Si sono sprecati fiumi di parole sul destino del Partito repubblicano post trumpiano, descrivendolo come a un bivio tra la continuità del culto del leader e la restaurazione dell’Antico Ordine. Come se non ci fossero altre vie. La polarizzazione è stata guidata dagli spalti dei commentatori delle due tifoserie racchiuse in piccole testate come American Greatness, per i trumpiani, e The Bulwark per i nostalgici dell’epoca bushiana.

E se ci fosse una versione intermedia per cercare di andare oltre questa biforcazione?

Come ampiamente detto, il Partito repubblicano rimane il partito di Donald Trump. Chi lo sfida apertamente spesso lo fa perché deve farsi rieleggere da una base che non ha troppo in simpatia l’ex presidente.

Altri ne mantengono le politiche senza però obbedire a tutti i suoi desiderata. Questo è il caso di Kristi Noem, governatrice del South Dakota eletta nel 2018, una delle favorite di Donald Trump che da inizio gennaio, però, sta cercando una sua strada nuova per costruire un profilo nazionale. Un percorso che però è tutt’altro che moderato e ricorda più le idee ultralibertarie dell’ex deputato texano Ron Paul anziché quelle di Donald Trump.

Un tweet 

Questo distacco è cominciato quando il 23 dicembre 2020 Donald Trump ha twittato contro il viceleader repubblicano al Senato, John Thune, definito «il garzone di Mitch», annunciando che sarebbe stato sfidato alle primarie del 2022 e che la sua carriera politica era «terminata». In quell’occasione aveva espresso la speranza che fosse Noem a sfidarlo.

Pochi giorni dopo, invece, Noem ha annunciato la volontà di ricandidarsi alla carica di governatrice. Del resto, sarebbe stato in aperta contraddizione con lo slogan non originalissimo della sua campagna “Meno stato, più libertà” prendere un ordine diretto dal capo del governo federale. Anche se si chiama Donald Trump.

Si può tranquillamente affermare che su questo punto Noem mantiene un’apparente coerenza: non ha chiesto l’aiuto di nessuno quando si è trovata a dover gestire il ranch di famiglia all’età di 23 anni, dopo che il padre era morto improvvisamente schiacciato da un macchinario agricolo.

Nessuno eccetto il governo federale: nel decennio successivo la sua tenuta è stata sovvenzionata con 3 milioni e 700mila dollari di sussidi federali, grazie ai quali è riuscita ad ampliarla con l’apertura di un ristorante e di un capanno per ospitare i cacciatori.

Ma quando è stata eletta al Congresso nel 2010, divenne sin da subito una delle paladine dell’House Freedom Caucus, chiedendo il taglio di numerosi sussidi e la chiusura di alcuni programmi federali di aiuto. Ha chiesto di ridurre i fondi ovviamente all’Agenzia per la protezione ambientale, ma anche al Dipartimento per i veterani, al Medicaid e all’Alta velocità ferroviaria, oltreché a uno dei maggiori sprechi secondo i repubblicani: il trasporto pubblico.

E pazienza se i tagli al Medicaid, il programma federale sanitario destinato a chi vive sotto la linea di povertà stabilita dall’ufficio del Censimento ogni anno, avrebbe colpito duramente i cittadini del South Dakota, riducendo i loro benefici del 55 per cento.

Anche dopo che è stata eletta governatrice del South Dakota ha cercato di creare un paradiso conservatore, diverso però da quello di Ron DeSantis, che cerca di affermarsi sulle questioni di agenda dettate da Fox News. In South Dakota si comincia dal libero possesso di armi. Anche nascoste. Senza richiedere più un permesso.

Ma si continua ponendo limiti al diritto di aborto, alle proteste contro la costruzione dell’oleodotto Keystone XL (poi cancellato da Biden nei primissimi giorni di mandato) e cercando di difendere il matrimonio tradizionale, battaglia sulla quale anche il presidente Trump aveva tacitamente accettato la sconfitta, andando avanti.

