Nella prima serata di domenica il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, ha gelato quanti si auguravano che il cessate il fuoco si stesse finalmente avvicinando dopo quasi una settimana di escalation a Gaza, che ha fatto finora oltre 190 morti nella Striscia e 10 in Israele. L’operazione va avanti «a pieno regime», ha detto Bibi, e «prenderà ancora del tempo». Secondo l’esercito israeliano i miliziani di Gaza hanno lanciato 190 razzi in 12 ore domenica, e continuano i raid su Gaza.

Ma nel frattempo si moltiplicano i tentativi di mediazione, con il re giordano Abdullah che parla di intensa attività diplomatica in corso per bloccare le ostilità e lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres che riferisce di un tentativo di «indurre tutte le parti in causa a un cessate il fuoco immediato».

La fase più delicata

Ma proprio questa fase della guerra, in cui entrambe le parti vogliono assestare colpi importanti prima di entrare nella fase del negoziato, è la più pericolosa secondo l’analista israeliano Ari Shavit. «Fino a venerdì notte l’esercito israeliano si è comportato in maniera molto professionale ed efficace, causando danni importanti ad Hamas con operazioni pulite, riuscendo a limitare le vittime civili», dice l’autore di La mia terra promessa (Sperling & Kupfer), uno dei migliori libri su Israele tradotti in italiano. «Questo è stato possibile grazie a un ottimo lavoro di intelligence, ma 48 ore fa le cose sono cambiate, e gli obiettivi facili da colpire limitando le vittime stanno finendo. È una fase pericolosa, tant’è che molti nell’establishment israeliano volevano fermarsi, ma non Netanyahu».

La fase pericolosa sta già mietendo molte vittime. Nelle primissime ore della mattinata di domenica, l’aviazione israeliana ha colpito due case in una zona residenziale di Gaza, uccidendo 42 persone, fra cui molte donne e bambini. L’attacco si è verificato nell’unico quartiere in tutta la striscia che si può considerare quasi di lusso: quello di Rimal, nel centro di Gaza City.

I palazzi più alti hanno vista sul mare e Palestine Square, la piazza principale vicino alla città vecchia con al centro un carro armato israeliano catturato dai miliziani in un recente conflitto come “monumento”, dista poco più di mezz’ora a piedi.

Secondo il ministero della Salute di Gaza diversi altri raid israeliani avrebbero fatto vittime civili nella notte, in altre zone di Gaza, mentre su Tel Aviv si abbatteva la più recente scarica di missili, preannunciati dai miliziani.

Continuano gli scontri

Le violenze continuano anche nel resto del paese, nelle città miste fra arabi ed ebrei, anche se con intensità lievemente minore rispetto ai giorni scorsi.

A Gerusalemme un’auto si è scagliata contro degli agenti della polizia israeliana ferendone 7, ucciso invece l’assalitore palestinese. L’attentato è avvenuto a Sheikh Jarrah, il quartiere di Gerusalemme est da cui è scaturita l’escalation in corso, per via di delle case contese. Yair Lapid, il leader dell’opposizione, ha accusato Netanyahu di alimentare l’offensiva per interessi politici interni.

«Viene da chiedersi perché gli incendi scoppino sempre quando conviene al primo ministro», ha detto. Avigdor Lieberman, un ex sodale di Netanyahu ma ora sua avversario agguerrito, ha detto che «Machiavelli dovrebbe prendere lezioni private da Netanyahu».

Entrambi alludono al congelamento dei negoziati per “il governo del cambiamento”, che avrebbe dovuto sostituirlo, a causa della guerra.

Nella serata di domenica Netanyahu è anche intervenuto per difendere l’attacco israeliano contro la torre che ospitava gli uffici di Al Jazeera e Associated Press, avvenuto sabato in seguito a un avviso diramato dall’esercito.

Il premier ha ribadito la linea dei generali secondo cui il palazzo ospitava anche uffici degli apparati di intelligence di Hamas, ed era dunque un obiettivo legittimo. Il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, è però intervenuto per ricordare quanto la presenza di giornalisti in zone di conflitto rimanga “indispensabile”. Vale la pena di notare come da martedì, il giorno in cui si impennata l’escalation di violenze, il governo israeliano non permette l’ingresso a giornalisti stranieri dal valico di Erez (quelli israeliani non possono andarci mai, perché è troppo pericoloso). Altro motivo di tensione con la stampa straniera è stato l’attacco israeliano ai tunnel di Hamas – si sospetta i portavoce dell’esercito abbiano volutamente indotto i giornalisti a pensare che stesse cominciando un’invasione di terra, per aumentarne l’efficacia.

Le elezioni palestinesi

Secondo Neri Zilber, autore del libro State with no army, army with no state sugli apparati di sicurezza palestinese, Hamas ha alzato il livello dello scontro anche a causa del rinvio delle elezioni palestinesi. «Fatah si presentava con tre diverse liste divise, dunque gli islamisti di Hamas avevano buone chances di fare bene. Una volta sfumata questa opportunità, sono entrati a gamba tesa sulle tensioni di Gerusalemme», dice.

«Ma se ora capiscono che il conflitto rallenta nelle altre aree, cioè smette di coinvolgere le altre compagini della popolazione palestinese dentro Israele, a Gerusalemme e in West Bank, forse allora saranno più interessati a un cessate il fuoco».

 

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