La Corte suprema indiana ha sospeso l’implementazione delle tre leggi governative che riformavano il mercato agricolo e che erano state oggetto di forti proteste da parte degli agricoltori che avevano manifestato per le strade della capitale, Nuova Dehli, accusando il governo di essere al servizio delle multinazionali. Secondo i contadini, le nuove leggi ridurrebbero notevolmente il prezzo dei loro raccolti favorendo le grandi aziende del settore alimentare. Sul tema di una possibile riforma delle misure approvate dal governo si sono già svolte otto incontri tra i membri dell’esecutivo e i rappresentanti sindacali dei manifestanti. I tavoli non hanno però portato a nessun accordo e il prossimo incontro tra le due parti è previsto per venerdì 15 gennaio. 

Libera multinazionale in libero mercato

Alla base delle proteste portate avanti dai contadini indiani c’è la convinzione che le promesse di «liberare il mercato» avanzate dal governo guidato dal presidente, Narendra Modi, nascondano la fine di ogni tutela legale per i contadini. In particolare, le riforme puntano a eliminare moltissimi limiti che hanno regolato sinora il rapporto tra produttori agricoli e rivenditori. Le proteste di questi mesi sono state al centro del dibattito pubblico non solo per la violenza degli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, ma anche perché i contadini rappresentano circa la metà della forza lavoro di un paese che conta al momento. Neanche il freddo pungente di questi mesi ha fermato le proteste dei contadini che non hanno lasciato i loro presidii nella capitale neanche dopo la morte di 25 manifestanti deceduti in seguito alle bassissime temperature registrate a dicembre. 

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