La gestione del Covid

Ma è sul Covid che Noem ha attuato un approccio totalmente libertario: non ha mai emesso nessun ordine di lockdown, né un obbligo di mascherina. Anzi, semplicemente ha detto: «Andate a caccia». È vero che il suo stato è uno dei meno densamente popolati, con la popolazione del comune di Torino sparsa su un territorio enorme grande come due volte il Portogallo.

Nonostante questo, il suo promuovere grandi meeting come il festeggiamento del 4 luglio 2020 sotto il Monte Rushmore con Trump presente e il raduno motociclistico annuale di Sturgis l’8 agosto successivo, ha diffuso il Covid con una rinnovata rapidità anche negli stati vicini.

Il suo stato ha presto raggiunto dei record poco invidiabili: peggiore stato americano per numero di contagi, di ospedalizzazioni e di morti in rapporto alla popolazione. Lo scorso gennaio si fece un bilancio spaventoso: un abitante su 558 era morto di Covid.

Si è ripresa nei primi mesi dell’anno, diventando uno degli stati più veloci nel somministrare i vaccini, ma arrestando questa corsa a giugno, con il 46 per cento della popolazione immunizzata. Contando che il 30 per cento non vuole vaccinarsi per nessun motivo, c’è un residuo 24 per cento da recuperare che vive nelle zone rurali e che ha difficoltà ad accedere a una connessione internet e a prenotarsi.

Una nuova ondata potrebbe accelerare quel processo di fuga dalle aree rurali che non è stato ammortizzato come nel vicino North Dakota da un boom petrolifero e che ha ridotto la popolazione in alcune contee. A compensare questo calo, la crescita nelle riserve indiane dei Lakota e dei Dakota, gli stessi massacrati a Wounded Knee nel 1890, l’evento che chiude le guerre indiane.

Contro la Critical Race Theory

Noem aggira il problema dei riluttanti a vaccinarsi strizzando loro l’occhio sul suo sito personale opponendosi all’oppressivo “passaporto vaccinale” proposto dal Cdc e offre un’ampia sezione di merchandise per compiacere i suoi fan: ultima arrivata una maglietta contro la Critical Race Theory, a cui si contrappongono le vere priorità che sono leggere, scrivere e imparare l’aritmetica.

Secondo un esponente democratico citato dalla rivista Rolling Stone, Kristi Noem ha dalla sua l’immagine personale di moglie e madre che sa cavalcare e andare a caccia. Un’icona perfetta per il repubblicanesimo classico che però non si sa a cosa potrebbe ambire nell’epoca post trumpiana.

Che non si fa sfuggire nemmeno l’opportunità di difendere il confine del Texas «dall’invasione di migranti», mandando 50 soldati della sua Guardia Nazionale, ma non a spese dei contribuenti, ma di un donatore del Tennessee, Willis Johnson, che già aveva contribuito con 500mila dollari al fondo per rieleggere Trump lo scorso anno.

Di sicuro i suoi concittadini risparmiano, ma la questione ha fatto discutere sull’opportunità di accettare quei fondi per un’operazione dai contorni non limpidissimi

Dov’è quindi il futuro di Noem? Per ora non a Washington, ma di sicuro vuol fornire un esempio di governo minimo, come faceva il vicino Kansas governato da un altro trumpiano come Sam Brownback. Come finì la sua parabola? Con la vittoria nel 2018 della democratica centrista Laura Kelly.

Anche per uno stato profondamente conservatore, non è apprezzata la mancanza di pragmatismo. E con qualche scivolone in più può davvero rischiare la rielezione. Senza essere una vera favorita del mondo trumpiano, che non ha nemmeno apprezzato la sua riluttanza a tuffarsi nell’ennesima culture war: la proibizione per i trans di partecipare agli sport femminili.

Problema che in South Dakota non esisteva, ma che porterebbe problemi come la ridotta attrattività per investimenti privati nello stato. E questo non sarebbe molto in linea con il “more freedom” che si legge sulle sue pagine social.

© Riproduzione riservata