Il 14 settembre ricomincia la scuola. Le critiche sulla gestione del rientro sono piovute copiosamente tante e la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, è stata attaccata su molti fronti, innanzitutto sui banchi monoposto, considerati utili per introdurre nuove modalità didattiche e per mantenere il distanziamento sociale in classe. E’ stato un dibattito tutto italiano. L’esigenza di acquistare nuovo mobilio a causa dell’emergenza non è emersa  in nessun altro paese europeo. Ad ogni modo, sembra che combinando gli ingressi scaglionati, lo sfruttamento di aule e immobili in precedenza utilizzati per altri scopi e l’utilizzo costante delle mascherine si sia trovata una procedura sufficientemente sicura per permettere il rientro.

Nella conferenza stampa di martedì a cui oltre al presidente del Consiglio hanno partecipato i ministri di Scuola, Trasporti e Salute, il governo ha annunciato di aver investito già sette miliardi nella scuola: tra le misure finanziate c’è sicuramente la fornitura agli istituti di undici milioni di mascherine al giorno. E l’obbligo di indossarla, a lungo al centro delle discussioni, è limitato al periodo in cui non sarà possibile mantenere la distanza di sicurezza di un metro. 

Un’altra voce di spesa sono i due miliardi impiegati secondo il presidente per interventi di edilizia scolastica, oltre al denaro speso per l’acquisto dei banchi monoposto: ne sono già arrivati 2,4 milioni e le consegne si chiuderanno entro fine ottobre.

Conte ha dato anche la versione definitiva delle norme di procedura di misurazione della temperatura, che deve avvenire a casa, e di intervento se fossero rilevati sintomi a scuola. In quel caso, il ragazzo verrebbe mandato immediatamente a casa e si deciderebbero con il medico i prossimi passi. L’ultima parola su un’eventuale quarantena della classe sarà però dell’Azienda sanitaria competente.  

È stato raggiunto anche l’accordo sui mezzi che portano i ragazzi a scuola: potranno operare sfruttando l’ottanta per cento della capienza. Conte ha inoltre sottolineato che «l’anno scolastico comincerà regolarmente», nonostante la data del 14 settembre sarà sicuramente disattesa da sette regioni, Abruzzo, Basilicata, Calabria Campania e Puglia, dove le lezioni riprenderanno dieci giorni dopo, il 24. 

L’ultima questione, ancora da risolvere completamente, è quella della ricerca degli insegnanti che gestiscano il rientro: il governo ha annunciato l’assunzione di 160.000 nuovi insegnanti e della creazione di 77.000 impieghi a tempo determinato per docenti e amministrativi.

Nei fatti però sembra restare complicata la situazione di molti precari che attendevano l’immissione in ruolo, cioè il posto fisso da docente. L’assegnazione della cattedra sarà rinviata all’anno prossimo per un errore del ministero. Non c’è stato infatti il rinnovo di una scadenza che avrebbe garantito prezioso tempo in più, permettendo così agli Uffici scolastici regionali di notificare la loro nuova anche sede agli insegnanti neoimmessi. Ora, invece, le cattedre che si sarebbero potute assegnare, rimaste vuote, saranno coperte da supplenti. 

Dove la scuola è già iniziata, tuttavia, sono già stati rilevati diversi contagi, in Trentino Alto Adige e nella provincia di Cosenza, ma anche a Piacenza e Reggio Emilia, oltre che nel cuneese, nell’aretino e nel trevigiano.

Anche negli altri paesi del continente, dove la scuola è quasi ovunque già ripresa, sono state stabilite nuove norme e procedure. Queste non hanno però evitato l’aumento dei contagi e in molti casi un ritorno alla quarantena, almeno per insegnanti e alunni che sono stati a contatto con studenti positivi.

In generale, in Francia, in Germania e nel Regno Unito a scuola sarà previsto, come in Italia, il distanziamento sociale, la sanificazione frequente delle aule e l’obbligo di mascherina, che però in quasi tutti i casi riguarda solo i ragazzi dai dieci o undici anni in su e gli insegnanti. Ma non ovunque queste linee guida vengono applicate alla stessa maniera.

