La piccola Svizzera, con meno di nove milioni di abitanti, va al ritmo di quasi novemila contagi giornalieri. Un membro della task force scientifica del Consiglio federale, Didier Trono, già due giorni fa ha definito la situazione come «fuori controllo, sfuggita di mano». La previsione è che i posti in terapia intensiva saranno tutti pieni tra una settimana. Non stupisce quindi che tanti svizzeri abbiano seguito ieri l’annuncio di nuove misure pronti all’idea di rimanere chiusi in casa.

Niente chiusura

E invece, la notizia arrivata – dopo molti rinvii – alle quattro del pomeriggio di ieri è che le nuove “misure dure” della Svizzera di oggi equivalgono alle misure morbidissime di fine estate di molti paesi europei. Per dirne due: chiusura delle discoteche e diffusione “più ampia” dell’obbligo di mascherine; andrà portata sul posto di lavoro (sempre che non si possa mantenere la distanza). Bar e ristoranti dovranno chiudere alle 23, senza intaccare né aperitivi né cene. Stop agli eventi con più di 50 persone. Agli incontri culturali e sportivi in luoghi chiusi non si può essere in più di 15, ma il limite cade se si adottano mascherine e distanza. Simonetta Sommaruga, la presidente della confederazione svizzera, insiste su un punto: con il lockdown «l’economia ne risentirebbe» e quindi il governo prova a «scongiurare» l’ipotesi.

Mentre altri paesi europei come la Francia capitolano davanti alla seconda ondata e affrontano il tabù della chiusura, la Svizzera va in controtendenza: la chiusura vuole evitarla. «Perché state perdendo giorni preziosi?» è la prima domanda arrivata al governo dai giornalisti dopo l’annuncio.

La Svizzera è una confederazione di 26 cantoni che hanno un alto grado di autonomia. Sono i cantoni, per esempio, ad avere competenze in ambiti come la scuola e la sanità. L’esecutivo, o “consiglio federale”, è composto da sette membri. Il sistema di governo svizzero si basa sulla “concordanza”, cioè la ricerca di un compromesso tra parti politiche, comunità linguistiche e culturali, in cui nessuno deve essere escluso dal processo decisionale. Di conseguenza, il governo non è espresso dalla maggioranza ma riflette in modo proporzionale ciascun partito. Quando la Svizzera decide come affrontare la pandemia, deve mettere d’accordo le anime politiche che compongono il governo e tener presente le diverse realtà (e le differenti decisioni) di un numero di cantoni pari quasi al numero di stati membri dell’Ue.

Il crescendo

Va detto che dal 2016 è in vigore una Legge sulle epidemie che in teoria serve proprio a semplificare il groviglio di competenze tra cantoni e confederazione in casi di emergenza. Fino all’iniziativa federale di ieri, però, sono stati i cantoni a precedere il governo e avviare misure restrittive.

Friburgo ha chiesto aiuto all’esercito per sostenere l’ospedale cantonale nella logistica, nel trasporto dei pazienti e persino nell’attività di cura; l’esercito, che già aveva collaborato nella prima ondata, ha riorganizzato le sue attività per dare una mano. Gli ospedali a livello locale si stanno adattando all’emergenza; l’ospedale universitario vodese, ad esempio, ha rinviato tutti gli interventi non urgenti. Le persone, stando ai dati di comportamento del Politecnico federale di Zurigo, da inizio ottobre stanno limitando spontaneamente consumi e divertimenti.

Fuori controllo

Nel frattempo sono arrivati allarmi da più parti: gli esperti consultati dal governo hanno chiesto misure incisive, segnalando che «la situazione è fuori controllo». Manca il personale per fare i test, e il 27 ottobre Andreas Stettbacher, incaricato del consiglio federale per il servizio sanitario, ha previsto che «i posti in terapia intensiva bastano per una decina di giorni, non di più». Ci si prepara a scenari di guerra: anche se non è ancora stato adottato, esiste da fine marzo un documento dell’Accademia svizzera delle scienze mediche e dalla Società svizzera di medicina intensiva che disciplina il da farsi nel caso in cui la situazione prevista da Stettbacher si realizzi, e cioè che non ci siano più posti in terapia intensiva.

«In tal caso non andrebbe fatta alcuna rianimazione cardiopolmonare». Le linee guida disciplinano chi privilegiare nelle cure in caso di risorse scarse; non ne escono bene i più anziani e chi ha problemi pregressi di salute.

Il nuovo pacchetto

In questo contesto è maturata la decisione di ieri del governo di approvare nuove misure. «Tutti i cantoni dovranno rispettarle» ha spiegato la presidente, e sono liberi semmai di introdurre restrizioni più rigide. «Nessuno vuole che finiscano i posti in terapia intensiva e nessuno vuole un secondo lockdown», dice Sommaruga, che sottolinea «i rischi per l’economia di nuove chiusure». All’interno del consiglio le posizioni non sono omogenee: la consigliera federale Karin Keller-Sutter, del partito liberale radicale, per esempio, è una delle oppositrici del lockdown; lo era pure ad aprile. Il partito socialista si batte per un maggiore impegno del governo confederale perché, in un sistema sanitario che si fonda sulle assicurazioni private, con la crisi da Covid-19 molti non riescono a pagare i premi assicurativi. Il costo delle assicurazioni diventa un pericoloso deterrente a tracciamento e cura tempestivi.

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