Il governo cinese ha deciso di non riconoscere il passaporto britannico di oltremare (Bno) in vista della nuova legge del Regno Unito che a partire dal 31 gennaio permetterà a tre milioni di cittadini di Hong Kong di trasferirsi nel paese e richiedere dopo cinque anni anche la cittadinanza britannica. Nel luglio dell’anno scorso il governo guidato da Boris Johnson aveva deciso di allargare la possibilità di richiedere la cittadinanza e stabilirsi in Gran Bretagna per aiutare gli hongkonghesi preoccupati dall’estensione dell’influenza cinese sulla regione e dagli scontri tra manifestanti e autorità governative. La mossa del regime di Pechino è volta a evitare l’emorragia demografica che colpirebbe Hong Kong nel caso in cui il nuovo meccanismo entrasse in funzione e il mancato riconoscimento del passaporto è stato definito come il primo passo «di ulteriori azioni» con l’obiettivo di contrastare le azioni delle potenze occidentali sulla regione.

Due anni di proteste

Dal luglio 2019 migliaia di giovani hanno iniziato a manifestare contro il potere cinese sulla regione. Quella che era inizialmente nata come una protesta contro una legge che permetteva l’estradizione degli hongkonghesi in Cina, è diventata una vera e propria sfida alle autorità di Pechino che dovrebbero ottenere il pieno controllo della regione entro il 2047. Le proteste sono finora state represse duramente dalla governatrice Carrie Lam, espressione dell’élite filocinese.

Inoltre nel giugno 2020, il governo cinese ha approvato la legge di sicurezza nazionale che prevede pene durissime per chi mette in discussione l’autorità del regime sulla regione. Una nuova norma osteggiata dagli attivisti e dal mondo occidentale e che ha portato gli Stati Uniti ad approvare nuove sanzioni contro i parlamentari comunisti che l’avevano approvata. Negli ultimi mesi la Cina ha aumentato la repressionecontro i dissidenti incarcerando l’editore pro demcorazia Jimmy Lai e condannando a tredici mesi e mezzo di carcere l’attivista Josha Wong. Inoltre le autorità di Hong Kong hanno istituito n telefono rosso che permette di denunciare direttamente chi commette crimini «contro la sicurezza nazionale».

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