L’Unione europea obbligherà le società Big tech a controlli più stringenti sulle pubblicità e i contenuti condivisi sulle piattaforme online. Google, Facebook, Twitter e altri colossi di internet dovranno stare alle nuove regole imposte dal Digital Service Act (Dsa), un nuovo importante atto legislativo europeo a tutela dei consumatori e degli utenti online, che entrerà in vigore a partire dal 2024.

L’accordo politico è stato chiuso a Bruxelles questa mattina, dopo quasi 16 ore di trattative: all’intesa hanno partecipato gli stati membri, la Commissione europea e il Parlamento europeo, con l’obiettivo di continuare il percorso di regolamentazione del web, già iniziato – come sottolinea il Financial Times – con un altro documento molto importante adottato a marzo 2022: il Digital Market Act. Questo, parte del pacchetto più ampio proposto dalla Commissione europea a dicembre del 2020, mira a contrastare le pratiche sleali e l’abuso di posizione dominante sui mercati digitali delle grandi aziende tecnologiche della Silicon Valley. 

Si tratta dei primi veri tentativi di ridimensionare il potere esercitato da queste aziende, dal punto di vista economico e non solo. L’intesa di oggi è considerata da molti un punto di svolta, dopo anni di frustrazioni sul lavoro dell’Antitrust, spesso troppo lento o inefficiente, come evidenzia il quotidiano britannico. «L’accordo odierno è storico», ha commentato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, assicurando che «le nostre nuove regole proteggeranno gli utenti online, garantiranno libertà di espressione e opportunità per le imprese». 

Le istituzioni europee potranno così portare avanti un’azione di contrasto effettiva: la nuova legislazione permette infatti di sanzionare un’azienda con una multa fino al 6 per cento del suo fatturato globale che, nel caso di Meta la società di Facebook, come fa notare il Guardian, ammonterebbe a 7 miliardi di dollari, vale a dire 6,4 miliardi di euro. A fronte di ripetute gravi violazioni, invece, l’Ue può estromettere l’azienda dal mercato unico, impedendole di fare affari nei paesi membri. 

«Il tempo delle grandi piattaforme online che si comportano come se fossero “troppo grandi per preoccuparsi” sta per finire», ha scritto il Commissario europeo per il mercato interno e i servizi, Thierry Breton, spiegando che la nuova legislazione stabilisce obblighi chiari per le piattaforme, proporzionati però alle dimensioni, all’impatto e al rischio. 

Il Digital service act

«Il Digital service act farà in modo che ciò che è illegale offline sia anche visto e trattato come illegale online, non come uno slogan, come la realtà», ha spiegato Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva della Commissione e commissaria alla Concorrenza. Le nuove regole introducono un divieto di pubblicità rivolta ai bambini o basata su dati sensibili, come la religione, l’etnia, il genere o le opinioni politiche. Le società dovranno comunicare termini e condizioni comprensibili anche ai minori e la manipolazione pubblicitaria sarà bandita, vietando così di inserire contenuti pubblicitari mirati su cui gli utenti sono portati a cliccare. 

Le Big tech saranno poi obbligate a comunicare alle autorità europee le misure specifiche con cui combattono la disinformazione e la propaganda di guerra, per contrastare il fenomeno delle fake news, una necessità emersa ancora una volta con la guerra in Ucraina, a seguito dell’invasione russa.   

Il Dsa consentirà poi ai governi degli stati membri di chiedere la rimozione di materiale illegale, che include abusi su minori, incitamento all’odio, truffe commerciali o che promuove il terrorismo. Le piattaforme dovranno consentire agli utenti di segnalare tali contenuti «in modo semplice ed efficace» per permettere la rimozione in tempi rapidi. Queste norme stringenti dovranno essere applicate anche nel caso di store online, come Amazon, per impedire il commercio di prodotti sospetti o contraffatti.

Secondo il nuovo accordo, le società potrebbero essere costrette a comunicare alle autorità e ai ricercatori i dati relativi agli algoritmi e saranno chiamate a pagare una parte del fatturato annuo globale, fino allo 0,5 per cento, che vada a coprire i costi di monitoraggio sulla conformità alle nuove norme. 

«Le piattaforme dovrebbero essere trasparenti sulle modalità di controllo dei contenuti», ha detto Margrethe Vestager, che da anni cerca di limitare il potere delle multinazionali Big tech. Dovrebbero «impedire alla disinformazione pericolosa di diventare virale», ha continuato Vestager, sottolineando che l’accordo garantisce «che le piattaforme siano ritenute responsabili dei rischi che i loro servizi possono comportare per la società e i cittadini».

Le reazioni

Google ha dichiarato che potrà commentare solo una volta finalizzata e entrata in vigore la legge, perché «i dettagli contano», ha scritto la società, che ha precisato però di non vedere «l’ora di lavorare con i responsabili politici per ottenere i restanti dettagli tecnici corretti per garantire che la legge funzioni per tutti».

Victoria de Posson della Computer and Communications Industry Association, come riporta il Financial Times, ha avvertito: «Rimangono da chiarire dettagli importanti. Speriamo che la legislazione finale permetterà a tutte le aziende, grandi e piccole, di rispettare concretamente le regole, consentendo agli europei di continuare a godere dei numerosi vantaggi dei servizi digitali». 

Gli altri paesi

Gli Stati Uniti – che hanno già intrapreso azioni legali dell’antitrust contro Google e Facebook – il Canada e Singapore dovrebbero seguire l’esempio europeo nei prossimi mesi, mentre il Regno Unito sta lavorando a un disegno di legge sulla sicurezza online.

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