Chiusure in Francia
In Francia le lezioni sono ricominciate il 1° settembre. Le regole stabilite dal governo hanno sollevato critiche, soprattutto per quanto riguarda l’obbligo delle mascherine: mentre infatti agli insegnanti verranno fornite dal ministero, i ragazzi dovranno procurarsele. A questo proposito è intervenuto anche l’ex presidente, François Hollande, che in un’intervista alla trasmissione “20h” ha chiesto che i dispositivi vengano forniti gratuitamente anche agli studenti.

Per quanto riguarda la progressione dei contagi, sono stati previsti tre scenari: se la malattia non causa un eccesso di casi all’interno di un distretto scolastico, si procede secondo l’assetto stabilito; se invece l’aumento è rilevante si passa all’insegnamento con gli alunni metà in presenza e metà a distanza; il terzo scenario prevede invece addirittura la chiusura di singole classi oppure dell’intero istituto. Nei primi giorni dopo il rientro sono stati registrati numerosi casi d’infezione che hanno portato a chiusure su tutto il territorio francese.

Disomogeneità federalista in Germania
In Germania l’istruzione è interamente delegata ai Land. Di conseguenza, le regole cambiano da uno stato federale all’altro e  addirittura da scuola a scuola, perché le strategie regionali sono soggette ad adeguamenti da decidere caso per caso: sono quindi in vigore molte norme diverse che hanno lasciato i genitori perplessi. In un recente sondaggio dell’istituto di ricerca Ifo, il 70 per cento della popolazione vorrebbe che l’istruzione fosse organizzata in maniera univoca da un consiglio nazionale.

In Baviera la mascherina è obbligatoria per tutto il tempo a scuola, ma in Assia e nel Baden-Württemberg serve solo nei corridoi e per andare in bagno. A Berlino è già previsto in alcune scuole l’insegnamento misto in presenza e a distanza, mentre in Bassa Sassonia le lezioni sono riprese con tutti gli allievi in classe.

Dopo la riapertura (che appunto per l’ordinamento federale non è avvenuta ancora in tutte le regioni) sono già stati rilevati numerosi casi di positività al Covid-19, che hanno provocato, in base alle decisioni delle autorità sanitarie locali, la quarantena per singole classi o scuole.

Dove invece le lezioni continuano ad andare avanti si raccomanda di arieggiare molto ed è anche stata proposta l’introduzione di strumenti di monitoraggio dell’anidride carbonica per sapere quando è il momento di aprire le finestre. Le amministrazioni locali spingono poi per test e tamponi, volontari e gratuiti, per insegnanti e studenti. Se il numero dei contagi dovesse aumentare ulteriormente nonostante le precauzioni è già stata prevista la possibilità di prolungare le vacanze natalizie, quando assembramenti e viaggi sono più frequenti.

L’unico aspetto comune a quasi tutte le strategie dei Land è quella di creare dei piccoli gruppi di studio che non abbiano rapporti con gli altri studenti, in modo da poter gestire in un ambito meno ampio eventuali infezioni. Dove non dovessero bastare gli insegnanti sono state previste anche assunzioni ad hoc.

La divisione in bubble nel Regno Unito
L’idea delle bubble, i piccoli gruppi di studio all’interno delle classi, è piaciuta anche nel Regno Unito, dove per il momento si raccomanda il mantenimento della distanza di sicurezza, ma senza obbligo di mascherina a meno che non si tratti di una scuola collocata in un’area soggetta a quarantena. Lo schema d’intervento in caso di aumento dei contagi prevede tre livelli, in base alla gravità della situazione: la copertura di naso e bocca, l’utilizzo di un sistema di rotazione tra gruppi per le lezioni in presenza o, nello scenario peggiore, la didattica a distanza.

Già nelle prime settimane di lezione sono stati registrati numerosi contagi, rilevati in alcuni casi con unità mobili per i test. I dubbi dei genitori rimangono molti, tanto che sul sito della Bbc si legge che in Scozia gli alunni assenti sono circa 100mila, di cui però soltanto circa 22mila avrebbero sintomi riconducibili al coronavirus. La deduzione immediata è che, nell’incertezza generale e soprattutto in presenza di sintomi ambigui, i genitori evitino di mandare i figli a scuola.

Tutti i paesi stanno cercando di gestire il rientro pressappoco con le stesse linee guida, nonostante le diverse declinazioni locali, ma a giudicare dai primi risultati, distanziamento, mascherine e altre misure di contrasto non sembrano essere sufficienti per arginare i nuovi focolai.

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