Tra Stati Uniti e Cina è in atto una battaglia per la supremazia globale. Questa competizione per l’influsso e la leadership si sta svolgendo in vari campi economici, ma con più evidenza nel settore della tecnologia. Negli ultimi anni si è parlato di una nuova “guerra fredda tecnologica”, ma l’analogia è fuorviante: semplifica eccessivamente le dinamiche in gioco, e non c’è niente di freddo al riguardo.

Il confronto è caldo e feroce e si svolge in tempo reale. Washington e Pechino si scambiano colpi su vari campi di battaglia con vari gradi di intensità. L’Europa è già finita nel fuoco incrociato del 5G e le cose probabilmente peggioreranno.

La fornitura tecnologica e le catene del valore sono state progettate per essere efficienti e redditizie mediante l’interdipendenza e la produzione globale altamente specializzata.

Le aziende europee sono parte integrante di questo accordo: sono profondamente radicate nelle catene del valore e occupano i punti critici in tutto, dalle reti di accesso radio all’ottica litografica usata nella produzione di semiconduttori.

Il nazionalismo tecnologico, però, è in ascesa e il disfacimento delle strutture esistenti è già incominciato. La crisi del coronavirus ha accelerato questa tendenza. Nella ripresa dalla pandemia, che ha colpito duramente l’economia mondiale, gli stati riordineranno i propri interessi e priorità. L’Europa ha bisogno di trovare un nuovo posto nelle dinamiche emergenti.

La battaglia dei fornitori

All’inizio Washington non è riuscita a far pressione sui suoi alleati, al fine di vietare al fornitore cinese Huawei e al suo concorrente statale Zte il lancio delle reti di telecomunicazione 5G. I leader europei erano riluttanti a fare una mossa decisa contro le aziende che erano state partner importanti per anni ed erano una parte fondamentale dei loro sistemi 3G e 4G. Ma i funzionari americani hanno spiegato che i fornitori cinesi rappresentavano un serio rischio di sicurezza per l’infrastruttura di comunicazioni europea.

Tuttavia, i campioni della tecnologia cinese, in particolare Huawei, hanno fatto propri i punti di forza di un ecosistema tecnologico che potrebbe competere con quello della Silicon Valley. Sono cresciuti spesso beneficiando di massicci sussidi statali, di condizioni favorevoli del mercato interno in Cina, del furto di proprietà intellettuale, di trasferimenti forzati di tecnologia e enormi quantità di capitale sostenuto dallo stato per la ricerca e lo sviluppo, cosa che ha dato impulso all’innovazione locale.

Washington ha enormi incentivi per rallentare l’erosione del dominio tecnologico statunitense e il più ampio spostamento di potere verso la Cina, specialmente nel mezzo di una pandemia che ha arrestato gran parte dell’economia americana.

Per contenere la Cina sul fronte tecnologico, il dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha presentato l’ultima di una lunga serie di misure: ulteriori restrizioni alle vendite di microchip a Huawei e alle sue controllate. Con questa mossa l’Ufficio dell’Industria e della sicurezza (Bis) del dipartimento ha inferto un duro colpo al campione tecnologico cinese.

Il Bis ha deciso che, oltre alle restrizioni sulle vendite dirette a Huawei, avrebbe richiesto anche all’azienda di fare domanda per la licenza d’acquisto di semiconduttori che sono “il prodotto diretto della progettazione e della tecnologia statunitensi”.

I semiconduttori sono fondamentali per la filiera di Huawei e sono anche una delle ultime strettoie che limitano le ambizioni tecnologiche della Cina, dal momento che la capacità del paese di produrli in massa si limita ad appena qualche azienda. Quindi l’ultima manovra legale ha come bersaglio in particolare il produttore taiwanese di semiconduttori Tsmc, che vale più del 50 per cento delle vendite globali. L’azienda si è spostata al centro del confronto tra Stati Uniti e Cina, poiché Huawei necessita di microchip altamente performanti per realizzare le sue ambizioni 5G.

Per anni l’argomento più convincente di Huawei è stato che può fornire prodotti di alta qualità in modo rapido e a basso costo. Ora questo è diventato molto più difficile per l’azienda. Tutte le implicazioni della decisione del Bis americano non sono ancora chiare.

La Cina è un concorrente economico che sta uscendo dalla prima fase della pandemia prima degli altri a causa della natura autoritaria del suo regime e anche del suo alto grado di digitalizzazione (che è alla base dei sistemi di sorveglianza usati dal governo).

La reazione di Pechino

La leadership cinese ha annunciato i primi pacchetti di stimolo per compensare le perdite economiche causate dal lockdown, mettendo al centro di queste misure il lancio del 5G e la costruzione dei data center. L’introduzione a livello nazionale del 5G con fino a 600.000 stazioni base - annunciata a fine marzo - potrebbe dare alle aziende cinesi un enorme vantaggio competitivo sui loro rivali nella spinta a digitalizzare l’economia. La Cina ha anche deciso che spenderà 1400 miliardi di dollari per potenziare il settore tecnologico nei prossimi cinque anni.

Huawei si aspettava da tempo un deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Cina e quasi certamente ha una scorta significativa delle forniture più critiche ma, nei rapidi cicli di innovazione del settore tecnologico, queste sono utili solo per un periodo limitato di tempo. E non è chiaro quanto dureranno le forniture o quanto velocemente le aziende cinesi saranno in grado di fornire soluzioni locali al problema.

L’ultima mossa del Bis renderà Huawei meno internazionale e più cinese. L’azienda dovrà dare la priorità all’enorme mercato domestico 5G, anche a scapito dei clienti di altri luoghi. Di conseguenza, la capacità di Huawei di adempiere ai contratti è diventata un’altra considerazione importante per gli operatori e i governi europei, nel momento in cui decidono la composizione della loro nuova infrastruttura di rete.

Affidarsi a Huawei è diventata una scommessa rischiosa non solo in termini politici e di sicurezza, ma anche dal punto di vista economico.

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