Che il trentaseienne Lionel Messi, sballottolato in un tour di pochi giorni tra Stati Uniti, Arabia Saudita e Giappone a caccia di sponsorizzazioni milionarie per i suoi Inter Miami, salti uno dei match promozionali per un affaticamento ci sta tutto.

Ma se la partita in questione si disputa nella Hong Kong di cui il Partito comunista cinese ha appena riconquistato il pieno controllo, lo sgarbo della Pulce, vero o presunto tale, rischia di diventare un caso politico.

Anche perché ieri –  dopo che domenica aveva deluso i tifosi del Porto profumato – a Tokyo al 61esimo minuto il campione argentino ha sostituito David Ruiz e per una trentina di minuti ha giocato l’amichevole contro i Vissel Kobe, irritando oltremodo i fan e le autorità hongkonghesi e i nazionalisti in Cina.

Poco prima, l’otto volte Pallone d’oro aveva dichiarato: «Non ho potuto partecipare alla partita di Hong Kong ed è un peccato perché voglio sempre partecipare, soprattutto quando viaggiamo così lontano e le persone sono così entusiaste di vederci».

Anche la sua squadra ha provato a metterci una pezza: «Siamo obbligati a ribadire la realtà di questo tipo di infortuni sportivi» (al tendine del ginocchio, ndr), alla luce dei continui «titoli e commenti negativi nei confronti delle diverse parti interessate», ovvero degli stessi Inter Miami, e degli organizzatori.

Dagli spalti la protesta si è spostata su Weibo, il Twitter locale: dopo l’apparizione di Tokyo, i cinesi pretendono le scuse, di Messi e dell’Inter Miami.

Domenica sera erano arrivati in 40 mila per vedere il campione argentino, altrettanti avevano assistito al suo non allenamento. La partita con gli Hong Kong XI è finita 4-1 per gli statunitensi ma gli occhi di tanti spettatori sono rimasti fissati sulla panchina dalla quale Messi non s’è mai alzato.

Il costo di un biglietto andava da 880 a 4.880 dollari hongkonghesi (100-550 euro circa). Così ai cori “Vogliamo Messi!”, sempre più insistenti con lo scorrere dei minuti, sono seguite bordate di fischi, “buuu” e slogan per chiedere il rimborso dei tagliandi.

A fine gara Messi non è andato a stringere la mano a John Lee Ka-chiu, l’ex funzionario di polizia candidato unico eletto nel 2022 a capo del governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong, gran cerimoniere di quello che doveva essere uno dei principali eventi-spot per il rilancio del turismo post Covid e che la defezione dell’ex attaccante del Barcellona ha trasformato in un fiasco.

Nella Cina continentale, ieri la rabbia continuava a scorrere sui social, con reazioni indignate e, in alcuni casi, deliranti. Come quella di un post, tra i più cliccati, che collega l’occhio tatuato sul bicipite destro della Pulce (che raffigura quello della moglie Antonella, ndr) al Mossad, a Jeffrey Epstein e a una élite che controllerebbe il pianeta.

Virali anche le immagini di Messi in versione fante dell’esercito invasore nipponico armato di katana, oppure con la maglia dell’Argentina ma col cappello del soldato e la bandiera giapponese sul petto. E anche l’acronimo YSKM (you should kill Messi). Altri si sono limitati a solidarizzare con i “compatrioti” di Hong Kong, che si sarebbero lasciati imbrogliare da Messi e dal suo team.

La propaganda di Donald Trump contro la Cina durante il Covid, tre anni di chiusura delle frontiere nazionali e l’embargo hi-tech degli Stati Uniti hanno infiammato il nervo scoperto del nazionalismo, pronto a esplodere contro il Giappone, il cui esercito prima e durante la Seconda guerra mondiale si è macchiato di crimini come lo stupro di Nanchino e gli esperimenti su cavie umane dell’Unità 731 al comando di Shiro Ishii.

A Lee non è rimasto che scaricare le responsabilità sugli organizzatori di Tatler Asia –  rea di aver danneggiato l’immagine della città –  che probabilmente dovrà risarcire i tifosi.

Il tabloid nazionalista Global Times ha fatto spiegare a uno di loro, “arrivato dalla provincia del Guangdong”, il motivo del disappunto cinese: «Quello che mi fa arrabbiare di più non è il fatto che Messi non possa giocare, ma la sensazione di non essere stato rispettato».

Ma il “chief executive” ha aggiunto che la figuraccia ha lasciato ai funzionari una migliore comprensione di ciò che dovrà essere incluso nei contratti per i mega eventi: «In futuro garantiremo che sia assicurata la giusta protezione degli interessi di Hong Kong, ad esempio avendo un piano di emergenza ben preparato prima dell’evento reale».

Se Messi non potrà giocare, scenderà in campo un sosia, oppure sarà proiettato sul terreno di gioco un ologramma?

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