Le autorità iraniane hanno giustiziato il giornalista dissidente Ruhollah Zam accusato di essere stato tra i responsabili dei disordini causati dalle proteste divampate nel paese tra il 2017 e il 2018. Tramite il suo canale Telegram, Zam aveva divulgato messaggi anti governativi e le coordinate per i raduni dei manifestanti. Il giornalista era stato catturato nel 2019 mentre si trovava in Iraq ed era stato condannato alla pena di morte a giugno con l’accusa di «corruzione terrena». Le proteste del 2017 erano state l’effetto dell’esasperazione popolare dovuta alle difficoltà economica incontrate dal paese. Se in un primo momento il presidente Hassan Rouhani si era dimostrato conciliante verso i manifestanti, in seguito le autorità avevano represso violentemente le proteste.

La condanna internazionale

Le associazioni internazionali hanno reagito duramente alla notizia della morte di Zam. Secondo Reporters senza frontiere, il processo contro il giornalista è stato «ingiusto». L’associazione a difesa della libertà di stampa ha inoltre detto di ritenere la Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah, Ali Khamenei la mente dell’esecuzione dell giornalista. Anche Amnesty International ha criticato duramente la sentenza dicendo di essere «scioccata» dall’accaduto. 

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