L’ex ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, il grande sconfitto alle ultime elezioni politiche italiane, è stato scelto dall’alto Rappresentate Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, come inviato speciale dell’Unione europea nel Golfo Persico. E la sua possibile nomina - serve ancora il voto a maggioranza qualificata dei 27 paesi Ue - ha scatenato polemiche e la rivolta leghista.

Questione politica

In una lettera inviata il 21 aprile scorso agli ambasciatori dei 27 paesi Ue nel comitato politico e di sicurezza, e citata dal Corriere della Sera, Di Maio è definito da Borrell «il candidato più adatto all’incarico»: «In quanto ex ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio ha il necessario profilo politico a livello internazionale per questo ruolo», dice Borrell, quasi rispondendo implicitamente alla mozione presentata dai Verdi all’Europarlamento che chiedevano conto della mancanza di titoli, a partire dalla laurea, del politico italiano.

In realtà la questione è tutta politica. Ieri i senatori leghisti in commissione Esteri e Difesa, hanno definito l’indicazione «politicamente oltraggiosa», rivendicando che la nomina toccasse al governo di destra: «Una decisione che rappresenta, inoltre, un affronto alla volontà degli italiani che lo scorso 25 settembre si sono chiaramente espressi scegliendo il centrodestra e non grillini o Dem». Più morbido, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito la scelta «legittima», ma allo stesso tempo ha sottolineato che Di Maio «non è il candidato del governo italiano».

La candidatura

La candidatura di Di Maio è stata certamente appoggiata dall’ex premier Mario Draghi, tuttavia, secondo le ricostruzioni di ieri, non osteggiata dalla premier Giorgia Meloni, forse in nome di quella continuità con Draghi che Meloni ha dimostrato in molte scelte, l’ultima quella che ha portato l’ex ministro Roberto Cingolani ai vertici di Leonardo, nomina peraltro supportata pubblicamente proprio da Di Maio.

La trasversalità a favore della scelta di un connazionale in un posto di prestigio a livello europeo è spesso la norma in Europa: ieri in tanti si sono congratulati con l’ex M5s. Gianfranco Fini ha commentato, perfido, «Ne sono lieto, mi auguro che sia all’altezza di un compito così difficile».

La candidatura di Di Maio non è stata messa dai dubbi sulle sue competenze, nonostante i Verdi nella loro interrogazione a Borrell avevano ricordato come il politico italiano non avesse nemmeno una laurea triennale. Piuttosto era stata messa in crisi dallo scandalo delle tangenti del Qatar e dal Marocco e poi rapidamente recuperata grazie allo stesso scandalo. Il suo principale competitor, l’ex commissario greco alle migrazioni Dimitris Avramopoulos, non indagato, sedeva infatti nel board di una delle due ong coinvolte nel giro di corruzione.

Insomma, recuperate le sue quotazioni, dopo i mesi difficili seguiti alla rottura con il Movimento e alla disfatta del suo partito personale, morto in culla nelle urne, ora Di Maio è pronto a una nuova stagione.

L’ex vicepresidente della Camera del parlamento scatoletta di tonno, divenuto poi il ministro dell’abolizione della povertà, il vicepremier fratello di Salvini, l’uomo rimasto al governo col Pd e salito alla Farnesina, divenuto rapidamente un grillino draghiano e poi un draghiano e basta, voti europei permettendo, incasserà un nuovo prestigiosissimo incarico. «Se la notizia sarà confermata, faccio i migliori auguri di buon lavoro a Luigi Di Maio», gli ha inviato i suoi auguri, Gianfranco Rotondi, democristiano doc.

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