Com’è noto l’invasione dell’Ucraina e la mobilitazione in Russia hanno provocato esodi di massa dal paese aggredito e da quello aggressore. Nella primavera del 2022 c’è stata la fase più acuta in Ucraina, quando milioni di cittadini di Kiev e di altre regioni sono fuggiti in treno, auto o a piedi in Polonia, Moldavia, Romania e da lì verso l’Europa occidentale.

Dopo il ritiro dei russi dal nord con il fallimento dell’operazione iniziale, molti ucraini hanno progressivamente scelto di tornare nelle loro case, a volte bombardate o saccheggiate dagli occupanti, altre scampate a missili e razzie. Secondo alcune statistiche e stime, attualmente restano rifugiati in Polonia tra il milione e il milione e mezzo di ucraini, mentre la Germania viene al secondo posto con 1 milione (fonte Eurostat), seguita dalla Repubblica ceca con mezzo milione, il Regno Unito circa duecentomila, Spagna e Italia con circa centocinquantamila ciascuno e dietro gli altri paesi.

In totale, secondo Eurostat, a marzo 2023 circa 4 milioni di ucraini beneficiavano del meccanismo di protezione umanitaria temporaneo dell’Unione europea. Accanto a grandi esempi di solidarietà e accoglienza, si sono verificati anche numerosi episodi di intolleranza e discriminazione da parte di frange filorusse nelle società europee o di casi fomentati dalla disinformazione, che ha fatto circolare online false notizie per screditare i rifugiati, soprattutto in Polonia.

Le tre ondate

L’altra faccia della medaglia ha riguardato il flusso di russi che hanno abbandonato il paese. La prima ondata composta da dissidenti che sono scesi in piazza a protestare nella primavera del 2022 e sono stati brutalmente repressi, torturati e incarcerati.

Molti di loro, comprese alcune ong e gli ultimi media liberi, hanno scelto la via dell’esilio in Europa o altrove. La seconda componente è quella che si potrebbe definire dei migranti “economici”, che a seguito delle sanzioni occidentali hanno pensato di ricostruire una carriera in altri paesi.

La terza ondata è coincisa con la mobilitazione dell’esercito voluta dal Cremlino per integrare i ranghi dopo le perdite subite e ha riguardato soprattutto uomini in età militare che a volte si sono portati dietro la famiglia.

Se la prima “ondata” ha privato la Russia di ciò che restava della borghesia intellettuale libera, la seconda e la terza ondata hanno fatto scappare migliaia di professionisti dell’esigua classe media (secondo i dati ufficiali di Rosstat è circa il 14 per cento della popolazione) con competenze difficilmente rimpiazzabili nel breve termine.

Le mete dell’esodo russo

Le destinazioni più immediate e semplici per l’esodo russo sono state i paesi baltici e la Finlandia da San Pietroburgo, poi Georgia, Armenia, Kazakistan, stati ex sovietici dove si parla ancora russo.

Gli imprenditori e chi può lavorare da remoto hanno scelto spesso gli Emirati Arabi e altri stati del Golfo, da sempre cordiali con i russi e i loro investimenti, a volte per riciclare denaro sporco, e Bali in Indonesia, letteralmente invasa dai russi che creano qualche problema ai locali, entrambi i casi ben descritti da approfondimenti del New York Times.

Altre mete privilegiate dai russi comprendono la Serbia, da sempre vicina a Mosca per la comune fede ortodossa e le posizioni anti Nato, ma anche il Montenegro e la Turchia, con grosse comunità (inclusi i criminali) ad Alanya e sulla costa dell’Egeo. Cipro ospita quasi una colonia russa con tanto di negozi tipici e scritte in cirillico.

Come riportato dal Guardian, la Bank of Cyprus ha confermato il congelamento di circa diecimila conti bancari intestati a quattromila cittadini russi non residenti in Europa. In totale le banche dell’isola hanno congelato circa un miliardo e mezzo di euro tra conti e titoli di investimento, come confermato dal ministro delle Finanze cipriota a gennaio 2023.

Improvvisamente molti russi hanno anche riscoperto le proprie origini ebraiche e hanno fatto domanda di passaporto israeliano. A Tel Aviv gioca un ruolo rilevante il partito Israel Beitenu di Avigdor Lieberman, che rappresenta la potente comunità di ebrei dell’ex Unione Sovietica e di quelli ashkenaziti.

