La resistenza mediatica dell’Ucraina continua, Volodymyr Zelensky secondo le testate statunitensi avrebbe trattato per apparire alla cerimonia degli Oscar questa notte. Il presidente del consiglio ucraino è intervenuto nelle assemblee di tutto il mondo, dal Congresso americano al parlamento italiano, fino alle manifestazioni per la pace in tutta Europa. Il New York Post ha anticipato che adesso l’Academy, che gestisce gli oscar, starebbe valutando un suo collegamento in diretta o un video. Il quotidiano ha spiegato che Mila Kunis, attrice di origine ucraina, farà una dichiarazione politica durante gli oscar. Insieme al marito Ashton Kutcher ha raccolto 35 milioni di dollari per i rifugiati ucraini e nei giorni scorsi aveva avuto una videochiamata con Zelensky.

Il papa

Papa Francesco continua a invocare la pace approfittando di ogni apparizione pubblica. Dopo aver attaccato la spesa per le armi – una battaglia che Jorge Mario Bergoglio porta avanti ormai da tempo – ieri è tornato ancora una volta a deprecare la guerra, tirando in ballo tutti i governi. Dopo l’Angelus domenicale tornerà a parlare rivolgendosi a piazza San Pietro.

«Speriamo e preghiamo perché questa guerra vergognosa per tutti noi, per tutta l’umanità, finisca al più presto: è inaccettabile; ogni giorno in più aggiunge altre morti e distruzioni» ha detto durante l’udienza alla Federazione italiana ricetrasmissioni. Ha poi ringraziato chi si sta mobilitando per l’accoglienza: «Gente comune, specialmente nei paesi confinanti, ma anche qui in Italia, dove sono arrivati e continuano ad arrivare migliaia di ucraini. Il vostro contributo è prezioso, è un modo concreto, artigianale di costruire la pace», ha sottolineato il papa. L’elemosiniere del Vaticano, Konrad Krajewski, è in viaggio per Leopoli con «un’ambulanza – ha riferito il direttore della sala stampa vaticana Matteo Bruni – donata e benedetta da papa Francesco».

L’informazione di guerra

Nonostante i video e gli appelli, l’Ucraina territorio di guerra vede diventare ogni giorno più difficile la copertura mediatica. Nei giorni scorsi gli ultimi giornalisti – di Associated press – sono stati costretti a lasciare Mariupol.

Tuttavia i reporter, nonostante le vittime, continuano a trasmettere dal fronte. I primi a segnalare le esplosioni a Leopoli sono stati infatti i giornalisti della stampa locale e internazionale.

C’è poi l’altra parte della barricata: la Russia, che nei giorni scorsi aveva minacciato la stampa estera. Una recente normativa prevede il carcere per chi diffonde notizie «ritenute unilateralmente non fondate» dalle autorità russe sull’invasione in Ucraina e sulle sanzioni imposte da vari paesi.

La tv di stato italiana, la Rai, che aveva deciso di lasciare Mosca, ha comunicato che dal 30 marzo ricomincerà a trasmettere dalla Russia. I corrispondenti e gli inviati «riprenderanno a informare gli italiani dalla Federazione Russa sulle questioni politiche, economiche e sociali, avendo cura di tutelare l’incolumità e l’integrità dell’azione professionale svolta».

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