Molte proprietà appartenenti alle minoranze siriane sono minacciate da sequestri illegali, incluse le proprietà dei cristiani fuggiti a causa della guerra. Derubare le proprietà dei profughi è diventata un’azione sistematica in molte regioni siriane, incluso il nordest gestito dai curdi. La corruzione del sistema giudiziario siriano aiuta le milizie e i gruppi armati senza distinzione – incluse le forze regolari di Damasco – ad appropriarsi di beni altrui, specialmente in caso di fuga all’estero. Inizialmente si trattava soprattutto di beni appartenenti a clan e tribù arabe sunnite, considerati vicini all’Isis o ai gruppi jihadisti e perciò stesso destinati – secondo il regime – a non rientrare più nel paese.

Il governo aveva iniziato una politica di spostamenti forzati per annacquare la geografia umana del paese, mescolando le etnie secondo piani prestabiliti, con l’obiettivo di spezzare la continuità sunnita in alcune aree.

Ai pochi profughi che cercavano di rientrare (soprattutto dal Libano), era vietato quasi sempre di tornare nelle aree di residenza precedente. Questi ultimi venivano sottoposti a molte vessazioni e considerati dei traditori, soprattutto dalla minoranza dominante, quella degli alauiti a cui appartiene anche la famiglia Assad e che formano il nerbo dell’esercito regolare siriano.

Da parte del governo c’era anche la necessità di fornire abitazioni ai combattenti sciiti di altri paesi, portati in Siria nel quadro della cooperazione militare con Damasco.

È stata una forma di gratitudine per i combattenti stranieri che avevano aiutato nella resistenza ai jihadisti, come ad esempio gli afghani sciiti (hazara), i pakistani, i cittadini degli stati dell’Asia centrale e perfino dei cinesi.

Il governo di Damasco si era sempre presentato come il protettore delle altre minoranze autoctone, in specie cristiane o yezide. Ora invece tutto sta cambiando.

Effetto del caos economico

Non si tratta soltanto di una scelta politica ma degli effetti del caos socio-economico che ha investito il paese e delle conseguenze della prosecuzione della guerra, in specie a nord e a est. Gli assiri provenienti dalla regione della Jazira, in maggioranza attualmente fuori dal paese, hanno recentemente denunciato di aver perso proprietà e terreni agricoli a causa di vere e proprie occupazioni illegali, sostenute con la corruzione.

Bande criminali organizzate stanno saccheggiando il paese, falsificando documenti di proprietà o terrorizzando i padroni lontani e costringendoli a vendere a prezzi molto bassi.

I partiti cristiani del paese denunciano violazioni contro le proprietà assire anche da parte del governo di Assad e dell’amministrazione autonoma della Siria settentrionale e orientale (curda), in particolare a Qamishli, Malikiyah, Tal Tamr e Hasakeh dove governano le forze democratiche e il Ypg. Tali misfatti contro le proprietà cristiane sono denunciati quotidianamente sulle radio locali, su internet, Facebook o altri social media. La questione investe anche altre denominazioni cristiane come i siriaci. Per ora ogni causa intentata presso i tribunali per il reato di usurpazione di beni immobili e appropriazione indebita di beni altrui non ha avuto alcun effetto. Secondo i media siriani le proteste per tale situazione sono giunte fino alle orecchie del presidente Bashar al Assad e ai responsabili curdi dello Ypg ma fino ad ora non ci sono reazioni di rilievo.

Secondo i siti cristiani su circa 22mila assiri che vivevano in 34 villaggi nella regione della Jazira, più di 20mila sono fuggiti dopo che lo Stato islamico ha invaso l’area all'inizio del 2015. Un’altra causa dello spostamento migratorio dei cristiani non è politica ma indotta dal cambiamento climatico: si tratta del prosciugarsi del fiume Khabur.

Oggi non rimangono più di 800 persone nei villaggi del bacino del Khabur e questo ha favorito i predatori. Secondo voci non confermate, dietro tali atti vi sarebbero personalità influenti legate al regime che approfittano dello stato dilagante della corruzione e usano la magistratura per sequestrare proprietà ed accumulare enormi fortune.

La perdita dei beni immobili diviene così un’amputazione definitiva: la rescissione dell’ultimo legame che unisce ancora molti cristiani siriani alle loro terre di origine. Tutto si svolge come se si volesse spingere i cristiani siriani a non rientrare mai più nel paese. Si tratta di un’altra pagina della politica di cambiamento demografico che il regime di Assad sta portando avanti da anni. Sorprende che anche i curdi si siano incamminati sulla medesima via. D’altronde si rammenta che l’anno scorso le autorità curde del Rojava avevano cercato di imporre il curdo come lingua di studio anche nelle scuole cristiane come ad Hasakeh per esempio. In Siria – così come in Turchia orientale – i curdi hanno una tradizione di antagonismo anticristiano e non si peritano di nasconderlo nemmeno oggi, malgrado siano sostenuti dalle opinioni pubbliche occidentali e anche da qualche governo europeo.

Burocrazia discriminatoria

Metodi di estorsione stanno impoverendo la già fragile comunità cristiana di Siria, colpita dalla guerra, dai jihadisti e dagli alleati siriani filoturchi. Le forze politiche cristiane stanno cercando di condurre un censimento al fine di documentare proprietà, immobili e terre rubate o occupate in alcune aree della Siria dove il fenomeno è più grave. Si sta facendo anche una raccolta di tutte le denunce depositate presso i vari tribunali e di tutte le azioni legali intraprese per tornare in possesso delle medesime proprietà.

Uno dei problemi ricorrenti è che tutti i documenti immobiliari e del catasto esistenti sono ancora sotto la custodia dei ministeri del regime, che non ammette nessun accesso agli atti.

Si tratta di un altro aspetto di questa flagrante violazione dei più elementari diritti della proprietà, pur garantiti dalla costituzione e dalla legge siriane. Falsificare carte personali, sigilli e firme e registrandoli a nome del nuovo acquirente, compilare contratti di compravendita con le firme false del proprietario e con l'ausilio di testimoni in collusione con l'acquirente, al fine di confermare le operazioni di compravendita nelle anagrafi civili, dove sono complici anche gli archivisti: è un ingranaggio completo che deve garantire numerose persone.

Un attivista di Qamishli sotto garanzie di anonimato ha dichiarato ad al Monitor: «I luoghi più importanti su cui si concentrano i falsari sono nei centri cittadini come Qamishli in Jisreen Street e immobili nel centro di Malikiyah, Hasakeh e Qahtaniyah… il governo siriano e l'amministrazione autonoma arabo-curda stanno chiudendo un occhio su tali azioni poiché falsari e neo-proprietari hanno sempre forti relazioni all’interno del regime». Gli assiri con ancora qualche legame personale all’interno del governo siriano o dell’amministrazione autonoma curda, provano a riconquistare la proprietà delle loro terre. Ma si tratta di una minoranza: la maggioranza non ha tali legami e deve ricorrere ai tribunali senza alcun supporto.

Secondo la legge siriana, falsificare documenti ufficiali e appropriarsi di beni immobili altrui è considerato un reato e la pena è di lavori forzati non inferiori a cinque anni. Tuttavia qualcuno trova più facile depredare le proprietà assire perché li considera una minoranza debole, la cui maggior parte è fuggita probabilmente per sempre.
 

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