L’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, definì l’ultimo summit Cina-Ue, svolto in videoconferenza il 1° aprile 2022, un «dialogo tra sordi». Il ventiquattresimo vertice bilaterale che, a Pechino, torna in presenza, riuscirà a ravvivare i rapporti tra le istituzioni dei due blocchi?

Difficile, per la posizione della Cina sull’Ucraina e perché, da un lato, le politiche di “de-risking” di Bruxelles, dall’altro la strategia di “autosufficienza tecnologica” della leadership cinese, concorrono ad allontanare l’Europa dalla Cina.

Percorsi per certi aspetti speculari, accelerati dalla pandemia di Covid-19, durante la quale l’Ue è scesa dal gradino più alto del podio (a vantaggio dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico), diventando il terzo partner commerciale della Cina, e ha varato contro Pechino le prime sanzioni dal massacro di Tiananmen del 1989, ricambiate il giorno stesso (era il 22 marzo 2021) da misure analoghe nei confronti di parlamentari e istituzioni europee.

La crescita cinese però è entrata in una fase di rallentamento e sembra non entusiasmare più gli investitori delle economie avanzate, tanto che, nel terzo trimestre del 2023, il paese ha registrato il suo primo deficit negli investimenti esteri diretti dal 1998.

Nell’incontro di lunedì con gli ambasciatori dei 27 paesi dell’Unione, Wang Yi ha auspicato che questo summit «spinga le relazioni Cina-Ue a un nuovo livello con nuove prospettive». «Se la Cina e l’Europa scelgono il dialogo e la cooperazione - ha sostenuto il ministro degli esteri di Pechino - non emergerà uno scontro tra blocchi… se la Cina e l’Europa scelgono di essere inclusive e vantaggiose per tutti, ci sarà speranza per lo sviluppo e la prosperità globali».

La fine di un’era

Ma lo slogan cinese del “win-win” non fa più breccia come in passato in un’Europa orfana di Angela Merkel, che dal marzo 2019 definisce ufficialmente la Cina “rivale sistemico” e che subisce gli effetti del sostegno economico e politico della Cina di Xi alla Russia di Putin, che sta vanificando quello che l’Ue continua a fornire all’Ucraina nella speranza di una sconfitta militare di Mosca.

E proprio il conflitto in Ucraina sarà al centro dell’incontro che questa mattina il presidente Xi Jinping e il premier Li Qiang avranno con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

L’Ue stima che il 70 per cento dei prodotti hi-tech che raggiunge l’armata russa arrivi attraverso la Cina. Secondo quanto anticipato da fonti di Bruxelles, i due leader europei si rivolgeranno direttamente a Xi per chiedere di fermare le attività di 13 aziende cinesi che Bruxelles accusa di violare l’embargo europeo nei confronti di Mosca.

Si tratta di aziende escluse dall’ultimo pacchetto di sanzioni dell’Ue, che starebbero rifornendo il paese confinante di tecnologia a doppio impiego militare-civile (come può essere considerata gran parte dell’hi-tech). Se Xi non fornirà agli europei precise rassicurazioni in merito, l’Ue è pronta a sanzionare anche queste compagnie, aprendo un nuovo fronte con Pechino.

Al termine del vertice non è previsto alcun comunicato congiunto e - a differenza del bilaterale Usa-Cina del 15 novembre scorso - non verranno firmati accordi di cooperazione. I rappresentanti dell’Ue i leader cinesi discuteranno anche della guerra Israele-Hamas a Gaza, sulla quale tuttavia né i balbettii europei, né la diplomazia parallela di Pechino possono influire più di tanto, soprattutto in questa fase nella quale a frenare la sete di vendetta di Netanyahu e della destra israeliana potrebbero essere solo gli Stati Uniti.

Il nodo auto elettriche

Von der Leyen non ha ancora annunciato ufficialmente se correrà per un secondo mandato alla guida dell’esecutivo comunitario. Alla vigilia del vertice di Pechino ha però incontrato al Bundestag i conservatori, ai quali ha ribadito i princìpi della politica di riduzione della dipendenza dalla Cina, per la quale si sta battendo nonostante le perplessità di una parte del business europeo.

«Intere industrie e catene del valore per le quali la Cina faceva affidamento sul resto del mondo vengono sempre più delocalizzate a livello nazionale. Molti investitori europei amano definirlo “in Cina per la Cina”. Tuttavia, questo funziona solo fino a quando le aziende europee non saranno schiacciate dalla concorrenza cinese o saranno coinvolte nei disordini politici», ha affermato von der Leyen. La presidente della Commissione ha dichiarato ai parlamentari tedeschi che il deficit commerciale record dell’UE di 400 miliardi di euro con la Cina lo scorso anno è stato «il risultato calcolato e dichiarato della politica commerciale e di sicurezza della Cina».

Rimostranze che verranno ripetute de visu a Xi e Li, nella speranza che la Cina, come ha fatto con gli Usa, sia pronta ad aumentare l’importazione di prodotti europei.

«La strategia dichiarata dalla Cina è quella di ridurre la sua dipendenza dal mondo e allo stesso tempo aumentare la dipendenza del mondo dalla Cina. Questo processo è in pieno svolgimento. La Cina acquista sistematicamente miniere per materie prime critiche da oltre 20 anni», ha aggiunto von der Leyen. I leader cinesi chiederanno conto alla controparte dell’indagine anti-dumping avviata dalla Commissione, che potrebbe portare tra qualche mese a imporre dazi sull’importazione di auto cinesi nel mercato comune. Il settore dei veicoli elettrici è in pieno boom in Cina, dove nel 2023 le vendite dovrebbero superare gli 8 milioni.

L’inchiesta ha irritato la Cina, dove le decine di produttori che affollano il mercato sono pronti a cercare sbocchi all’estero. Proprio tre giorni fa la lobby dei produttori europei Acea ha pubblicato una lettera di raccomandazioni alle istituzioni dell’Ue alle quali chiede interventi statali a sostegno del settore automotive e il potenziamento delle infrastrutture di ricarica. Cioè quello che ha fatto la Cina e che l’Ue le rimprovera.

© Riproduzione riservata