Altri emigrati si sono spinti sino in Sudamerica, con migliaia di donne russe incinte che vanno a partorire in Argentina (dove non è richiesto il visto per i russi) e ottengono automaticamente il passaporto per i figli grazie allo ius soli.

Secondo la direttrice dell’ufficio immigrazione Florencia Carignano, citata dal Guardian, sono oltre diecimila le donne russe incinte arrivate a Buenos Aires nell’ultimo anno e circa settemila di loro sono tornate in Russia dopo aver partorito, in attesa della cittadinanza argentina per loro e i figli.

Un’altra meta sudamericana è il vicino Uruguay, dove pare fosse molto facile procurarsi un passaporto falso per poche migliaia di dollari tramite funzionari corrotti (tra cui il capo della sicurezza presidenziale), attualmente investigati dalla procura nazionale.

L’ostilità dei paesi ospitanti

La presenza dei russi in alcuni paesi ha creato malumori e incidenti, come ad esempio nella Georgia che ancora ricorda l’invasione del 2008, ma il cui governo attuale è molto morbido nei confronti di Mosca, con la legge sugli agenti stranieri sul modello russo poi revocata grazie alle proteste.

Secondo il sito Meduza, molti russi emigrati nel paese caucasico hanno deciso di tornare in Russia perché non hanno trovato lavoro o perché lavorano a distanza ma guadagnano troppo poco in rubli per mantenersi all’estero.

Centinaia di migliaia di russi si sono stabiliti a Yerevan, soprattutto giovani che fanno gli informatici o coppie contrarie alla guerra. Altri lamentano ostilità da parte dei locali come nella Repubblica ceca del presidente Petr Pavel, il quale ha dichiarato che i russi devono essere attentamente monitorati dal controspionaggio per la presenza – ormai assodata – di spie e provocatori di Mosca tra di loro.

Proprio a Praga il produttore russo di missili Boris Obnosov e la sua famiglia sono proprietari di immobili per otto milioni di euro, come ha rivelato la Fondazione anticorruzione del detenuto politico Aleksej Navalny.

Un dissidente russo del movimento liberale Vesna che protestava a Praga davanti alle proprietà di Obnosov è stato aggredito dal genero Rostislav Zorikov, come dimostra un video pubblicato su Telegram. Anche i kazaki hanno dimostrato una certa insofferenza nei confronti dei russi, distruggendo spesso le auto che esponevano l’infame lettera Zeta, simbolo dell’imperialismo russo.

I Paesi baltici hanno deciso già da settembre 2022 di restringere l’ingresso di cittadini russi con visti Schengen, mentre la Finlandia accetta solo il 10 per  delle richieste di visto.

Il fronte di questi paesi, di Polonia e Repubblica ceca ha proposto a livello europeo uno stop generale agli ingressi dei russi in Ue, ma la Germania e altri paesi si sono opposti perché andrebbe a colpire anche i dissidenti in fuga. Nel 2023 la Lettonia (dove oltre un terzo della popolazione parla russo e un quarto si identifica come tale) ha deciso di restringere quasi totalmente l’ingresso dalla Russia.

Media russi liberi

A Riga e a Vilnius ci sono sedi dello staff in esilio di Navalny. Nella capitale lettone ci sono le redazioni di Radio Free Europe, dei siti russi di informazione libera Meduza, Novaya Gazeta, The Insider e della radio Eco Mosca.

Anche il canale Dozhd Tv aveva trasferito la sua redazione a Riga, ma a dicembre 2022 le autorità lettoni hanno revocato la licenza a seguito delle dichiarazioni di un presentatore che aveva invitato ad «aiutare i mobilitati russi con equipaggiamento e servizi», così Dozhd Tv si è spostata ad Amsterdam.

Nei Paesi Bassi ha trovato spazio anche la redazione del sito investigativo Vazhnyye Istorii (Important Stories). Il famoso giornalista e youtuber Yury Dud vive a Barcellona e altri dissidenti hanno trovato rifugio in Portogallo (tra cui almeno un ex ufficiale dell’Fsb di cui ho visionato il passaporto militare). Il governo bielorusso in esilio di Sviatlana Tsikhanouskaya invece è ospitato dal governo lituano a Vilnius, dove si è tenuto il summit della Nato.

L’Alleanza Atlantica ha il suo Strategic Communication Centre of Excellence proprio a Riga, città di molte redazioni di media russi in esilio, dichiarati “agenti stranieri”. Sarebbe importante che la Nato e l’Unione Europea dessero un sostegno sistematico a questi media, che possono aiutare a smontare la propaganda del Cremlino e convincere l’opinione pubblica russa dei crimini dell’invasione.

