Il governo iraniano ha bloccato l’applicazione di messaggistica Signal dopo un boom di iscrizioni dei giorni scorsi. Le nuove politiche sulla privacy di Whatsapp hanno messo in allerta i cittadini iraniani, molti dei quali hanno deciso di abbandonare la nota piattaforma di Mark Zuckerberg e approdare verso applicazioni più criptate. Signal è stata tra le applicazioni più utilizzate per comunicare durante le proteste avvenute tra fine 2017 e inizio 2018. Si tratta di una nuova stretta repressiva del regime di Teheran stretto nella morsa del Covid-19 e di una dura crisi economico sociale causata dalle restrizioni anti virus.

Una situazione resa ancora più drammatica dall’isolamento internazionale a cui l’Iran è sottoposto dal 2018 a causa delle sanzioni inflitte dall’amministrazione dell’ex presidente americano, Donald Trump, che, dopo essersi ritirato dall’Accordo sul nucleare del 2015, ha cercato di fermare l’espansione nucleare del paese. 

La doppia via iraniana

Di fronte alle difficoltà incontrate nel corso dell’anno, il regime iraniano ha reagito con politiche aggressive sia nella repressione interna sia sul fronte internazionale. Teheran ha eseguito a dicembre la condanna a morte del giornalista Ruhollah Zam uno dei simboli delle proteste avvenute nel paese a cavallo tra il 2017 e il 2018. Catturato nel 2019 mentre si trovava in Iraq, Zam aveva contribuito grazie al suo canale Telegram e veicolare messaggi utili per l’organizzazione delle proteste. In ambito internazionale, invece l’Iran si è distinto per la sua decisione di aumentare l’arricchimento di uranio nel sito di Fordo.

Dopo l’annuncio, l’Iran si è attirato le critiche dell’Unione europea e soprattutto del premier israeliano, Benjamin Netanyahu che ha minacciato Teheran dicendo di non volere «permettere» lo sviluppo del piano nucleare. Le azioni di Teheren sono state probabilmente dettate anche da un sentimento di rivalsa nei confronti di Stati Uniti e Israele. Il 3 gennaio 2020 il governo americano ha assassinato il capo dei servizi segreti iraniani Qasem Soleimani mentre a novembre il padre del progetto nucleare, Mohsen Fakhrizadeh era stato ucciso in un attacco. L’Iran ha accusato Israele di essere responsabile dell’uccisione.

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