Fino a una decina d’anni fa alcuni eventi politici secondari americani che si tenevano d’estate erano utili per fare emergere i candidati meno noti al grande pubblico grazie alle idee, al carisma o all’abilità nei dibattiti.

In questo caso, la kermesse che si tiene oggi a Des Moines, in Iowa, con il nome di “Family Leadership Summit”, ospitato dalla rete televisiva TheBlaze, creata dal commentatore radiofondico conservatore Glenn Bleck e finanziata dall’organizzazione The Family Leader, servirà più che altro al moderatore degli incontri, Tucker Carlson, reduce da qualche mese di assenza dagli schermi televisivi dopo il licenziamento da Fox News.

Carlson, che fino ad aprile 2023 era il più pagato anchorman televisivo (35 milioni di dollari all’anno per il suo programma delle 20 su Fox News), intervisterà i candidati alle presidenziali repubblicane che hanno accettato l’invito: il governatore della Florida Ron DeSantis, l’ex vicepresidente Mike Pence, il senatore del South Carolina Tim Scott, gli ex governatori di South Carolina e Arkansas Nikki Haley e Asa Hutchinson e l’imprenditore Vivek Ramaswamy.

Sorprendentemente, ma non troppo, non ci sarà Donald Trump. Non soltanto perché, dato il suo vantaggio nei sondaggi e i suoi problemi giudiziari, ha tagliato il numero di eventi elettorali. 

La ragione è che il suo vantaggio nei confronti del più vicino competitor è quasi sempre superiore ai venti punti percentuali. Non è la prima volta che accade: lo scorso mese l’ex presidente ha rifiutato l’invito a un altro evento in Iowa ospitato dalla senatrice Joni Ernst, rifiutandosi persino di mandare un messaggio registrato, cosa che in passato raramente rifiutava.

Quindi l’attenzione mediatica sull’evento in teoria potrebbe essere molto bassa. Invece non è detto, grazie alla presenza di Tucker Carlson, sul cui destino nelle ultime settimane si interrogano gli analisti dei media. In pochi hanno davvero creduto che la sua nuova carriera dopo il licenziamento subito da parte di Fox News avesse subito un ridimensionamento tale da fermarsi sulle video interviste e sugli editoriali che registra su Twitter con il nome alquanto anodino “Tucker on Twitter”, nonostante queste registrazioni vengano viste ogni volta da poco meno di dieci milioni di persone.

Il precursore

Carlson sarà intervistato da Glenn Beck, un personaggio che in un certo senso ha subito lo stesso destino di Carlson con qualche anno d’anticipo. Beck, uno degli idoli del movimento del Tea Party, si allontanò dal network per contrasti con il fondatore di Fox, Roger Ailes, che guardava con sospetto alle ambizioni personali di quel giovane commentatore, tanto da ridurne prima lo spazio e constringerlo a rescindere il contratto nel 2011.

Beck fondò quindi una sua tv online, TheBlaze, che attualmente ha poco meno di due milioni di abbonati e il cui sito ha circa 11 milioni di visitatori mensili. Molti, ma di certo molto lontani dai numeri che garantiscono una copertura tradizionale sul piccolo schermo.

E in effetti il destino di Beck, un tempo ascoltatissimo custode dell’ortodossia teapartista e diffusore di fake news contro l’amministrazione di Barack Obama, dovrebbe mettere in guardia Carlson.

Quando nel 2015 TheBlaze inviò una richiesta al Comitato Nazionale Repubblicano per ospitare un dibattito tra i candidati, l’offerta venne rifiutata. Oggi un dibattito è riuscito a ospitarlo, ma per farlo notare ha dovuto ricorrere alla presenza di un collega diventato più famoso e influente di lui, che vuole trasformare il partito repubblicano in una formazione politica nazional-conservatrice, interventista in economia e fortemente orientata all’isolazionismo in politica estera, concentrato sulle guerre culturali contro il mondo Lgbt e gli intellettuali mainstream, ritenuti contigui all’ideologia progressista “dominante”.

Declino

Difficile dire però se un Carlson che negli ultimi mesi ha accentuato il suo estremismo, intervistando Andrew Tate, ex kickboxer imputato in Romania per abusi sessuali e traffico di esseri umani sulla “mascolinità moderna”, possa ambire a questo ruolo senza gli spettatori di cui godeva sino a qualche mese fa.

Probabilmente diventerà come Beck, un commentatore caro alla destra radicale, influente in certi circoli, però non decisivo per cambiare l’anima di un partito repubblicano. Anche perché il Gop è ormai dominato completamente dalla presenza di Donald Trump, a sua volta entrato in politica quale influencer conservatore che attaccava veementemente l’amministrazione di Barack Obama.

E l’ex presidente non ha bisogno di chi lo può mettere in ombra e soprattutto nelle chat private ha dichiarato di «odiarlo appassionatamente».

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