L’arrivo dei migranti sul territorio statunitense è causa di scontri tra gli stati e il governo federale. Quando lo stato in questione è il Texas e alla Casa Bianca c’è un democratico come Joe Biden, nessuno al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori ci pone attenzione, dato che si tratta di un rimpallo politico tra partiti avversari.

Le cose sono cambiate dallo scorso 11 maggio: finita l’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Covid-19,  è decaduto anche il ricorso massiccio del Titolo 42, una norma risalente al 1944 che consente di espellere in fretta chi arriva senza documenti soltanto perché è in corso un’epidemia.

Da allora anche le città dem stanno sentendo il peso dell’afflusso di migranti che è continuato a crescere, nonostante il rafforzamento del personale militare distaccato nei pressi del confine, misura promessa qualche mese fa dal segretario alla Sicurezza nazionale, Alejandro Majorkas.

Da allora però il Texas governato dal repubblicano Greg Abbott ha deciso di testare l’accoglienza di alcuni stati a guida progressista, mandando continuamente autobus carichi di persone in città come Chicago, Boston e soprattutto New York.

Negli scorsi giorni il sindaco Eric Adams ha detto che questi continui arrivi rischiano di «distruggere la nostra città». Un’affermazione molto forte per un sindaco appartenente allo stesso partito del presidente, che echeggia le parole della governatrice Kathy Hochul, che ha dato la colpa al governo federale della gestione pessima del fenomeno.

Non perché non venga considerato un atto di scorrettezza politica l’invio di migranti da parte del Texas, ma perché la Casa Bianca, al momento, non sta dando nessun aiuto, né in termini economici né logistici, lasciando le città e i singoli stati a gestire l’alloggio di tutte queste persone.

Una delle proposte venute dal sindaco della Grande Mela è questa: dichiarare lo stato d’emergenza federale, con tanto di fondi extra. Proposta respinta al mittente dalla Casa Bianca dicendo che al momento le cose vanno bene così: in realtà il presidente esita a fare una dichiarazione del genere perché ciò vorrebbe dire dare ragione al partito repubblicano, che chiede a gran voce mezzi più forti per fermare le persone che varcano il confine.

Restrizioni sul lavoro

C’è però un altro problema burocratico: chi fa domanda per lo status di rifugiato non può lavorare per sei mesi. Un autentico problema che rende queste persone, che magari sarebbero perfettamente in grado di mantenersi da sole, un peso per il budget delle città.

E lo conferma proprio il primo cittadino newyorchese, che ha annunciato un blocco delle nuove assunzioni e tagli lineari del 15 per cento ai servizi pubblici. Una disattenzione che quindi può costare molto caro alla Casa Bianca in ottica presidenziali del 2024, con molti episodi che vanno in questo senso.

A Chicago molti residenti nei quartieri afroamericani si sono lamentati del trattamento “di favore” che riceverebbero i migranti quando in certe zone della città si attendono investimenti economici da anni.

In New Jersey, il governatore progressista Phil Murphy avrebbe cassato senza appello la proposta federale di ospitare i migranti nel vecchio aeroporto di Atlantic City.

Sicuramente c’è, come afferma un funzionario della Casa Bianca interpellato dal magazine Axios, molto teatro politico in queste affermazioni, dato che è molto facile scaricare le colpe su un presidente che ha molte difficoltà a rispondere alle domande dirette dei media.

Le conseguenze economiche del fenomeno però sono estremamente realistiche: oltre cento dirigenti d’aziende quotate a Wall Street hanno chiesto al governo federale fondi per alloggiare, sfamare e togliere dalla strada le persone. Proprio nei giorni scorsi decine di migranti senza tetto sono stati fotografati vicino a una location iconica come il Roosevelt Hotel di Manhattan e anche nello stesso aeroporto di Chicago ormai alcune aree di terminal sono usate come alloggio di fortuna.

Una situazione che rischia di indebolire ulteriormente un presidente sempre più immobile e che fatica a entusiasmare gli elettori che non comprendono pienamente quali vantaggi siano arrivati in questi anni di crescita economica limata dall’inflazione galoppante e che adesso vedono pure bastioni dem come le grandi città invase dai migranti che il governo federale sembra voler ignorare.

Rischiano quindi di apparire tardive le promesse di velocizzare i permessi di lavoro da assegnare ai rifugiati, che potrebbero rendersi utili proprio a New York, città che lamenta da mesi carenza di forza lavoro in molti settori.

Un contesto che rischia di favorire soltanto Donald Trump, che ha gioco facile a puntare il dito contro il suo successore e ad affermare che le cose si risolverebbero con le maniere forti, anche se certi fenomeni di mala gestione erano presenti anche durante la sua presidenza.

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