Sono arrivate a sorpresa le dimissioni di Leo Varadkar come leader del Fine Gael. Una mossa che preannuncia il passo indietro anche dalla carica di Taoiseach, cioè il ruolo di premier in Irlanda. Una scelta che sarà ufficializzata con la nomina di un suo successore «in grado di prendere il mio posto» ha affermato lo stesso Varadkar.

Il 45enne ha spiegato che la sua decisione è motivata da ragioni di carattere «personale, ma soprattutto politico», senza però entrare nello specifico, lasciando così aperte supposizioni. Stanchezza, forse, ma anche una presa di coscienza dettata dall’esigenza di provare a cambiare qualcosa nel partito. Quello che ha ripetuto in conferenza stampa è che, dopo sette anni, non si sente «la persona più adatta per questo lavoro».

richiesta di nuove elezioni

A confermare il carattere sorprendente dell’annuncio di Varadkar ci ha pensato il vicepremier Micheal Martin, leader del partito alleato – e rivale allo stesso tempo – Fianna fail. Per Martin, con cui Varadkar si è alternato negli ultimi anni alla guida dell’Irlanda, la coalizione tra le due forze di centrodestra rimarrà al governo fino alla fine della legislatura, ovvero nel marzo 2025. L’esecutivo di Dublino non vuole ritornare alle urne ora e il voto previsto rimane quello del prossimo anno, quando le elezioni potrebbero avere conseguenze notevoli per l’isola.

I nazionalisti dello Sinn féin, già primo partito ma estromessi dal governo con l’accordo tra Fine gael, Fianna fail e Verdi, ora premono e vogliono fare sponda con la nuova trazione repubblicana in Irlanda del Nord. Non a caso la leader di Sf, Mary Lou McDonald, dopo le dimissioni di Varadkar ha invocato a gran voce il ritorno immediato alle urne, se non altro perché «il governo ha esaurito le forze». È impensabile che il prossimo Taoiseach sia scelto da un «conclave» interno al Fine gael, ha dichiarato McDonald.

serve una svolta nel partito

Difficile che l’esecutivo possa cedere. L’orizzonte in realtà è anche più vicino del marzo 2025: a giugno ci sono le elezioni europee e quelle a carattere locale. Sono i primi step a cui guarda oggi il premier dimissionario che ha ribadito la necessità di nominare il suo successore velocemente, a cavallo di Pasqua, proprio per permettere al partito di avere almeno due mesi di tempo per concentrarsi sulle tornate in arrivo. Varadkar ha tirato in ballo l’esigenza di «riorientare il messaggio e le politiche» del Fine gael.

In vista del prossimo voto generale, invece, il futuro premier avrà un anno di tempo intero per cercare di dare una svolta al partito, da mesi stagnante nei sondaggi intorno al 20 per cento. Numeri simili a quelli di Fianna fail di Martin ma ben inferiori di quelli dello Sinn féin.

I referendum falliti

Un segnale a Varadkar è arrivato anche dai risultati dei recenti referendum costituzionali in cui è stato tentato di dare alla Costituzione irlandese un volto meno sessista. La popolazione, però, ha bocciato nettamente – con il 67 e con il 74 per cento – entrambe le proposte: l’inserimento di relazioni durature e di convivenza in Costituzione per superare il concetto esclusivo della famiglia fondata sul matrimonio, e poi l’eliminazione dell’articolo che stabiliva la cura domestica come un dovere della donna, allargandola anche a tutti i membri della famiglia.

Le modifiche proposte erano in realtà appoggiate da tutti i partiti e non solo dal Fine gael. Ma il risultato negativo è stato comunque subìto in prima persona da Varadkar, attento ai diritti civili, il più giovane Taoiseach mai eletto (ai tempi della sua prima nomina) e apertamente omosessuale.

Il rapporto con l’Irlanda del Nord

Il premier britannico Rishi Sunak ha ringraziato Varadkar per lo scrupoloso servizio svolto in questi anni e per il lavoro «a stretto contatto su questioni come il recente ripristino delle istituzioni in Irlanda del Nord». Le dimissioni del premier irlandese hanno registrato reazioni anche nel nord dell’isola di Smeraldo. Da chi lo ha salutato come un importante alleato per il Nord Irlanda, come il leader dei socialdemocratici Column Eastwood, a chi come il leader del partito unionista Dup Jeffrey Donaldson ha riconosciuto il dialogo rispettoso, pur divergendo «sull’approccio nei confronti del futuro costituzionale dell’Irlanda del Nord».

Soprattutto negli ultimi tempi, gli unionisti nordirlandesi avevano spesso avuto modo di criticare Varadkar. «L’Irlanda è sulla via dell’unificazione», aveva detto a settembre, lasciandosi andare a una previsione: «Avverrà con me in vita». Nei mesi successivi ci è andato più cauto, allontanando l’ipotesi di un referendum. La visione del premier dimissionario, però, era quella di avvicinarsi timidamente alla riunificazione con il nord: da una parte per seguire i trend demografici e politici dall’altra per mantenere comunque una distanza dai rivali dello Sinn féin. Ora al suo successore spetterà il compito di provare ad arginare la spinta nazionalista nei prossimi mesi.

© Riproduzione riservata