La diplomazia è un’arte sottile e la dichiarazione rilasciata senza fanfare dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, dopo l’incontro con il ministro degli Esteri Sergej Lavrov lo dimostra. Nessuna citazione del piano per il popolo afghano presentato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio al consiglio dei ministri di giovedì, ma la sottolineatura come obiettivo prioritario di «assicurare la stabilizzazione della sicurezza nel paese e su scala regionale». Cioè esattamente la priorità della Federazione russa, ribadita chiaramente in seguito durante la conferenza stampa congiunta tra Lavrov e Di Maio.

L’approccio condiviso

Il responsabile della Farnesina ha cadenzato l’incontro di fronte ai giornalisti, seguito al faccia a faccia con l’omologo russo, ripetendo più volte la formula «approccio internazionale unitario» necessario sulla crisi afghana. Di questo approccio l’Italia vuole farsi punto di riferimento con l’organizzazione di un vertice ad hoc del G20 di cui abbiamo la presidenza e Di Maio ha incorniciato di questa ambizione l’appuntamento.

L’azione sull’Afghanistan, ha martellato il ministro ripetendo più volte le stesse parole, deve essere «globale, coerente, condivisa». Lavrov sul punto è stato però più concreto e non ha lesinato richieste specifiche. Prima ha lanciato una critica tagliente contro il G7: «Il G20, al contrario del G7», ha detto, rispecchia «la realtà multipolare» del nostro mondo. Poi, con la consueta capacità di alternare schiette bordate a rispetto della formalità, ha chiesto ufficialmente ai partner occidentali il ruolo che pensano la Russia debba avere all’interno del G20.

Una domanda molto politica, considerato che se nel 2013 proprio la Russia ha ospitato e coordinato il vertice dedicato alla crisi siriana, l’anno successivo, dopo la crisi in Ucraina, il paese è stato “demansionato” a solo rappresentante economico e non interlocutore politico.

Di più Lavrov ha affermato di aver ottenuto dall’Italia la promessa che nel summit verranno inclusi anche paesi che non rientrano nel perimetro delle prime venti economie mondiali, ma che sono interessati direttamente dalla situazione afghana, a partire dal Pakistan e dall’Iran. L’amministrazione statunitense ha aperto solo pochi giorni fa all’ipotesi di un G20 che includesse Russia e Cina, in mezzo a moltissimi dubbi all’interno della Casa Bianca. E considerate le premesse di Lavrov, la risposta del ministro italiano è stata molto più politica di quanto ci si potesse aspettare: «Il vertice straordinario del G20 permetterà di consolidare il profilo politico di questo formato», ha detto Di Maio. «Un formato inclusivo già legittimato» che può consentire di arrivare all’ambito «approccio unitario».

«Approccio olistico»

Quello su cui i due sono sembrati marciare su binari non convergenti sono le priorità da affrontare. Di Maio ha infatti esposto lo schema del piano italiano, elencando le sue cinque priorità: protezione dei civili, tutela concreta dei diritti umani, garanzia dell’accesso umanitario, lotta al terrorismo e gestione efficace dell’impatto migratorio, incassando una secca replica di Lavrov: «La lotta al terrorismo è solo al quinto punto, invece per noi la sicurezza dei confini degli stati confinanti alleati è la priorità». Il rappresentante della Farnesina ha difeso quello che ha definito un «approccio olistico»: «Combattere il terrorismo significa anche aiutare la popolazione civile, aiutare l’economia, impedire che i giovani si uniscano al terrorismo». Ma all’ultima replica del punto stampa ha cercato di recuperare, mostrandosi più morbido nei confronti dell’agenda russa e sottolineando che la sicurezza dei paesi confinanti è fondamentale: «Le scene viste in Pakistan sono preoccupanti».

Ambizioni e soluzioni

L’ambizione italiana è alta e lo scenario internazionale per nulla semplice. Lavrov ha detto da una parte che la Russia ha rispettato «come sempre» l’accordo di pace tra Talebani e Stati Uniti, dall’altra e proprio in virtù di quell’accordo di pace che la colpa di quello che sta succedendo «evidentemente non è solo dei talebani». «Le soluzioni congiunte non sono mai semplici», ha aggiunto spiegando che bisognerebbe imparare le lezioni della storia recente.

E forse non è un caso che affrontando l’altro teatro di crisi che ci interessa da vicino, la Libia, il ministro di Putin abbia risposto alle richieste italiane di ritirare i contingenti militari internazionali dicendo che il ritiro va non solo graduale e coordinato ma deve essere «letteralmente sincronizzato».

Restano le divisioni, pesanti, sul caso Navalny – «Andatevi a leggere la relazione del Bundestag», ha detto spavaldo Lavrov a proposito dell’oppositore – e la gestione della crisi ucraina: «Avanzare nella soluzione» rilancerebbe «i rapporti tra Russia e Unione europea», ha suggerito Di Maio. Tuttavia i capi della diplomazia italiana e russa escono dallo scambio di ieri con in tasca una roadmap di incontri bilaterali per discutere i maggiori dossier internazionali. E mentre i due si presentavano alla stampa nel frattempo il premier Draghi aggiungeva un altro tassello importante al mosaico da comporre per arrivare al G20 sull’Afghanistan: una telefonata con il presidente della Repubblica indiana Nerendra Modi. Considerando le tensioni con il Pakistan, Modi è tra coloro che temono maggiormente gli effetti della evoluzione della situazione afghana e pure, a quanto sembra dai commenti della stampa indiana, colui che ha a che fare con una delle opinioni pubbliche più deluse dalla gestione degli Stati Uniti. Ancora una volta la dichiarazione del presidente del consiglio è stringata, ma si ribadisce l’attenzione sulle «implicazioni a livello regionale della crisi afghana» e si cita la «collaborazione tra i due paesi nel quadro della presidenza italiana del G20».

Nei prossimi giorni, secondo diverse indiscrezioni, Draghi dovrebbe consultarsi anche con l’altro grande attore asiatico che ha interesse nella stabilità regionale: la Cina di Xi Jinping.

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