Dopo giorni estenuanti di negoziati al Consiglio di sicurezza, gli Stati Uniti hanno accettato il passaggio di una risoluzione sugli aiuti umanitari che consenta a Tel Aviv di controllare l’ingresso degli aiuti umanitari. Usa e Russia, membri permanenti, si sono astenuti.

Il testo, molto diluito rispetto a quello proposto dai paesi arabi e già rifiutato da Washington, «dice della gravità della situazione», ha detto l’ambasciatrice americana all’Onu, Linda Thomas-Greenfield. Ha aggiunto: «Israele e Hamas devono rispettare il diritto internazionale umanitario».

Con la complessa danza sulle parole della risolzuione, Washington sta erodendo la già scarsa credibilità del palazzo di Vetro in generale e sta relegando a un ruolo ormai marginale perfino il Consiglio di sicurezza, il “governo” del mondo per le emergenze. Un frutto avvelenato e collaterale di una delle guerre più sanguinose della storia.

La campagna militare israeliana a Gaza, dicono gli esperti interpellati dalla Ap, è ora tra le più letali e distruttive della storia recente. In poco più di due mesi, l'offensiva ha provocato più distruzione della distruzione di Aleppo in Siria tra il 2012 e il 2016, di Mariupol in Ucraina o, in proporzione, del bombardamento alleato della Germania nella Seconda guerra mondiale.

Ha ucciso più civili di quanti ne abbia uccisi la coalizione guidata dagli Stati Uniti nella sua campagna triennale contro lo Stato islamico. Questi i dati su cui l’occidente deve riflettere se vuole fermare un conflitto che rischia di sconvolgere ulteriormente il già precario equilibrio internazionale e i meccanismi del diritto internazionale nati dopo il secondo conflitto mondiale per volontà proprio degli Usa.

L’allarme carestia

Intanto l'Onu, sebbene paralizzato, ha la forza di denunciare: più di mezzo milione di persone a Gaza – un quarto della popolazione –  rischiano di morire di fame, secondo un rapporto stilato da varie agenzie delle Nazioni Unite e ong.

Secondo i dati del rapporto, la difficoltà a procurarsi da mangiare tra la popolazione ha superato quanto è avvenuto in Afghanistan e Yemen negli ultimi anni. Il rapporto – citato dal Guardian – avverte che il rischio di carestia «sta aumentando ogni giorno», imputando la fame agli aiuti insufficienti che entrano a Gaza.

Il rapporto pubblicato da 23 agenzie Onu e non governative ha rilevato che l'intera popolazione di Gaza è in crisi alimentare, con 576.600 persone a livelli "catastrofici" di fame.

Israele ha colpito aree sicure

Israele ha colpito almeno tre località a Gaza verso le quali aveva ordinato ai civili di evacuare. Lo ha rilevato un'analisi della Cnn e del Nyt. Il primo dicembre, le Forze di Difesa Israeliane (Idf) hanno pubblicato una mappa di Gaza - divisa in 623 blocchi numerati - che indica le aree che i militari avrebbero colpito prossimamente e le aree in cui i civili dovevano fuggire.

La mappa è stata descritta in volantini distribuiti ai civili dall'Idf come «un modo sicuro per preservare la vostra sicurezza». Usando video online, immagini satellitari e notizie locali, Cnn ha verificato tre attacchi israeliani in aree in cui ai cittadini era stato detto di spostarsi. Errore o strategia del terrore? Ma c’è di più.

Israele ha sganciato centinaia di bombe da 2mila libbre (oltre 907 kg), molte delle quali in grado di uccidere o ferire persone a più di 300 metri di distanza: lo sostiene l'analisi della Cnn e della società di intelligenza artificiale Synthetaic.

 Le immagini satellitari dei primi giorni di guerra rivelano più di 500 crateri da impatto di oltre 12 metri di diametro, coerenti con quelli lasciati dalle bombe da 2.000 libbre. Sono quattro volte più pesanti delle bombe più grandi che gli Stati Uniti hanno sganciato sull'Isis a Mosul, in Iraq.

Marc Garlasco, ex analista dell'intelligence della difesa statunitense, ha affermato alla Cnn che l'intensità del primo mese di bombardamenti israeliani a Gaza «non si vedeva dai tempi del Vietnam». La densità della popolazione di Gaza è più alta che in qualsiasi altro posto sulla terra, quindi l'uso di munizioni così pesanti ha un effetto profondo.

«L'uso di bombe da 2.000 libbre in un'area densamente popolata come Gaza significa che ci vorranno decenni prima che le comunità si riprendano», ha affermato John Chappell, difensore e membro legale di Civic, un gruppo con sede a Washington concentrato sulla minimizzazione dei danni ai civili nei conflitti.

Le trattative in salita

E le trattative? Funzionari del Mossad stanno discutendo altre proposte per convincere Hamas ad un negoziato che porti ad un nuovo scambio di ostaggi. Una delle possibilità studiate - e alle quali Hamas si oppone perché chiede la cessazione delle ostilità in cambio del rilascio totale degli ostaggi - è quella di una tregua di circa 2 settimane in cambio di decine di ostaggi.

Intanto il presidente russo Vladimir Putin e il presidente palestinese Abu Mazen hanno discusso del conflitto in Medio Oriente, inserendosi nei varchi lasciati aperti dall’intransigenza israeliana che paralizza anche la diplomazia americana. Putin ha espresso sostegno agli sforzi dell'Anp, ha parlato delle iniziative per una de-escalation e ha promesso di continuare a inviare aiuti umanitari a Gaza.

Il presidente russo ha inoltre confermato l'invito ad Abu Mazen a visitare la Russia icosì come aveva fatto in precedenza con una delegazione di Hamas. E così il cerchio si chiude, con la paralisi all’Onu e il ritorno della Russia in Cisgiordania.

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