Gli Stati Uniti chiudono l’ambasciata a Kiev e trasferiscono i pochi diplomatici rimasti nella città di Lviv. Anche se il governo statunitense non si prende la responsabilità di confermarli, i rumor fatti filtrare da Washington si sono spinti fino al pronostico di una invasione russa dell’Ucraina domani. Da settimane la Casa Bianca ripete che l’azione offensiva di Mosca è «imminente», e l’esodo occidentale da Kiev è la rappresentazione dell’allerta dichiarata. In questo scenario si muove l’Europa. L’Italia manda domani il ministro degli Esteri Luigi Di Maio – non il premier Mario Draghi – a dialogare a Kiev, e Di Maio prepara un incontro con l’omologo russo Sergej Lavrov per giovedì mattina. Non sono previsti al momento faccia a faccia del presidente del Consiglio. Le aspettative per una uscita diplomatica dalla crisi si concentrano in questo frangente sulla Germania, che è il paese europeo ad avere l’atteggiamento più pragmatico verso la Russia. Mosca lo sa, sa che l’occasione per incassare qualche obiettivo diplomatico c’è, e non a caso proprio oggi ha inviato segnali distensivi: il dialogo «è tutt’altro che esaurito», ha fatto sapere il Cremlino, facendo filtrare la fine di alcune «esercitazioni», nelle stesse ore in cui il cancelliere Olaf Scholz negoziava con il presidente ucraino. Domani a Mosca Scholz prende posto al tavolo bianco del Cremlino, dopo che gli altri «dialoganti» d’Europa, Viktor Orbán ed Emmanuel Macron, si sono già seduti su quella stessa sedia.

Berlino, Mosca e il dialogo

Berlino fa la propria parte per tenere aperta la finestra di opportunità diplomatica mentre l’Europa rischia di rimanere schiacciata tra l’allerta di Washington e la pressione sul campo di Mosca, ed è la prima a essere toccata da una eventuale guerra. Non c’è espressione migliore per definire la strategia tedesca, se non quella che le attribuisce Scholz stesso: una «strategia doppia». Con «doppia», il cancelliere intende una combinazione tra minacce e negoziati. Ma la strategia tedesca è «doppia» anche nel senso di ambigua, e questo al di là dei colori dei governi: tanto con il socialdemocratico Gerhard Schröder quanto con la cristiandemocratica Angela Merkel, Berlino ha legato sia sé stessa che l’Europa a doppio filo con la Russia. I segni si vedono oggi, sul gas con Mosca, visto che la partnership energetica resta ancora una priorità tedesca, e sulle armi con Kiev, dato che la Germania frena invii ed esportazioni. La Russia è consapevole della «strategia» dell’interlocutore e ha lanciato infatti oggi un segnale di disponibilità al dialogo: si è detta disponibile a discutere, ancora. L’oggetto delle discussioni, e del dialogo, non è però l’Ucraina da sola, ma un nuovo equilibrio in Europa. Su questo anche gli Stati Uniti potrebbero infine convergere.

La volta di Scholz

L’incontro di domani tra Vladimir Putin e Olaf Scholz, che così fa la prima visita ufficiale a Mosca dall’inizio del suo mandato, è atteso come la spia della possibilità o meno di evitare un conflitto per via diplomatica. Ma la scommessa funziona solo se Scholz ha strumenti negoziali in mano, ed è anche per questo che prima di andare al Cremlino è passato da Kiev. All’incontro di oggi con Volodymyr Zelensky, il cancelliere tedesco sembra aver portato a segno un obiettivo. Tra le richieste che il Cremlino ha fatto sia a dicembre per telefono a Scholz, che la scorsa settimana al presidente francese faccia a faccia, c’è quella di una piena implementazione degli accordi di Minsk, e attenendosi alla interpretazione che Mosca dà del protocollo siglato nel 2015. oggi in conferenza stampa Scholz ha espresso la sua «gratitudine» a Zelensky, riferendosi ai preparativi in corso per completare il processo avviato a Minsk. «Davvero un buon passo avanti», lo ha definito, sapendo che questo è uno dei nodi. L’altro passo indiretto verso Mosca è la constatazione pubblica che l’ingresso di Kiev nella Nato non è previsto: «Non è in agenda», dice Scholz; il quale sa che con la Russia il negoziato non è tanto, né solo, sull’Ucraina.

Equilibri ed equilibrismi

Il punto sul quale Putin vuole davvero negoziare è il grado di presenza della Nato a est. Per questo motivo ha ritenuto che le risposte scritte di Usa e Nato alle richieste di Mosca, ancora rigide su quel punto, «ignorassero» Mosca, e perciò non ha ancora spedito la sua replica. Joe Biden si mostra zelante sulla vicenda ucraina, ma al contempo ha annunciato che non invierà truppe in Ucraina. L’ipotesi che Washington possa alla fine «fare un patto» con Putin non è peregrina: Michael McFaul, ex ambasciatore Usa in Russia e autore del «riassetto» di Barack Obama verso la Russia, si è avventurato nei dettagli. La sostanza è che gli Usa potrebbero concordare con Mosca il proprio disimpegno nell’area, blindando gli equilibri di potere su altri fronti. In questo contesto la Germania, con tutte le sue contraddizioni, è quantomeno garanzia che anche l’Europa partecipi al dialogo sulle sue stesse sorti.

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