Ue, Kaja Kallas: i ministri degli Esteri europei sono «piuttosto tranquilli» riguardo alla proposta perché sanno che «nessun piano di pace può funzionare se europei e ucraini non danno il loro consenso», ha detto Kallas. «Il nostro piano di pace consiste di soli due punti – ha aggiunto – sostenere l’Ucraina e indebolire Mosca». Il Cremlino, nel frattempo, ha fatto un passo indietro riguardo all’attuale situazione. Nei giorni scorsi, dopo le prime indiscrezioni sul piano, Mosca aveva fatto capire chiaramente di non considerare il documento una novità significativa. Ieri, invece, non ci sono state nuove comunicazioni sul tema. A chi chiedeva del piano, il portavoce del Cremlino ha replicato in modo criptico: «Con gli americani non sono in corso consultazioni. Solo dei contatti». Ucraina, passa la linea Mattarella. L’allarme sulla guerra ibrida Sotto assedio Se gli europei sono allineati a Zelensky sul piano di pace, un divario sempre più ampio rischia di nascere sullo scandalo corruzione. Zelensky è sempre più sotto assedio, con il suo nome e quello del suo braccio destro, il capo di gabinetto Andrii Yermak, comparsi nelle intercettazioni sullo scandalo tangenti nel settore energetico pubblicate dalla stampa. L’opposizione e persino alcuni membri del suo partito chiedono un rimpasto non solo del governo, ma anche dell’ufficio del presidente, e gli alleati europei stanno segnalando la loro insoddisfazione per l’attuale situazione. Nonostante sia stretto da sempre più parti, Zelensky per il momento ha scelto di lottare. Giovedì sera, in una riunione con i deputati del suo partito, ha rifiutato la richiesta presentata da una fazione ribelle di licenziare Yermak e quella di formare un governo di unità nazionale. I canali Telegram vicini all’ufficio del presidente hanno già iniziato a fornire lo “spin” dell’attuale situazione: lo scandalo nell’energia e le richieste di licenziare consiglieri come Yermak e l’ex ministro della Difesa, Rustem Umerov, non sarebbero altro che il frutto di una cospirazione russo-americana per costringerlo ad accettare l’offerta di pace. Secondo i media ucraini, Zelensky potrebbe adottare presto la stessa linea d’attacco. Ricordiamo che uno degli investigatori che hanno seguito il caso di corruzione, Ruslan Maghamedrasulov, si trova agli arresti da questa estate con l’accusa di essere un agente russo. L’indagine sull’investigatore è stata portata avanti dallo Sbu, il servizio di intelligence agli ordini diretti del presidente. Se vuole salvare l’Ucraina, l'Europa deve uscire dalla sua ambiguità