Questa doveva essere la settimana delle mutazioni. Non del virus, ma degli assetti multilaterali: una importante ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) era l’occasione per sbloccare la deroga sui brevetti dei vaccini, osteggiata dall’Ue, e pure per discutere la riforma della Wto stessa. Al contempo l’Organizzazione mondiale della sanità (Who) ha appena finito di discutere di una nuova governance dell’èra pandemica. L’arrivo della variante Omicron sta gettando scompiglio nel calendario e nei piani, ma non nella direzione che quasi tutto il mondo si aspettava.

Il paradosso Omicron

«La notizia di questa nuova variante rende ancor più evidente che la pandemia non si risolve finché non sarà vaccinato tutto il mondo». Perciò «chiedo agli stati che arriveranno alla ministeriale della Wto di sostenere la deroga sulle tutele della proprietà intellettuale per i vaccini Covid. Lo dico da aprile e muoversi rapidamente è più urgente che mai». Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è mosso con una dichiarazione ufficiale dalla Casa Bianca il 26 novembre. Ha invitato i reticenti dei brevetti, cioè Bruxelles, a ravvedersi e a cogliere il momentum. E invece no: la ministeriale prevista per il 30 è stata rinviata, paradossalmente, a causa della variante. Gli oltre cento paesi che da ottobre 2020, cominciando con India e Sudafrica, chiedono la deroga ora spingono perché si trovi un’intesa a livello di consiglio generale. «Quanto a lungo vogliamo aspettare? Come vi abbiamo sempre detto, la disuguaglianza di accesso ai vaccini aumenta il rischio di varianti più letali e trasmissibili. A quale costo tergiversiamo?», chiedono i delegati indiani. «Ne va della credibilità della Wto», nota il Sudafrica. Bruxelles intanto, come accade da mesi, resiste e insiste nel trovare soluzioni alternative. Gli Stati Uniti tentano invano di smuovere l’Ue: «Continueremo a impegnarci per una soluzione» sulla deroga.

Il trattato pandemico

Rinviato l’appuntamento clou sui brevetti, è stato invece fissato il momento in cui negoziare un nuovo trattato pandemico. Per entrambi gli appuntamenti, ministeriale Wto e riunione Who, si parla ora del mese di marzo 2022. L’Ue mette a segno così due obiettivi: tiene in ostaggio tutto il mondo per tutelare Big Pharma e allo stesso tempo avvia il suo progetto per ridisegnare la governance globale dell’èra pandemica. Il “trattato pandemico”, fortemente sostenuto sia da Berlino che da Parigi, ha come padrino il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

Come nota in un report il Geneva Global Health Hub (G2H2), «Michel ha già anticipato che questo trattato costruisce il contesto ideale nel quale rendere operativa la terza via», e cioè un’alternativa alla deroga sui brevetti che contempla il coinvolgimento diretto delle stesse case farmaceutiche. Nicoletta Dentico, coautrice del report e copresidente di G2H2, dice che «il trattato per cui l’Ue spinge serve proprio per sistematizzare un sistema ibrido di gestione della pandemia, che vede un coinvolgimento sempre più pervasivo degli attori privati».

La spiegazione ufficiale per accelerare questo progetto è che il Covid ha mostrato la necessità di un rinnovato coordinamento. Il paradosso è che già nel 2005, dopo l’epidemia di Sars, l’Organizzazione mondiale della sanità aveva rivisto i suoi assetti e concepito i Regolamenti sanitari internazionali. Regole che servono anche e proprio per evitare il blocco dei traffici globali che sta accompagnando la diffusione della variante Omicron: l’accordo del 2005 era stato siglato per «garantire la massima sicurezza contro la diffusione internazionale delle malattie, con la minima interferenza possibile sul commercio e sui movimenti internazionali». Ma le regole già esistenti non vengono applicate. Il sud globale e il Sudafrica per primo lo hanno sottolineato invano in questi giorni a Ginevra.

© Riproduzione riservata