Nel suo viaggio in Asia centrale, tra Samarcanda e Astana, Giorgia Meloni a fine maggio ha incontrato anche il presidente del Kirghizistan, Sadir Japarov. Strette di mano e sorrisi, cortesie istituzionali tra i due leader. D’altronde il legame tra Roma e Biskek negli ultimi anni si è molto rafforzato. Le relazioni sono già «eccellenti», ha detto Meloni, ma «in molti campi si può implementare ancora la cooperazione».

Le relazioni tra Italia e Kirghizistan

Il governo italiano reputa il Kirghizistan un paese strategicamente importante, all’interno di una regione fondamentale perché «ponte tra Oriente e Occidente», per usare le parole della premier. Un impulso rilevante per i rapporti è arrivato dal viaggio di Japarov a Roma nell’ottobre scorso, in cui con Meloni ha firmato un memorandum, aprendo la porta ad accordi economici.

Negli ultimi anni, il commercio è fiorito. Le importazioni italiane da Biskek sono cresciute dai 6,37 milioni del 2022 ai 46,22 del 2024. Ma sono le esportazioni italiane a essere schizzate: erano 62,76 milioni nel 2022, si è passati a 213,71 milioni nel 2023 fino a toccare quota 378,81 nel 2024. E nei primi mesi del 2025, il dato è sempre in ascesa rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Un aumento esponenziale iniziato, non a caso, nel 2022, anno dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina e quindi dell’inizio delle nuove sanzioni europee contro Mosca. L’Italia non è la sola. Anche altri paesi dell’Unione europea, come Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Austria e Spagna, hanno visto crescere improvvisamente il proprio export con il Kirghizistan. Un paese che fa parte dell’Unione economica eurasiatica, insieme a Russia, Bielorussia e altri paesi asiatici, in cui non esistono barriere commerciali. Da qui la quasi certezza che le merci europee scambiate con Biskek finiscano in territorio russo, aggirando così, con triangolazioni, le sanzioni occidentali.

Banche e sanzioni aggirate

Gli scambi transfrontalieri in rubli tra Kirghizistan e Russia oggi sono gestiti dalla Capital Bank of Central Asia, istituto di cui, da aprile, il ministero delle Finanze del paese possiede il 100 per cento delle azioni. Fino a pochi mesi fa, però, era compito di Keremet Bank, un’altra banca kirghisa su cui, almeno fino a dicembre 2024, il ministero deteneva la maggioranza, prima di venderla a una società terza, pur mantenendo ancora alcune quote.

Keremet, però, a gennaio è stata inserita dagli Stati Uniti nella lista di enti sanzionati per aver facilitato le transazioni con Mosca, organizzando un piano di elusione delle sanzioni insieme alla banca russa Promsvyazbank (Psb). Un istituto che ormai da anni finanzia l’industria militare russa, tanto che è stata tra le prime a essere sanzionata dagli Usa nel 2022. Sanzioni che, però, non hanno fermato la banca russa.

Insieme alla Psb, era stato sanzionato anche Ilan Shor, 38enne politico filorusso moldavo, ricercato dalle autorità del suo paese per una frode da un miliardo di dollari risalente a circa 10 anni fa. Shor nel 2024 ha messo in piedi una società, la A7, che si occupa di mediare le operazioni transfrontaliere, con qualsiasi valuta e soprattutto anche con entità sanzionate. Aggirando il sistema bancario internazionale Swift. Il 51 per cento delle azioni di A7 è in mano proprio a Shor, il restante 49 per cento è invece controllata da Psb. Per il Dipartimento del Tesoro Usa, Shor «è stato coinvolto nelle discussioni riguardo il ruolo di Keremet nel piano di elusione delle sanzioni».

Secondo un’inchiesta di Ipn, agenzia di stampa moldava che cita membri del think tank WatchDog, tramite la società A7 il denaro passava dalla banca russa alla Keremet, per essere convertito in yuan o dollari, e poi girato per altri fini. Come magari acquistare armi cinesi per supportare la guerra in Ucraina. La stessa cosa, secondo l’inchiesta, starebbe avvenendo anche oggi con Capital Bank, che come nuovo presidente del consiglio di amministrazione vede, tra l’altro, l’ex vicepresidente di Keremet, Kantemir Chalbaev.

L’accusa di aver raccolto il testimone da Keremet nell’elusione delle sanzioni, però, è stata respinta dall’amministrazione presidenziale del Kirghizistan, secondo cui Capital Bank effettua transazioni «soggette a controlli in conformità con gli standard internazionali». Nega anche i rapporti con soggetti esterni sanzionati. A essere preoccupato, però, è il mondo imprenditoriale: aziende, banche più piccole, imprese di vario genere. Pur essendo in regola a livello internazionale, temono possibili nuove sanzioni sull’intero settore bancario del paese a causa dei sospetti sulla Capital Bank e sulle sue attività. Se dovessero perdere l’accesso alle transazioni in dollari o in euro, avrebbero vita difficile. Anche nel commerciare con l’Italia.

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