Mercoledì in tutta Gaza sono continuati i combattimenti, con scontri casa per casa in varie località della Striscia. Carri armati israeliani stanno accerchiando tre aree: la città di Khan Yunis al sud e Jabalya e Shuja’iya al nord. In queste zone sono presenti ancora centinaia di civili.

Secondo l’Onu, gli israeliani hanno ordinato a 600mila civili palestinesi di evacuare il sud della Striscia, ma la situazione diventa sempre più critica visto l’affollamento dei pochi luoghi protetti rimasti. Circa un milione e novecentomila persone sono sfollate a Gaza a causa della guerra, secondo l’agenzia Onu per i palestinesi Unrwa. Secondo Hamas almeno 16.200 palestinesi sono stati uccisi a Gaza dalle forze israeliane, di cui circa 7.000 minori.

L’esercito dello stato ebraico, l’Idf, ha comunicato di aver eliminato miliziani di Hamas e della Jihad Islamica durante bombardamenti della zona di Deir al Balah al centro della Striscia.

L’Idf ha inoltre fatto sapere di aver rinvenuto uno dei più grossi depositi di armi di Gaza vicino ad una clinica e ad una scuola a nord della Striscia. Qui l’esercito ha trovato missili Rpg e lanciarazzi di vario tipo, esplosivi, granate e decine di missili di altro tipo, anche a lunga gittata, tali da poter raggiungere il centro di Israele.

La maggior parte degli armamenti sono stati distrutti sul posto o portati in Israele. Nonostante ciò, il lancio di missili da Gaza su Israele è continuato ieri, concentrandosi nelle zone più a sud del paese. Sul fronte nord, invece, si sono registrati lanci di razzi dal Libano, ai quali l’Idf ha risposto colpendo i luoghi da cui provenivano. L’Idf ha diramato ieri mattina un video messaggio del portavoce, il contrammiraglio Daniel Hagari, sul tema degli ostaggi.

«Questa è una chiamata per la comunità internazionale ad agire», ha detto Hagari, ricordando che sono ancora 138 gli israeliani in mano ai miliziani a Gaza, dopo le liberazioni avvenute nei recenti giorni di tregua. «La nostra intelligence sta monitorando la situazione degli ostaggi e posso dire con assoluta certezza che ogni minuto di prigionia da parte di Hamas mette in pericolo la loro vita», ha continuato il portavoce. «Non abbiamo perso di vista, nemmeno per un momento la nostra missione cruciale mirata a salvare i nostri ostaggi, di fare tutto ciò che è in nostro potere per riportarli a casa».

Le proteste delle famiglie

C’è però un estremo malcontento tra gli ostaggi rilasciati, le famiglie e i rappresentanti di quelli ancora prigionieri rispetto alla gestione della crisi da parte del governo.

Questo è emerso chiaramente in un incontro di martedì a Herzliya, una città costiera a nord di Tel Aviv, tra queste persone e il governo, incluso il premier Benjamin Netanyahu.

«Quello che vedo alla tv mi spaventa molto. Vedo bombardamenti israeliani lì e voi non avete idea dove i prigionieri siano» ha detto una donna rilasciata recentemente, secondo alcuni media israeliani. «Io ero in una casa circondata da esplosioni. Dormivamo nei tunnel e non avevamo paura che Hamas ci potesse uccidere, avevamo paura che Israele potesse parlo e che poi si sarebbe detto: “Li ha uccisi Hamas”».

Nei racconti degli ostaggi rilasciati è emerso il completo scoramento che dominava il loro periodo di prigionia, insieme alla sensazione di essere stati completamente abbandonati dal governo che ha anteposto la «politica» alle loro vite. «La nostra sensazione era che nessuno stesse facendo nulla per noi. Io ero nascosta in un posto che è stato bombardato e anche se ero ferita sono dovuta scappare. E un elicottero ci ha sparato contro» ha detto un’altra donna rilasciata. «La sensazione è che voi non abbiate alcuna idea di quello che sta succedendo lì. Dite che c’è l’intelligence, ma la realtà è che noi siamo stati bombardati». Molte donne hanno denunciato di essere state «toccate» dai loro carcerieri. Varie persone all’incontro hanno urlato a Netanyahu di dimettersi, fra gli applausi di vari presenti.

Il premier, dal canto suo, si è difeso dicendo che non era possibile riportare indietro tutti gli ostaggi. «Vi sto dicendo i fatti, vi rispetto troppo. Se ci fosse stata la possibilità di riportarli tutti in un colpo solo, pensate che qualcuno qui avrebbe obiettato?», ha detto Netanyahu ai partecipanti. Il premier ha poi definito spaventosi i racconti degli ostaggi dei bombardamenti vicino a loro. «Non solo ci spezza il cuore, ma come sicuramente capirete, questo influenza anche le nostre considerazioni operative».

Scontri in Cisgiordania

Le tensioni in Cisgiordania tra palestinesi e coloni continuano a destare preoccupazione sia in Israele che all’estero. L’escalation degli scontri nei Territori occupati, inclusa Gerusalemme est, dal 7 ottobre, ha provocato la morte di 249 palestinesi, tra cui 65 minori, secondo l’ultimo aggiornamento fornito dall’agenzia delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari Ocha.

Di questi, 239 sono stati uccisi dalle forze armate israeliane, otto da coloni e due o dall’esercito israeliano o da coloni. A questi bisogna aggiungere il ferimento di 3.325 palestinesi da parte delle forze armate israeliane e di almeno 84 da parte dei coloni. L’Onu e varie Ong israeliane hanno documentato innumerevoli episodi di attacchi e minacce da parte dei coloni nei confronti di civili palestinesi, con danneggiamento o distruzione di abitazioni, campi o allevamenti e persino di una scuola.

Nel denunciare la recrudescenza di atti violenti in queste zone da parte dei coloni, alcuni hanno paventato il loro tentativo di sfruttare la guerra di Gaza per espellere definitivamente i palestinesi da queste zone.

A fronte di questa situazione, il governo americano ha deciso di passare ai fatti, dopo aver esortato la settimana scorsa, attraverso il segretario di stato Antony Blinken, il governo israeliano ad agire contro la violenza dei coloni in Cisgiordania e ad assicurare alla giustizia coloro i quali si macchiano di crimini nei confronti dei palestinesi.

Martedì, il dipartimento di Stato ha comunicato di aver introdotto nuove restrizioni all’ottenimento del visto per coloro i quali sono stati coinvolti in atti di violenza in Cisgiordania, aggiungendo che il governo americano continuerà ad impegnarsi col governo israeliano e con l’Autorità palestinese affinché sia i coloni sia i palestinesi siano protetti da attacchi provenienti dall’altra parte.

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