La dodicesima edizione del festival internazionale di fotografia Cortona On The Move riflette su autorialità, punti di vista e legittimità accoglie i visitatori dal 15 luglio al 2 ottobre 2022 con decine di mostre, talk, letture portfolio, conferenze, workshop e COTM On Stage, una serata spettacolo inedita. Alexander Chekmenev è intervenuto nei giorni scorsi al Cortona On The Move.


Le guerre iniziano sempre nel momento sbagliato. Quando è iniziata l’invasione russa, mi trovavo in una situazione finanziaria difficile: ero davvero senza soldi. Sono rimasto chiuso a casa mia, intrappolato sulla riva sinistra del Dnipro, il fiume che divide Kiev in due. Mia figlia di 16 anni vive con la madre sulla riva destra. Non c'era modo di raggiungerla.

La gente aspettava per ore cercando di attraversare il centro e andare dalla riva sinistra alla destra, nel caos totale. Altri fuggivano dalla capitale, nel timore di un'occupazione.  

Ho chiesto a mia figlia di lasciare Kiev, ma all’inizio ha rifiutato.

Nemmeno quando hanno visto gli elicotteri militari russi fuori dalla loro finestra lei e la madre sono partite: al contrario, hanno iniziato a lavorare come volontarie, preparando e consegnando cibo ai soldati ai posti di blocco.    

A Kiev tutti si preparavano all’invasione, civili e militari. C'erano file di volontari fuori dai centri di arruolamento militare. 

Roman Kryvytsky, 38 anni, è  il proprietario di un club di arti marziali a Kiev, dove insegna karate a circa 200 studenti. Si è unito alle Forze di Difesa Territoriali il giorno che i battaglioni russi hanno attraversato i confini dell'Ucraina. Non aveva mai maneggiato un’arma.

Molti si aspettavano che le truppe russe entrassero a Kiev da un momento all’altro e che si scatenassero battaglie di strada.

Kateryna Hryshchenko, 23 anni, cameriera al Pizza Sushi 33, 12 ore dopo l'invasione russa si è presentata ad un centro di reclutamento dell’esercito. Mi ha detto che ci ha messo così tanto perché non riusciva a trovare il suo passaporto

Serhiy Kuliasov, 46 anni, è un informatico. Dopo l’invasione con sua moglie ha creato  una cucina da campo in un quartiere sulla riva sinistra della capitale, lavorando con più di 150 volontari per preparare 7.000 pasti al giorno.

Anche Maksym Skubenko a 30 anni non aveva mai maneggiato un’arma ma quando si è offerto volontario un istruttore gli ha insegnato le cose essenziali, cominciando con le molotov per poi  sparare i missili anticarro.

Fotografia per combattere

Per quello che mi riguarda, la sola arma che so maneggiare è la mia macchina fotografica.
Così ho sentito il dovere di documentare tutto. La fotografia è il mio modo di combattere.

Durante la prima settimana di guerra, la mia fidanzata e la figlia di dodici anni sono state nel mio appartamento. Durante le esplosioni e le sirene antiaeree ci nascondevamo nella mia camera oscura.

Dopo qualche giorno il panico della bambina è esploso: piangeva e urlava dicendo che non voleva morire.

Sono stati giorni durissimi. E mentre riflettevo sulla fine che sembrava imminente, mi sono venuti in mente i miei negativi. Quelli delle foto che ho scattato negli anni.

Li avevo già digitalizzati, così ho passato giorni a caricare terabyte di dati su Google Drive. Poi ho consegnato il codice di accesso ai miei parenti.

Come fotografo e come uomo, credo ci sia un ordine preciso in questi casi. La prima cosa da fare è mettere in salvo donne e bambini. Poi bisogna salvare l'archivio fotografico. Soltanto dopo posso pensare a me stesso.

A guerra iniziata, mi ha chiamato il New York Times Magazine e mi ha chiesto di realizzare alcuni ritratti.
Per anni avevo scattato immagini di senzatetto: è stato naturale pensare di continuare con quello stile. Dal 24 febbraio, d’altronde, molti ucraini sono diventati letteralmente "senza tetto".

Dall’impiegato delle poste al dirigente di banca.

Natalia Dolinska è diventata senza tetto dopo che un ordigno russo ha distrutto la sua abitazione. Ha iniziato a lavorare come volontaria per un’organizzazione che distribuisce il cibo.