Vent’anni fa la giornalista Anna Politkovskaja, assassinata dal regime putiniano, scriveva a proposito della guerra cecena un passaggio emblematico del suo libro Un piccolo angolo d’inferno: «In molti mi telefonano in redazione o mi inviano lettere, ripetendo sempre la stessa domanda: “Perché stai scrivendo questo? Perché vuoi spaventarci? Perché dobbiamo sapere?” Sono certa che il mio compito sia necessario per una semplice ragione: in quanto contemporanei di questa guerra, ne saremo considerati responsabili. La classica scusa sovietica: “Non eravamo lì e non abbiamo preso parte al conflitto personalmente” stavolta non funzionerà».

Parole che valgono a maggior ragione per l’invasione dell’Ucraina, che una parte dei russi fa finta di non vedere sperando finisca presto. C’è anche chi è sceso in piazza e ha protestato, subito pestaggi, settimane di prigione con torture. Per i mobilitati che si rifiutano c’è la galera e i battaglioni penali, che riportano inevitabilmente al fronte.

Tra le prigioni russe (veri e propri campi di concentramento e tortura) e il fronte, molti scelgono di tentare la sorte e indossare l’uniforme. Il professor Federico Varese scrive che l’esercito russo inserisce nella cartella dei mobilitati che si rifiutano di andare al fronte una nota: «Disposto ad assumere alcol e droghe, a commettere furti e partecipare a orge», per far sì che una volta incarcerati vengano inclusi nella casta degli intoccabili e sottoposti ai peggiori soprusi.

Una roadmap per gli esuli

Sembra che da luglio anche i consolati dell’Europa occidentale abbiano dato una netta stretta ai visti concessi e questo vale anche per dissidenti in cerca di salvezza. Come ha recentemente scritto Lia Quartapelle, non sempre chi scappa trova nei paesi europei reale accoglienza, per l’incapacità di distinguere tra russi oppressi e quelli indifferenti o vicini al regime.

La deputata ha notato anche che l’Italia non ha avviato iniziative per aiutare gli oppositori russi e posso dire che vale altrettanto per la Spagna. Chi magari ha passato mesi di torture in carcere per aver protestato contro la guerra e poi riesce a fuggire in Europa si ritrova davanti muri burocratici e l’indifferenza delle istituzioni. Le richieste di asilo di russi in Ue sono triplicate nel 2022 rispetto al 2021. Secondo Eurostat, i russi che nel 2022 l’hanno ottenuto sono stati circa 2.130, mentre quelli respinti circa 4.315.

L’Italia ha accolto le richieste di asilo di 100 russi e ne ha respinte 70, la Germania ne ha accettate 300 e respinte 1.440, la Francia ha accolto 545 rifugiati e negato l’asilo a 1.045, la Spagna ne ha accolti 355 e rigettati 310. I paesi che hanno più casi accolti di quelli respinti sono solo Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda, Austria e Paesi Bassi.

I dissidenti, come il resto dei russi, non possono usare le carte di credito a causa delle sanzioni alle banche russe e non possono aprire un conto in Europa finché non ottengono lo status di rifugiato politico, che spesso richiede fino a un anno di tempo, in cui sono lasciati in un limbo legale.

Si tratta di un errore perché coltivare la diaspora di veri oppositori e aiutarla a far sentire la propria voce significa costruire un’alternativa alla dittatura di Putin e incrinare la propaganda russa nell’opinione pubblica. Se per ottenere l’asilo politico servono sino a nove o dodici mesi di attesa per un colloquio, gli esuli russi non possono neanche lavorare e mantenersi nei paesi occidentali.

Per pagare le proprie spese possono usare solo contanti di cui fanno grandi scorte oppure convertono il proprio denaro sui conti in criptovalute e poi in banconote. Una roadmap dell’Unione Europea dovrebbe quindi rendere più rapidi i processi per i richiedenti asilo russi e permettere loro di aprire conti nelle banche europee, quando vi è un ruolo comprovato nell’opposizione in Russia e di pubblica solidarietà verso gli ucraini.

È interesse strategico dell’Europa coltivare il dissenso nella popolazione russa attraverso la diaspora, per porre le basi di una Russia diversa nel futuro, non più una minaccia per la pace sul Continente e di oppressione per i suoi vicini.

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