Il presidente francese Emmanuel Macron, che in passato aveva definito «la Nato in stato di morte cerebrale», ha cambiato retorica e ha invitato gli alleati dell'Ucraina a «non essere codardi» di fronte alla Russia, assicurando che «si assumerà la responsabilità» dei suoi controversi richiami di rompere un tabù sulla possibilità di inviare sul campo truppe occidentali.

Macron ha parlato a Praga durante una visita in Repubblica Ceca, tra quei paesi che hanno conosciuto il giogo dell’Unione sovietica e che sono entrati nella Ue solo nel 2004 proprio in funzione anti-russa.

Al suo fianco, il presidente ceco Petr Pavel lo ha spalleggiato: «Sono favorevole all'esplorazione di nuove opzioni, compreso il dibattito su una potenziale presenza in Ucraina».

Lo scorso 26 febbraio, al termine di una conferenza internazionale a Parigi, Macron ha voluto far sapere a Mosca che sarà fatto di tutto per impedirle di «vincere questa guerra», spiegando che l'invio di soldati occidentali in Ucraina non può essere «escluso» in futuro, anche se al momento non c'è «consenso».

Ma dagli Stati Uniti alla Germania (alle prese con le fughe di notizie riservate sulle resistenze del cancelliere Olaf Scholz all’invio dei missili a lunga gittata Taurus a Kiev), e dalla stragrande maggioranza degli altri alleati, tutti hanno preso le distanze dalle dichiarazioni del presidente francese.

Washington contraria

Gli Stati Uniti non invieranno truppe a combattere in Ucraina. Lo ha detto il coordinatore per le comunicazioni strategiche del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti John Kirby, commentando l'appello del presidente francese Macron. «Il presidente Biden, è stato molto chiaro. Non ci saranno truppe americane sul campo a combattere in Ucraina».

Inoltre, va segnalato che il presidente ucraino Vladimir Zelensky «vuole i mezzi per difendersi» ha sottolineato Kirby. Il problema è che i repubblicani stanno frenando il piano di aiuti a Kiev in Congresso.

Anche la premier estone Kaja Kallas, intervistata da Politico.eu, ha detto che «tutte le opzioni» sono sul tavolo pur di aiutare l'Ucraina a sconfiggere Putin. Frasi in sintonia su quanto detto da Emmanuel Macron.

«Penso che i segnali che stiamo inviando alla Russia - ha aggiunto Kallas - siano che non escludiamo nulla, perché tutti i paesi hanno capito che dobbiamo fare di tutto perché l'Ucraina vinca e la Russia perda questa guerra».

Kallas è tra i candidati a sostituire il segretario generale della Nato oggi ricoperto dal norvegese, Jens Stoltelberg che nel 2022 avrebbe dovuto diventare governatore della banca centrale di Oslo e poi è stato prorogato nell’incarico per due anni.

La premier dell'Estonia Kallas è stata inserita nella lista dei ricercati del ministero dell'Interno russo perché accusata di oltraggio alla Russia per aver ordinato la rimozione di 400 monumenti dedicati ai soldati dell’armata rossa. Kallas ha scritto su X che «i mandati di arresto della Corte penale internazionale emessi per i crimini di guerra commessi contro civili ucraini ricordano a Putin e alla leadership russa che il giorno del loro giudizio sta arrivando».

L’ex premier olandese Rutte

Mark Rutte è un altro candidato per il ruolo di segretario generale della Nato, ma non tutti lo sostengono. «Non possiamo certo sostenere l'elezione alla carica di segretario generale della Nato di una persona che in passato voleva mettere in ginocchio l'Ungheria», ha dichiarato il ministro Peter Szijjártó ai cronisti a Budapest.

La selezione del segretario generale dell'Alleanza atlantica, nominato per un mandato di quattro anni, avviene attraverso consultazioni diplomatiche informali tra i paesi che propongono candidati alla carica.

L'incarico è attualmente ricoperto dall'ex primo ministro norvegese, Jens Stoltenberg, che lo detiene dal primo ottobre 2014. Rutte è ritenuto in pole position per la successione ma molti paesi dell’Europa orientale sostengono il premier estone Kallas.

La decisione potrebbe venir presa già in occasione della riunione dei ministri degli Esteri a Bruxelles di aprile in cui verrà celebrato il 75esimo anniversario del Patto atlantico.

Tutto questo pochi giorni dopo che la Commissione europea ha varato la strategia per rilanciare la difesa europea. La Nato chiede il 2 per cento del Pil per le spese della difesa, ma sono ancora pochi i paesi che rispettano l’impegno.

Ci vuole un'inversione di marcia, dato che 3/4 delle commesse post 2022 sono andate fuori dai confini europei. «Non è sostenibile», ha detto Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione.

La Commissione dovrà «lavorare» all'idea di nuovi eurobond da «cento miliardi di euro» per la difesa «nel quadro del prossimo mandato», ha detto il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, ricordando che leader come Macron, Kaja Kallas e il premier belga Alexander De Croo si sono già pronunciati a favore. E qui si riaprirà il dibattito tra i frugali e le cicale, ma stavolta Berlino è per le spese della difesa.

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