Il dibattito tra il governo federale e il Texas sulla questione migratoria non è mai stato sereno. Da tempo però c’è uno scontro aperto che si gioca sul piano giuridico ma soprattutto politico. Il tema è: chi controlla i flussi migratori, la polizia di frontiera nazionale oppure le forze dell’ordine del Lone Star State?

Per questo il Texas aveva varato nei mesi scorsi una legge che autorizza la polizia ad arrestare tutte quelle persone sospettate di essere entrate illegalmente.

Non solo: i giudici dello stato posso incarcerare gli imputati fino a sei mesi e possono ordinar loro di tornare in Messico. Secondo il dipartimento di giustizia, è una violazione della Costituzione, che assegna al governo nazionale il controllo dei flussi migratori.

Com’era scontato, la questione è finita in tribunale. Nella giornata di martedì la Corte Suprema federale ha emesso una sentenza che consentiva il ritorno in vigore della legge texana in attesa del dibattito nelle corti inferiori su ogni singolo punto.

Mentre i vertici dello stato, a cominciare dal governatore Greg Abbott, avevano già esultato per il riconoscimento di una prerogativa che spetterebbe al Texas, una corte d’appello bloccava nuovamente tutto mentre veniva avviato un dibattito d’emergenza.

Insomma, un pasticcio legale che complica ancora di più il livello di scontro tra uno stato e il governo federale, senza risolvere nulla.

Ancora più a destra

Nell’ultimo periodo il Texas, da oltre trent’anni un bastione del conservatorismo repubblicano, si è spostato ancora più a destra. Alcuni vecchi conservatori come lo speaker della Camera dei Rappresentanti texana Dade Phelan e il senatore John Cornyn pur essendo molto lontani dai democratici non disdegnano, quando necessario, di collaborare con loro su progetti di interesse generale.

Al contrario la fazione ultratrumpiana capeggiata dal vicegovernatore Dan Patrick e dal procuratore generale Ken Paxton. Quest’ultimo è sopravvissuto a un impeachment relativo a varie accuse di corruzione e da allora sintetizza così il suo lavoro: «Entro in ufficio e faccio causa al governo federale».

Perché per questa fazione estremista è particolarmente importante che il problema rimanga il più possibile al centro dell’attenzione proprio perché lo stesso Donald Trump è percepito come il più credibile nell’affrontare l’emergenza dall’opinione pubblica.

Quindi se il problema permane, Biden sarà sempre più in difficoltà. Una linea rischiosa ma che al momento sta pagando: secondo alcune rilevazioni il problema ormai è sentito anche in territori come il New Hampshire.

Lo scorso febbraio, infatti, il governatore Chris Sununu, un moderato che ha sostenuto Nikki Haley alle primarie, ha chiesto e ottenuto che l’assemblea statale votasse per istituire un fondo aggiuntivo di 850mila dollari per inviare quindici soldati della Guardia Nazionale statale per aiutare il collega Abbott.

Un sostegno a dir poco simbolico che però testimonia come la questione unifichi il campo conservatore. Nemmeno lo stesso Trump ci sta riuscendo.

Ecco spiegata la ragione per cui la lunga trattativa che si è svolta al Senato per lunghi mesi sull’approvazione di una riforma complessiva del sistema alla fine abbia prodotto un nulla di fatto, nonostante l’amministrazione di Joe Biden avesse di fatto accettato di tornare ad adottare molti provvedimenti dell’epoca di Trump, compreso la modalità di far attendere i migranti in territorio messicano.

Anzi, i repubblicani alla Camera hanno alzato il livello dello scontro, votando di strettissima misura per l’impeachment del segretario alla Sicurezza nazionale Alejandro Mayorkas con accuse fumosissime che servono solo a tenere l’amministrazione Biden sulla graticola mediatica.

La Casa Bianca

Ad ogni modo la Casa Bianca non può permettersi di aspettare nemmeno per lanciare una campagna a livello nazionale che faccia propria le parole d’ordine adottate dal deputato Tom Suozzi, fresco vincitore di un’elezione suppletiva per un seggio vacante nello stato di New York.

Suozzi ha rovesciato la questione sui repubblicani, affermando che, mentre i dem vogliono cercare un’intesa senza ideologismo, loro vogliono esacerbare la situazione per avvantaggiare Trump nei sondaggi.

La ragione è che ci sono anche pressioni diplomatiche a cui Biden deve fare fronte: un comunicato del ministero degli esteri messicano ha condannato l’approvazione della legge texana, negando quindi che il Lone Star State abbia l’autorità per deportare suoi cittadini.

Quindi la questione andrebbe risolta nel più breve tempo possibile per far sì che un messaggio pragmatico come quello di Suozzi diventi quello prevalente dei democratici, che per ora continuano ad avere la nomea, spesso ingiusta, di sostenitori delle “porte aperte”.

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