Dopo circa 40 giorni dall’esito delle elezioni presidenziali in Bielorussia il Parlamento europeo ha votato una risoluzione che ha confermato la linea espressa nella seduta plenaria dalla Presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen: “l’Unione europea sta con il popolo della Bielorussia” perché i suoi cittadini “devono essere liberi di decidere sul loro futuro da soli. Non sono pedine sulla scacchiera di qualcun altro”.

Le azioni di protesta di numerosi cittadini e cittadine nelle piazze contro il presidente Lukashenko, ritenuto colpevole di aver falsificato il voto che lo ha riconfermato al suo sesto mandato consecutivo, sono appoggiate, quindi, dai principali organismi europei.

La condanna alle violenze e alla repressione del regime bielorusso ha, infatti, ottenuto 574 voti favorevoli, 37 no e 82 astensioni nel Parlamento europeo.

I contenuti della risoluzione hanno sancito che le elezioni bielorusse sono state una palese violazione “di tutti gli standard riconosciuti a livello internazionale” e hanno dichiarato il mancato riconoscimento dell’elezione del presidente uscente Lukashenko “quando il suo mandato sarà giunto a termine il prossimo 5 novembre”. Il Parlamento europeo ha, inoltre, auspicato l’indizione di nuove elezioni il prima possibile per porre fine a queste settimane di sommosse, “di intimidazioni e di uso sproporzionato della forza”.

Le reazioni del governo bielorusso sono state espresse dal ministero degli Esteri che ha definito “esplicitamente aggressiva” e non costruttiva la risoluzione adottata dal Parlamento europeo, che dovrebbe essere “una struttura seria, oggettiva e democratica”, ma è priva, invece, della” volontà politica di guardare al di là del proprio naso, per superare la unilateralità e non diventare ostaggio dei luoghi comuni”.

Lukashenko ha, inoltre, annunciato la chiusura dei confini con l’Unione europea e l’intenzione di voler evitare operazioni militari che aumenterebbero la tensione con la Polonia, la Lituania e l’Ucraina, quest’ultima attualmente impegnata in azioni militari congiunte con le forze della Nato vicino alla frontiera bielorussa con oltre 4000 soldati.

Nel frattempo in Bielorussia continuano le manifestazioni popolari con più di 10.000 manifestanti politici arrestati senza un “particolare motivo” tra cui anche Nina Bahinskaja, una bisnonna di 73 anni, diventata un’icona social del movimento di protesta e arrestata dagli ufficiali in passamontagna che la bloccano e caricano in un furgone per portarla in una stazione di polizia da cui la rilasceranno poco dopo.

Il caso Navalny

La seconda votazione, adottata con 532 voti a favore, 84 contrari e 72 astenuti, ha, invece, riguardato il caso di avvelenamento dell'oppositore russo Alexei Navalny e la presunta violazione della Russia in materia di armi chimiche per i quali il Parlamento europeo ha richiesto l’avvio di un’indagine internazionale, l’applicazione di sanzioni economiche e il congelamento dei beni europei di tutti coloro che sono stati accusati dalla Fondazione per la lotta alla corruzione di Navalny.

In questo scenario, il diverso posizionamento di alcuni partiti italiani nelle risoluzioni europee ha suscitato clamore  ed evidenziato potenziali effetti negativi anche sulla compagine governativa.

In particolare, l’astensione della Lega di Matteo Salvini sulla risoluzione bielorussa e il voto contrario sul caso Navalny hanno ulteriormente confermato l’orientamento filorusso del partito, già oggetto di un’inchiesta giudiziaria (Russiagate) per corruzione internazionale e presunti fondi russi a sostegno delle campagne elettorali.

Le reazioni di alcuni esponenti del Pd sono state piuttosto dure e volte ad evidenziare il fatto che Salvini appoggia Lukashenko, “l’ultimo dittatore d’Europa” per non fare uno sgarbo al presidente Putin. Non solo. Si tratta di un voto a sostegno delle dittature e “contro i valori della democrazia”, nelle parole di alcuni “democratici”, che ha visto anche il coinvolgimento diretto di Susanna Ceccardi, la candidata alla regione Toscana ed europarlamentare.

Il presidente Vladimir Putin ha riconosciuto la legittimità del voto bielorusso e sta sostenendo economicamente e militarmente il presidente Lukashenko. Non potrebbe essere altrimenti. Il Cremlino non può permettersi di avallare le reazioni di protesta nelle piazze bielorusse perché potrebbe costituire un elemento di “imitazione” a sostegno delle diverse opposizioni nel proprio paese.

La strategia di Putin è volta all’attesa e alla prudenza e condizionata dai dogmi sovranisti. Nonostante Lukashenko abbia definito Putin come un “fratello maggiore”, i rapporti tra i due presidenti non sono stati molto positivi e sereni negli ultimi anni.

Putin è consapevole di avere una “spina nel fianco” da lungo tempo e per questo motivo aveva già avviato contatti con alcuni esponenti dell’opposizione durante la campagna elettorale bielorussa. Il percorso auspicato anche dal Cremlino individua una riforma costituzionale e nuove elezioni che consentano ad un candidato filorusso di sostituire la “variabile pazza” Lukashenko.

Non sorprende, pertanto, che forze sovraniste ed euroscettiche, come la Lega di Salvini, abbiano votato nel Parlamento europeo contro interventi che potessero essere interpretati come un atto politico antirusso.

L’astensione dei Cinque stelle

Ciò che, invece, ha in parte sorpreso e potrebbe avere risvolti politicamente interessanti è l’astensione del M5S (insieme a Fratelli d’Italia) nei confronti dell’inchiesta internazionale sull’avvelenamento di Navalny.

È lecito porsi, infatti, alcune domande sulle conseguenze politiche di natura interna ed estera che il voto del M5S ha determinato. Quali ricadute di immagine e di negoziazione futura emergeranno tra gli organismi europei e il governo italiano? Quale posizione ufficiale assumerà il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, esponente del Movimento al prossimo Consiglio dell’Unione europea che dovrà confermare le due risoluzioni del Parlamento europeo?  Quali effetti politici della divisione sul voto tra il Pd e M5S vi saranno nella compagine governativa?

Il voto europeo ha ribadito un’affinità elettiva fra la Lega e il M5S sul tema del riconoscimento dei valori della liberaldemocrazia.

Con il M5S, partito di governo, più rivolto alla Cina e il sostegno della Lega alla Russia di Putin non vi è dubbio che l’Italia possa assumere agli occhi dei partner occidentali una posizione troppo ambigua che ne pregiudica il suo ruolo nell’assetto europeo e nel sistema di alleanze internazionali.

Nella politica interna il partito di Crimi e di Di Maio crea scontento, critiche, dure reazioni anche da parte del segretario Dem, Nicola Zingaretti, indebolendo politicamente sempre di più l’alleato Pd, troppo subalterno alle decisioni del partito di Casaleggio.

Anche in questo caso avremo ulteriori elementi per valutare l’azione diplomatica e di sintesi politica del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non solamente nel suo ruolo istituzionale, ma prevalentemente come attorepolitico capace di (ri)mediare alle problematiche che gli alleati di governo e, in particolare, il M5S determinano in diversi ambiti di azione politica.

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