Ci voleva la causa scatenante, la più orrenda come l'omicidio di un ragazzo di 17 anni da parte della polizia, per ricordarci che le questioni irrisolte e accantonate riemergono come un fiume carsico e presentano il conto. La Francia ha un problema con le sue banlieue. Ed è il caso di aggiungere: anche con la sua polizia.

Le autorità hanno cercato di nascondere sotto il tappeto della legittima difesa ciò che il video di un passante ha smascherato: un agente punta la pistola al conducente di un auto, Nael, 17 anni, origini algerine, e lo ammazza perché ha cercato di accelerare dopo essere stato fermato per diverse infrazioni al codice della strada.

L’evidenza ha costretto il presidente Emmanuel Macron a definire la morte del ragazzo «inspiegabile e ingiustificabile». Il poliziotto che ha sparato è stato messo in stato di fermo. Da Nanterre, periferia nord-ovest, a pochi minuti dalla Tour Eiffel, il luogo del delitto, si è propagata a tutto il nord della regione parigina l’incendio della protesta con scontri violenti tra le forze dell’ordine e gli abitanti, soprattutto giovani di origine magrebina.

Non un inedito e la memoria è corsa a 18 anni fa quando due adolescenti furono fulminati da un trasformatore all'interno di una cabina elettrica a Clichy-sous-Bois dove si erano nascosti per sfuggire a una pattuglia: seguirono 19 notti di terrore con 8.720 auto date alle fiamme e 2.599 arresti.

Il tutto concentrato grosso modo nella stessa area critica di oggi che fu anche terra di reclutamento, a metà degli anni Dieci, per lo Stato islamico e furono almeno 1.500 i jihadisti che partirono dalla Francia per raggiungere la Siria e l’Iraq dove diventarono soldati dell'esercito di Abu Bakr al Baghdadi. Nella zona, anche i covi degli attentatori della notte del Bataclan.

Le banlieue. Simbolo della sconfitta del metodo di integrazione assimilazionista basato sulla mescolanza e sul motto “se vivi in Francia sei francese”, pari diritti per tutti.

Fu la promessa dell’Eldorado Europa che provocò il massiccio arrivo, soprattutto di algerini, a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta.

Meta le grandi fabbriche come la Citroen a Nanterre dove l’esplosione demografica trasformò ben presto un placido sobborgo in una bidonville. Lo sviluppo economico permise di migliorare le condizioni di vita della prima ondata di migranti, sembrava che la République potesse mantenere le promesse del benessere diffuso e della promozione sociale.

E invece lentamente la crisi economica segnò una frattura, una separazione anche fisica, i centri abitati dai francesi autoctoni e gli immigrati relegati in periferia tanto da creare aree povere e sottosviluppate a fare da corona a Parigi.

I francesi che tanto avevano criticato il modello “comunitarista” inglese, lo vedevano sorgere a casa propria, ghetti divisi a seconda della provenienza.

Senza un’occupazione, senza prospettive di futuro, gli abitanti delle banlieue vissero la loro condizione come un tradimento della promessa di essere “citoyen” con le stesse opportunità degli altri.

Diventò popolare la canzone di un rapper il cui ritornello recitava: “L’ascensore sociale si è rotto... e allora ho preso le scale”. Cresceva la delinquenza, in larghe fette di territorio le forze dell’ordine non si azzardavano più nemmeno ad entrare, lo stato centrale aveva perso la prerogativa dell’esclusività dell’uso legittimo della forza.

La svolta arrivò nel 2005, pochi mesi prima dell’episodio di Clichy-sous-Bois, esattamente il 19 luglio quando Nicolas Sarkozy, allora ministro dell’Interno e già lanciato verso la presidenza della Repubblica, disse che bisognava sbarazzarsi di questa racaille (feccia) e ripulire le banlieue con il karcher (un utensile per la pulizia industriale).

Era la luce verde per la polizia di usare le maniere forti. Cosa che sarebbe poi successa non solo durante la sua permanenza all’Eliseo ma anche successivamente.

Nello sfacelo sociale, gli immigrati di seconda e di terza generazione non sentendo come propria l’identità francese cercarono di trovarne una nelle loro origini. Predicatori senza scrupoli del jihad trovarono terreno fertile per il reclutamento di martiri e di combattenti islamisti, allargando ulteriormente la distanza tra comunità ormai sideralmente lontane.

La fine dello Stato islamico, la pandemia, la guerra in Ucraina, avevano fatto passare in secondo piano un tema che comunque covava sotto la cenere. Ed è riesploso aggravato dal sospetto di un razzismo strisciante evocato da due idoli delle masse come l’attaccante del Psg Kylian Mbappé e il portiere del Milan Mike Maignan.

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