Chiarire, soprattutto agli europei, la posizione di Pechino sulla guerra in Ucraina; rivitalizzare le relazioni con l’Ue; preparare una delicatissima visita di Xi Jinping in Russia. È piena d’impegni gravosi la missione di Wang Yi, sbarcato ieri sul Vecchio continente per fare tappa a Parigi, Roma, alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, Budapest e infine Mosca.

L’obiettivo primario del direttore della commissione affari esteri del partito comunista cinese (Pcc) è quello di rassicurare l’Unione europea, in vista di una possibile escalation bellica tra Mosca e Kiev. Pechino vuole evitare di finire sotto accusa, e “dimostrare” che la sua “partnership strategica onnicomprensiva” con la Russia non implica un sostegno all’aggressione di Putin, che pure non ha mai condannato.

È la cosiddetta “neutralità filorussa”, che le ha permesso di ignorare una guerra lontana per la quale non ha alcuna responsabilità, e che sottrae forze all’impegno di Washington contro la sua “sfida geopolitica più significativa”, la Cina stessa.

Colloquio con Blinken?

(AP Photo/Susan Walsh)

Alla 59a Conferenza di Monaco sulla sicurezza (17-19 febbraio) Wang potrebbe incontrare Antony Blinken, dopo la crisi del “pallone-spia” che ha causato l’annullamento del viaggio a Pechino del segretario di stato Usa. Wang – hanno anticipato i media cinesi – promuoverà l’immagine della Cina come “costruttrice di pace” e “risolutrice di crisi”.

Dalle dichiarazioni del numero nove nella nomenklatura del Pcc nella città bavarese e nella capitale russa (dove preparerà la visita di Xi a Mosca prevista per la primavera) potremo capire se Pechino ha in serbo qualche proposta concreta oppure si limiterà a continuare a sostenere politicamente Putin, che Xi incontrerà per la quarantesima volta negli ultimi dieci anni.

Oltre che sull’Ucraina, a Monaco Wang esporrà il punto di vista di Pechino su Taiwan, e tenterà di convincere gli europei a non assecondare la contrapposizione tra “democrazie” e “autocrazie” promossa da Biden. La Cina spera che l’Europa possa maturare la “autonomia strategica” di cui parla Emmanuel Macron perché – a Pechino ne sono convinti – gli interessi dell’Ue non coincidono con quelli degli Usa. Per questo suoi passaggi nelle tre capitali europee, Wang punta a promuovere commercio e investimenti bilaterali.

L’impotenza di Giorgia Meloni

(Sean Kilpatrick/The Canadian Press via AP)

A Pechino sono interessati a capire quanto il governo Meloni sarà influenzato da Washington. E, in primo luogo, a rendere il nostro paese più permeabile alle compagnie cinesi, contro le quali Mario Draghi ha usato più volte il “golden power” per impedire acquisizioni in settori giudicati strategici.

I colloqui con i rappresentanti del governo delle destre riguarderanno con ogni probabilità anche il protocollo d’intesa sulla nuova via della Seta sottoscritto nel 2019 dal governo gialloverde, che si rinnoverebbe automaticamente nel 2024. L’Italia è l’unico paese del G7 ad aver appoggiato la strategia di politica estera di Xi Jinping e ora l’eventuale marcia indietro – che andrebbe formalizzata da Roma - rischia di ripercuotersi negativamente sulla relazione bilaterale, proprio mentre la Germania e la Francia (che continuano a scommettere sui mercati cinesi) si sono mosse di conseguenza.

L’arrivo di Wang a Roma (dove ad accoglierlo troverà l’ex ambasciatore a Pechino Luca Ferrari) è stato preceduto da due interviste, all’Ansa e alla Rai, di Jia Guide, appena insediatosi a capo della rappresentanza diplomatica cinese di via Bruxelles. Jia ha sottolineato che per Pechino è importante che il governo delle destre confermi la decisione assunta dal primo esecutivo Conte.

Secondo l’ambasciatore, quella tra Italia e Cina sulla via della Seta «è una cooperazione tra partner naturali» e «nel corso di questo nuovo anno, i tempi per continuare a rafforzare gli incontri ai massimi livelli tra Italia e Cina sono ancor più maturi, sono fiducioso che questo promuoverà una nuova spinta per il progresso delle relazioni bilaterali».

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è sempre dichiarata contrarissima a quell’accordo e pronta a stracciarlo. Tuttavia, quell’intesa è un riconoscimento politico dell’iniziativa lanciata da Xi nel 2013, non un patto vincolante, e non ha prodotto quasi nulla, non soltanto sotto il governo Draghi, ma anche durante i due mandati di Conte. Dunque, con un viaggio a Pechino per incontrare Xi da organizzare e con in gioco gli interessi delle aziende italiane in Cina e l’interscambio bilaterale, è altamente improbabile che Meloni annunci a Wang la volontà di cestinare quell’accordo.

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