Liubov Tymchenko di 17 anni,  e il suo fidanzato Maksym Pavliuk di 20 e il loro gatto hanno vissuto a lungo nella metro. Uscivano solo per andare a caricare il telefonino e vedere se le loro abitazioni sono ancora intatte.

Anche Valeria Ganich ha vissuto per settimane nella stazione della metro. Non sarebbe riuscita ad andare avanti e indietro tra il suo appartamento e il rifugio ogni volta che le sirene suonavano, quindi ha preferito stare direttamente sottoterra.

Ho iniziato a scattare a Kiev, per poi spostarmi nei territori liberati a nord della capitale.

Verso Bucha

La prima tappa è stata la tristemente famosa Bucha. Sono arrivato con un gruppo di 300 cento giornalisti, e ci hanno mostrato i corpi mutilati e bruciati di sei civili gettati in una discarica.

Man mano che mi muovevo in giro ho iniziato a conoscere persone meravigliose.

Una donna di 60 anni, Vera Ivaschchenko, aveva vissuto per 50 anni nella casa costruita dal padre. Quando l’ho incontrata di quella casa non restavano che una stufa e qualche muro: dopo l’impatto con una granata, tutto aveva preso fuoco.

Nel suo cortile gli occupanti russi avevano piazzato carri armati, e i vicini scavavano trincee per fare un quartier generale per l’esercito. Appeso alla recinzione c’era ancora la pelle del cadavere di un cane, ucciso e ammazzato dai soldati.

«La terra ci nutrirà», mi ha detto Vera, che stava provando a piantare un orto.

Di tutte le cose che aveva nella cantina, le marmellate erano la sola cosa che si era salvata: ha insistito per regalarmele, a me e a tutti quelli che passavano a visitarla.

Le storie che ho sentito in quei giorni non potrò mai dimenticarle.

Greniuk Sergey, 40 anni, è un autista di autobus di Moshchun, a 20 chilometri da Kiev.
Il 16 marzo, tre soldati russi sono entrati nel suo cortile e hanno ucciso a bruciapelo l’amico che era con lui, con due colpi di mitragliatrice. Lo stesso Sergei è stato colpito tre volte - alla scapola, al braccio e alla gamba - dopo di che è crollato sul pavimento di casa. È rimasto a terra per sei giorni prima che i soldati ucraini lo trovassero e mettessero in salvo.

 A cinque metri dalla porta di casa di Sergei ho visto una buca appena scavata dove il suo amico era stato frettolosamente sepolto.

Nel villaggio di Lisove, nel distretto di Polessky, ho incontrato una sopravvissuta: Korzh Raisa Mikhailovna, 65 anni. 

Tre veicoli blindati sono entrati nel suo cortile, un giorno: a bordo un gruppo di trenta Buryat - soldati di origine siberiana. Volevano caricare Raisa su un blindato e portarla via.

In ginocchio li ha supplicati di non farlo, e di salvare la casa: sapeva che avevano già saccheggiato e dato alle fiamme molte case del villaggio.

Tre buryat sono entrati, uno ha mangiato le torte che erano sul tavolo, ha rovesciato e rotto tutti i mobili e ha sparato al televisore con una mitragliatrice. Lei era in piedi in cucina nell'angolo e pregava di non essere uccisa, quando all'improvviso hanno iniziato a colpirla. Un soldato le ha trafitto la mano con una baionetta e poi metodicamente ha iniziato a prenderla a martellate in testa finché non ha iniziato a perdere conoscenza.
L'hanno picchiata perché volevano le chiavi di un quad, che lei non però non aveva.

L’incubo è durato tre ore. Alla fine, quando i soldati se ne sono andati, sono arrivati a soccorrerla i vicini.

Nella regione di Chernigov una donna incontrata per strada ha insistito per invitarmi a casa sua: voleva mostrarmi il seminterrato dove il figlio quarantenne è morto a causa di un bombardamento.

Abbiamo chiacchierato a lungo, ma lei non ha voluto essere fotografata: nessuno ha bisogno del mio dolore, ha detto.

Quando le ho detto che la foto non è per noi, ma che il ricordo servirà alle prossime generazioni, e che per questo dovrebbe rimanere nel libro che sto progettando di pubblicare in Europa per mostrarlo in tutto il mondo, ha accettato di farsi fotografare.

Ha aggiunto anche che vorrà comprare il libro, quando sarà pronto.

Sono momenti come questi che ci fanno capire il potere della fotografia e delle storie. E vanno cercate adesso perché in seguito le strade saranno pulite e le case in rovina riparate.

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