71 aerei dell’esercito cinese (Epl) si sono levati in volo nell’arco di 24 ore (tra domenica e ieri mattina) per quelle che il comando orientale dell’Epl ha definito «esercitazioni di pattugliamento e di attacco» intorno a Taiwan. 

47 i questi hanno superato la Linea mediana, il confine non ufficiale tra la Repubblica popolare cinese e l’Isola la cui “riunificazione” Xi Jinping ha messo al centro del suo progetto di «grandiosa rinascita della nazione cinese».

Mai così tanti caccia con la stella rossa avevano girato attorno a Taiwan in uno stesso giorno dal 2020, quando il ministero della difesa di Taipei ha iniziato a rendere pubbliche le sortite aeree di Pechino.

Secondo il governo di Taiwan, i velivoli che hanno oltrepassato la linea (non riconosciuta da Pechino) tracciata nel 1955 dal generale Benjamin Davis sono sei caccia J-10, 12 J-11, 18 caccia multiruolo di IV generazione J-16, sei Sukhoi Su-30, due aerei per la sorveglianza (un Y-8 e un KJ-500), un Y-8 antisommergibile, e due droni da ricognizione.

Lo sfoggio di muscoli è scattato dopo che, venerdì scorso, Joe Biden aveva firmato il National Defense Authorization Act, la legge che autorizza ogni anno le spese militari degli Stati Uniti e include anche il Taiwan Enhanced Resilience Act (Tera), che prevede prestiti fino a 10 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per sostenere la difesa di Taiwan.

Le “Freedom” a Taipei

Secondo gli analisti militari taiwanesi, la superiorità militare manifestata dall’Epl durante le esercitazioni del 4-7 agosto scorso e l’esperienza della guerra asimmetrica in Ucraina hanno convinto Washington a dotare l’isola di armi più sofisticate, adatte a fronteggiare un’eventuale offensiva cinese.

Tra queste ci sarebbero le navi da combattimento litoraneo classe “Freedom” prodotte dalla Lockheed Martin, imbarcazioni piccole (adatte ai porti dell’Isola con fondali poco profondi), veloci, potenti e tecnologicamente avanzate.

Il Tera invita inoltre Taiwan a partecipare, nel 2024, al Rimpac, il più grande war game annuale del mondo, condotto dal comando Usa del Pacifico assieme alla maggior parte dei paesi che vi si affacciano.

Secondo il ministero degli esteri di Pechino, la «legge esagera sconsideratamente la teoria della “minaccia cinese”, interferisce rozzamente negli affari interni della Cina e diffama il Partito comunista cinese».

Iniziato già durante l’amministrazione Trump, l’aumento del sostegno militare degli Stati Uniti a Taiwan (a cui Biden ha già autorizzato dieci forniture di armamenti) per Pechino significa che l’isola ha assunto un valore strategico per Washington, rientrando a far parte (come ai tempi della Guerra fredda) del dispositivo militare statunitense nel Pacifico occidentale con la finalità di contenere la Cina.

Dopo la visita di Pelosi

L’Epl ieri ha diffuso su Weibo (il Twitter cinese) un video nel quale si vedono dei caccia cinesi in volo e poi un marinaio che da una nave da guerra comunica via radio, all’altra sponda dello Stretto: «Taiwan è una parte inalienabile della Cina. Le nostre azioni mirano a mantenere la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan. Prenderemo tutte le contromisure necessarie».

I sorvoli delle ultime ore possono essere stati usati anche come diversivo, nel tentativo di deviare l’attenzione dal dramma che sta rivelando uno dei punti deboli della Cina, con gli ospedali che stentano a contenere l’afflusso di ammalati di Covid e i morti sui quali è calato il velo della censura. Ma il punto principale non è questo.

Il fatto è che con la visita a Taipei del 2-3 agosto scorso della terza carica degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, le relazioni tra le due sponde dello Stretto sono entrate in una “nuova normalità” che prevede una costante e accresciuta pressione militare da parte di Pechino.

Il 21 dicembre Mosca e Pechino hanno avviato Joint Sea 2022, l’esercitazione congiunta più vicina a Taiwan mai condotta dall’Esercito popolare di liberazione (Epl) e dall’armata russa, che si conclude oggi.

L’area interessata è a circa 350 chilometri dallo Stretto di Taiwan.

L’obiettivo di queste manovre sono non tanto gli Stati Uniti e le loro alleanze militari nell’area, quanto piuttosto quelle che la propaganda di Pechino definisce le «forze separatiste» di Taiwan, la presidente Tsai Ing-wen e il suo Partito progressista democratico, accusati di essere uno strumento di Washington e di alimentare la tensione tra le due sponde dello Stretto, che si apprestano a sfidare nelle elezioni del 2024 i nazionalisti del Kuomintang, molto più concilianti con Pechino.

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