La fine del “Terzo Polo” può essere una buona notizia per l’Italia. L’idea di un centro autonomo era un progetto velleitario che, nei fatti, ha favorito la vittoria della destra (e di una destra estrema). Il fallimento dell’operazione va ben oltre il carattere di Calenda e Renzi.

È elettorale: alle politiche il “Terzo Polo” è risultato solo quarto (doppiato dai Cinque stelle), addirittura sesto fra i voti di lista, e il trend deludente si è poi accentuato alle amministrative, anche per via un assetto normativo saldamente bipolare. Ed è un fallimento politico: la scommessa di Carlo Calenda e Matteo Renzi era (ricordate?) che dopo le elezioni si potesse fare una larga coalizione o, comunque, che la destra sarebbe durata pochi mesi. La destra, vincitrice annunciata, ha invece composto rapidamente il governo e la sua coalizione non accenna a sfaldarsi, al netto di fisiologiche frizioni.

Questa destra rischia di fallire l’obiettivo del Pnrr, ha ricette regressive sul fisco, sull’ambiente, sul welfare e sul lavoro, è corporativa in economia, ha venature oscurantiste nella ricerca, fa demagogia sulla pelle delle persone (i migranti), e sui diritti civili sta mettendo l’Italia su un sentiero di democrazia illiberale sulla falsariga dell’Ungheria e della Polonia.

Si può però sconfiggere: costruendo un’alleanza che, con il Pd di Elly Schlein come perno, vada dai Cinque stelle ai liberali progressisti. Molti di questi sono già in +Europa, o nello stesso Pd, e altri potranno aggiungersi adesso, senza più i veti, i personalismi e le velleità del “Terzo Polo”. Vi sono motivi di merito, non solo elettorali. Per continuare a essere un paese avanzato, l’Italia ha bisogno di politiche che favoriscano l’innovazione tecnologica in direzione della conversione ecologica e dell’economia della conoscenza; ha bisogno di valorizzare l’istruzione e la ricerca, così carenti nel nostro paese; ha bisogno di una pubblica amministrazione che funzioni, ben finanziata, e di una riforma del sistema fiscale che aumenti la progressività, contrasti l’evasione e sposti il carico dal lavoro alla rendita; ha bisogno di imprese che competano non sulla riduzione dei costi ma su innovazione e qualità, cosa favorita da un lavoro stabile e ben pagato; ha bisogno di contrastare le disuguaglianze, specie territoriali e di genere, talmente gravi da noi che frenano la crescita; ha bisogno di aprirsi, come nelle fasi migliori della sua storia, e deve partecipare attivamente alla riforma dell’Europa, in senso federale, per superare le inefficienze dell’attuale assetto inter-governativo.

C’è una parte del mondo delle imprese e dei liberali che avrebbe tutto l’interesse a costruire, su questi temi, un’alleanza organica con il centro-sinistra, che sia anche una prospettiva concreta di governo volta all’innovazione e al benessere.

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