Con il suo ultimo “rapporto sul lavoro del governo”, letto domenica mattina nella Grande sala del popolo, il premier uscente Li Keqiang ha provato a rassicurare i cinesi e gli investitori internazionali sulle prospettive dell’economia nazionale dopo un anno, il 2022, che ha definito «di una durezza senza precedenti».

Li ha previsto che il prodotto interno lordo della seconda economia del pianeta nel 2023 crescerà di «circa il 5 per cento». Un dato in linea con le stime più recenti del Fondo monetario internazionale (+5,2 per cento), che permetterà alla Cina di continuare ad avvicinarsi agli Stati Uniti, il cui Pil, secondo lo stesso Fmi, quest’anno aumenterà dell’1,4 per cento.

I dati ufficiali sciorinati dal leader che domenica prossima, al termine della sessione annuale dell’Assemblea nazionale del popolo, cederà la poltrona a Li Qiang, servono a proiettare l’idea di un paese stabile: nel 2023 la disoccupazione urbana non supererà il 5,5 per cento, saranno creati 12 milioni di nuovi posti di lavoro, l’inflazione sarà intorno al 3 per cento, il deficit fiscale salirà dal 2,8 al 3 per cento del Pil.

Tuttavia, chiusa la ventennale parentesi durate la quale la “fabbrica del mondo” ha tirato la volata alla globalizzazione neoliberista, il contesto internazionale si sta facendo sempre più complicato, quando non apertamente ostile.

Competizione hi-tech

Delegates applaud as Chinese Premier Li Keqiang rises to speak during the opening session of China's National People's Congress (NPC) at the Great Hall of the People in Beijing, Sunday, March 5, 2023. (AP Photo/Ng Han Guan)

Tra le preoccupazioni citate da Li: l’inflazione globale troppo elevata, un’economia mondiale più debole e l’intensificarsi del «contenimento esterno», ovvero delle misure protezionistiche e dell’embargo hi-tech decretato dagli Stati Uniti nei confronti del paese che la strategia di sicurezza nazionale dell’amministrazione Biden ha definito la «principale sfida geopolitica dell’America».

Inoltre – ha aggiunto – «la ripresa economica interna non è solida, gli investimenti privati ​​sono ancora deboli e permangono rischi nel mercato immobiliare e nelle piccole istituzioni finanziarie». Un’incertezza che frena i consumi interni, inducendo le famiglie a risparmiare più del solito.

Mentre proverà a riguadagnare la fiducia degli imprenditori privati (il mese scorso l’indice Pmi manifatturiero ha segnato 52,6, il livello più elevato da aprile 2012), il governo punterà sui progetti per favorire lo sviluppo dell’hi-tech, attraverso la costruzione di centri per l’innovazione regionali e internazionali.

E – ha annunciato domenica Li Keqiang – le piccole e medie aziende tecnologiche potranno detrarre il 100 per cento dei loro investimenti in ricerca e sviluppo dal reddito imponibile. I finanziamenti ad hoc per sostenere lo sviluppo dei chip e altri settori industriali chiave aumenteranno quest’anno di quasi il 50 per cento rispetto al 2022: a 13,3 miliardi di yuan (1,9 miliardi di dollari).

Il bilancio della difesa salirà del 7,2 per cento, raggiungendo 1.5537 miliardi di yuan (circa 225 miliardi di dollari). Più sostenuto dall’ascesa al potere di Xi Jinping, il continuo incremento delle spese militari riflette le necessità di rinnovamento dell’Esercito popolare di liberazione e l’ambizione di Pechino di allargare la sua influenza, a partire dall’Asia. Per questo Li ha ricordato che l’Epl dovrà intensificare «l’addestramento e la preparazione militare su tutta la linea».

Record di laureati

Sotto pressione da parte dell’amministrazione Biden, su Taiwan Pechino non ha alcun interesse ad alzare il tono dello scontro. Li ha utilizzato parole più prudenti rispetto agli anni precedenti, anche perché Pechino attende di vedere se alle presidenziali e legislative all’inizio del 2024 a Taipei vinceranno ancora gli indipendentisti del Partito progressista democratico o la spunteranno i nazionalisti del Kuomintang, aperti al dialogo con la Repubblica popolare cinese.

«Poiché noi cinesi su entrambi i lati dello Stretto di Taiwan siamo un’unica famiglia legata dal sangue – ha sostenuto Li –, dovremmo promuovere gli scambi e la cooperazione economici e culturali... e migliorare i sistemi e le politiche che contribuiscono al benessere dei nostri compatrioti di Taiwan».

La priorità di Pechino non è una guerra su Taiwan, ma piuttosto la ricostruzione del patto di fiducia con l’imprenditoria privata pesantemente colpita dalle politiche (giro di vite contro le corporation di internet e “contagi zero”) di Xi negli ultimi due anni. La Cina quest’anno registrerà un novo record di laureati (11,58 milioni). Le politiche del governo dovranno assicurare a questi giovani impieghi ben retribuiti, in un’economia che non corre più come in passato.

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