La vicepresidente americana, Kamala Harris, è stata tolta dalla naftalina dove era sta riposta in tutta fretta dopo le ultime sortite non proprio esaltanti raccolte in un viaggio in Centro America, per mandare un messaggio forte e chiaro alla destra israeliana di Ben Gvir e Smotrich che vagheggia, come ha rivelato la stessa stampa di Israele, scenari come l’espulsione verso il Sinai degli abitanti di Gaza o la riscrittura dei confini della Striscia.

Ipotesi che porterebbe ad una possibile estensione del conflitto, un incubo che il presidente Joe Biden, già alle prese con la guerra in Ucraina, vuole evitare ad ogni costo.

Così la vicepresidente Harris è intervenuta per 4 minuti sul clima alla Cop 28 di Dubai, per poi dedicarsi ad incontri diretti con i maggiori esponenti dei paesi arabi moderati presenti a Doha per dimostrare che l’amministrazione americana sta adottando una linea più dura con Israele riguardo al drammatico bilancio civile della sua guerra contro Hamas.

Una semplice mossa diplomatica? Non proprio. Il duro monito di Harris era rivolto sia ai leader arabi sia ai disillusi elettori degli Stati Uniti, in particolare ai giovani elettori e alle persone di colore che hanno contribuito a far vincere il presidente Biden nella corsa alla Casa Bianca nel 2020.

«In nessuna circostanza», ha fatto trapelare l’ufficio della vicepresidente secondo il New York Times descrivendo le sue osservazioni in un incontro faccia a faccia con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, «gli Stati Uniti permetteranno il trasferimento forzato di palestinesi da Gaza o dalla Cisgiordania, l’assedio di Gaza o il ridisegno dei confini di Gaza».

Non è un caso che con i sondaggi che danno il presidente Biden in calo tra i giovani, nelle ultime settimane la vicepresidente Harris ha viaggiato nei campus universitari degli Stati Uniti per tentare di risollevare le sorti dell’inquilino della Casa Bianca, accusato di essere troppo appiattito sulle posizioni del premier israeliano Benjamin Nethanyau.

La vicepresidente ha parlato di diritto all’aborto, di prestiti studenteschi e della guerra Israele-Hamas per cercare di convincere i giovani a non disertare le urne. A Flagstaff, in Arizona, 10 giorni dopo il massacro del 7 ottobre, la Harris ha osservato che «è importante distinguere tra un'organizzazione terroristica, come Hamas, e il popolo e i civili palestinesi, che non dovrebbero essere confusi tra loro».

Basterà? In campo è sceso anche il segretario alla Difesa, Lloyd J.Austin, che ha avvertito che se Israele spingesse i civili tra le braccia dei terroristi, rischierebbe di sostituire «una vittoria tattica con una sconfitta strategica».

Rashidi Khalidi, storico presso la Columbia University a New York, in un video su Foreign Policy dice che Biden ha mandato Antony Blinken in Egitto e Giordania per persuaderli ad accettare di ricevere i palestinesi espulsi da Gaza. Se confermato sarebbe una svolta rilevante.

La verità è che «l’amministrazione Biden sta pagando un pesante prezzo politico, in patria e all’estero, per il suo sostegno a Israele – ha scritto Gideon Rachman sul Financial Times -. Gli Stati Uniti stanno ora esercitando pressioni pubbliche su Israele affinché cambi le sue tattiche militari a Gaza e uccida meno civili palestinesi. Ma le preoccupazioni americane si estendono ben oltre Gaza. L’amministrazione Biden ritiene ancora di essere pericolosamente vicina a una guerra regionale più ampia che coinvolgerebbe gli Stati Uniti».

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